Diritti al futuro! Campo nazionale Msac

A. Montaruli, M. Minervini, A. Iannone

I tre partecipanti al campo scuola nazionale del Movimento Studenti di Azione Cattolica hanno voluto riassumere in poche righe ciascuno, l’esperienza che li ha condotti “diritti al futuro”:
 
«Quando mi è stato comunicato che avrei partecipato al campo nazionale sono stato entusiasta e nessuno riusciva a fermare i miei salti di gioia! Molto spesso pensavo “Chissà come sarà… Certamente è un ottimo traguardo!”. Il campo nazionale mi ha riservato molte sorprese dal primo all’ultimo giorno. Mi ha dato la possibilità di confrontarmi con altre realtà diocesane, ho consigliato e mi sono fatto consigliare. L’ultimo giorno il  segretario nazionale del MSAC, Gioele Anni, ci ha detto una frase che non dimenticherò mai: “Quando torneremo nelle nostre scuole dovremo fare casino!”. In quel momento ho capito che mi ero sbagliato sin da subito! Il campo nazionale non era un punto di arrivo bensì un punto di partenza, solo l’inizio di un lungo cammino che dura nove mesi tra i nostri banchi di scuola! Noi studenti dobbiamo renderci conto che la scuola è la nostra famiglia, dobbiamo interessarci ad essa. Se non facciamo “casino” partecipando attivamente alla vita scolastica, interessandoci ad essa e al suo funzionamento, la scuola rischia di diventare solo un “luogo di parcheggio” a dirla come Papa Francesco! Quindi… “Siate/siamo asinelli, ma mai statue da museo, per favore, mai!”.»
Antonio Montaruli
 
«Non pensavo che una telefonata potesse sconvolgermi la vita. Né pensavo che una scelta sarebbe stata così difficile da prendere e tanto meno pensavo che questa mi avrebbe dato poi la possibilità di vivere una delle esperienze più belle mai fatte.
Questo è stato per me il campo nazionale MSAC: una immensa NOVITÁ! Una novità che ha il volto e  il nome di 130 msacchini che l’hanno vissuta con me, novità che mi ha visto scommettere tutto su qualcosa che non sapevo assolutamente cosa fosse, novità che mi ha regalato amicizie stupende con persone sparse in tutta Italia, che mi ha vista ridere mentre cantavo bans assurdi su “un asinello che va a scuola” e che mi ha dato l’opportunità di scoprire un nuovo modo di essere studente.
Ora so che la paura dell’inizio si trasforma in una gioia irrefrenabile che ti accompagna anche dopo il campo, che ti ricarica di quella voglia di fare mille cose, che ti spinge a far partire il conto alla rovescia per la prossima occasione in cui ritrovare chi hai conosciuto e riprovare le stesse emozioni.
Solo tre parole: UN MSACCO BELLO!»
Miriam Minervini
 
«Un rifiuto netto e irremovibile. Era questo l’atteggiamento con cui mi ponevo dinanzi all’idea del Campo Nazionale del Msac, al quale i miei educatori mi avevano incitata a partecipare. Oltre a non aver mai sentito nominare il Msac, l’idea della “partenza” non mi allettava minimamente. “Partenza” perché mi sarebbero bastati pochi minuti a piedi per raggiungere la sede del campo che, neanche a farlo apposta, quest’anno si sarebbe svolto al Seminario Regionale di Molfetta, proprio alle spalle di casa mia. Insomma, non c’erano dei buoni presupposti, né tantomeno una sufficiente motivazione: ma è bastato varcare la soglia del Seminario, nel pomeriggio del 4 agosto, per avere la percezione di essersi tuffati in un’esperienza che, in qualche modo, mi avrebbe reso una persona diversa. Le attività sono iniziate subito e con un ritmo incalzante, le mattinate di lavoro lasciavano spazio a serate di svago, e ci si ritrovava catapultati nel cuore di un’esperienza che si delineava sempre con più precisione sotto tutti i suoi aspetti: momenti di condivisione come i pasti diventavano tavole rotonde tra ragazzi diversi,ciascuno con una storia da raccontare e un posto dell’Italia di cui farti innamorare; le attività nei gruppi di lavoro illuminavano il modo di vedere la vita e intendere la propria fede, oltre che aprire gli occhi su quel luogo che, pur se ci sembra strano, costituisce un pezzetto di ciascuno di noi: la scuola. Era proprio questo, ma non solo, ad animare le giornate del campo, e soprattutto a formare la coscienza critica dei msacchini, ragazzi comuni che scelgono di avere a cuore la propria scuola e in essa e tramite essa, farsi strumento della propria fede, magari proprio tra chi, di fede, non vuol sentirne parlare.
Oggi, a distanza di ormai un mese, i volti conosciuti al Campo Nazionale sono ancora impressi nella mia mente, come è fervido il ricordo della determinazione di tutti coloro che hanno investito anima e corpo per questo campo e che, durante l’anno, scelgono di farlo nelle attività del Msac: nei loro occhi brillava e brilla la sicurezza di chi sa di stare investendo il proprio di tempo in un progetto speciale di cui vi invito anche solo ad assaggiare la bellezza. Ma vi avviso, potreste non farne più a meno!»
Angelica Iannone