Gender e unioni gay, la Chiesa italiana non alza bandiera bianca

Francesco Rossi

La famiglia sta a cuore alla Chiesa italiana e nessuno si sogna di “alzare bandiera bianca” di fronte alla sua possibile equiparazione con forme di convivenza diverse, come pure al rischio dell’introduzione della teoria del gender nelle scuole. Limitandosi agli ultimi tempi, molteplici sono stati gli interventi pubblici del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, e del segretario, monsignor Nunzio Galantino. Perché la famiglia – quella composta da un uomo e una donna – è indubbiamente un valore.



Tutela la tenuta della società. “La tenuta della società non dipende dalle buone leggi, ma dipende dalla famiglia, scuola primaria e palestra fondamentale in cui i suoi componenti imparano a capirsi, conoscersi, sostenersi, aspettare i tempi degli altri”, ha detto il cardinale Bagnasco nella conferenza stampa al termine dell’assemblea generale della Cei (21 maggio). E, pochi giorni dopo, all’assemblea dell’associazione di Scienza & Vita (29 maggio) ha lanciato un appello ai responsabili politici “affinché pongano la famiglia al centro delle loro iniziative”. Perché, se abbandonata a se stessa, “più facilmente si disgrega; se sostenuta, tutela la vita e le persone, assicura uno sviluppo più armonico della persona, contribuendo in modo insostituibile alla crescita anche economica della società”. In sintesi, il sostegno alla famiglia è “il migliore degli investimenti in vista di una ripresa economica più rapida e solidale”.


Tutti contrari a gender e ddl Cirinnà. Allora non ci si può arrendere di fronte a “un certo modo di procedere” che “evidentemente risponde allo spirito del tempo”, ha ammonito monsignor Galantino dai microfoni di “Radio Vaticana” (10 giugno), guardando alla risoluzione Ue su parità di genere e coppie gay, ma anche a quanto sta avvenendo in Italia. “Come credenti cattolici e come cittadini italiani – ha aggiunto – è fuor di dubbio la nostra contrarietà” al ddl Cirinnà, come pure “a ogni tentativo di omologazione, di equiparazione di forme di convivenza con la famiglia costituzionale”; inoltre, va “ostacolato in ogni modo il tentativo di scippare in maniera subdola alla famiglia il diritto di educare i figli alla bontà della differenza sessuale”. Nel disegno di legge su unioni civili e convivenze “non sono in questione le scelte individuali delle singole persone, ma la natura stessa del matrimonio”, ha denunciato Bagnasco nella prolusione all’assemblea generale della Cei (19 maggio), ricordando che, secondo il Concilio, “è dovere dei vescovi dire una parola quando è in gioco il bene dell’uomo, soprattutto quando si toccano i fondamentali dell’umano”. Di “forzatura ideologica per ridurre realtà diverse come se fossero uguali” ha parlato ancora Galantino presentando il comunicato finale della sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente (27 marzo). 


Rispetto per gli omosessuali, ma no al matrimonio. Nelle parole dei vescovi non vi è discriminazione, ma neppure indebita equiparazione. “Ogni dialogo dev’essere sereno, senza ideologie, innervato di sentimenti ma anche di ragioni”, ha precisato Bagnasco in un’intervista a “Repubblica” (27 maggio) dopo l’esito del referendum irlandese sulle nozze gay. “In questo quadro – ha aggiunto – noi crediamo nella famiglia che nasce dall’unione stabile tra un uomo e una donna, potenzialmente aperta alla vita; un’unione che costituisce un bene essenziale per la stessa società e che – come tale – non è equiparabile ad altre forme di convivenza”. Per quanto riguarda le persone omosessuali, “nel Magistero – ha chiarito – viene costantemente riaffermato il pieno rispetto per la dignità di ciascuno, quale che sia il suo orientamento: c’è come principio – e ci dovrebbe essere anche nei fatti – quell’accoglienza che favorisce la partecipazione alla vita della comunità ecclesiale”. “La percentuale con cui è passato il referendum – gli ha fatto eco Galantino dai microfoni di ‘Radio anch’io’ su Radio1 (26 maggio) – ci obbliga un po’ tutti a prendere atto che l’Europa, e non solo l’Europa, sta vivendo un’accelerazione del processo di secolarizzazione”. Di fronte a “questo e ad altri cambiamenti che di sicuro sorprendono, e talvolta anche destabilizzano, la risposta non può essere né quella dell’arroccamento fatto di paure e di arroganza”, né “quella dell’accettazione acritica, frutto di una sorta di fatalismo e di chi batte in ritirata”. 


Diverse modalità per esprimere il dissenso. Nel 2007 il mondo cattolico – con in testa il Forum delle associazioni familiari – si mobilitò per il “Family Day”, iniziativa che Bagnasco ha citato in occasione del decennale di “Scienza & Vita” (29 maggio), rimarcando che non si è trattato di un’iniziativa “contro” qualcuno ma per “affermare la visione di matrimonio e di famiglia sancita dalla nostra Costituzione”, anche se “le forme con cui i laici assicurano il loro contributo devono essere valutate di volta in volta, alla luce del contesto sociale, culturale e politico”. E infatti, rispetto alla proposta del Comitato “Difendiamo i nostri figli” di scendere nuovamente in piazza il 20 giugno, Galantino a “Radio Vaticana” (9 giugno) ha elogiato la presenza di “un laicato in Italia che è capace di grandi sensibilità”, “di grandi passioni”, “di grandi e belle iniziative”. Tuttavia, ha riscontrato, oggi “tra aggregazioni, movimenti, nuove comunità e associazioni” sono emerse diverse sensibilità circa “la modalità con la quale manifestare il proprio chiaro e condiviso dissenso”, pur nella comune “valutazione oggettiva di quello che sta succedendo”, perché “nessuno nella Chiesa cattolica italiana, né vescovi né sacerdoti né laici, si sogna di alzare bandiera bianca”. Diversi sono i modi d’azione e di presenza dei cattolici italiani sulla scena pubblica che, però – ha ammonito il segretario generale – non devono “diventare occasione di divisioni ingiustificate”, né di un “indebolimento della stima reciproca”.