In viaggio verso la Gospa

Gabriele Tedone

Circa un anno fa, venne proposto ai miei genitori un pellegrinaggio a Medjugorje al quale non potemmo partecipare. In me, non suscitò scalpore ma ascoltando le testimonianze di coloro che c’erano già stati, sentii qualcosa che cominciò a nascere dentro me. Tra le testimonianze ascoltate e lette, partecipai per caso alla proiezione del film “Mary’s Land – Terra di Maria” che mi spiazzò completamente. È stato così che quest’anno, spinto dalla forte curiosità, sono partito per Medjugorje con la mia famiglia.
Non avevo aspettative; ero attratto dal fenomeno delle apparizioni, dalla sua conseguenza ovvero il sole che gira e dagli esorcismi.
Arrivati in quel piccolo paesino situato tra due colline, ebbi l’impressione di esser giunto in un luogo ricco di negozietti di souvenir. Ma così non fu.
Nei primi giorni, non ebbi particolari reazioni, tranne verso la preghiera. Lì mi era facile dire il rosario, partecipare all’adorazione e alla messa, senza annoiarmi minimamente. Ciò che mi scosse fu la testimonianza dei canadesi, marito e moglie (Patrick e Nancy), un uomo d’affari ateo, avente come unico dio il denaro, che ha lasciato tutto ciò che aveva dopo aver letto il messaggio del 2 maggio 1982 con il quale la madonna chiama per l’ultima volta il mondo alla conversione.
Patrick aveva tutto e niente; due matrimoni finiti alle spalle e quattro figli distrutti: uno drogato, l’altro alcolizzato, la figlia sposata con due divorzi prima dei 24 anni e del quarto figlio, omosessuale, non sapeva neanche dove abitasse. Ora grazie al rosario due dei quattro si sono convertiti, mentre per gli altri stanno ancora pregando.
Il giorno seguente ci fu la prima adorazione. Sentivamo “urla” in lontananza e rimanemmo un po’ terrorizzati. Alla seconda adorazione, speravamo non riaccadesse, ma così non fu. Assistere a una preghiera di liberazione era l’ultimo puntino della lista che avrei voluto segnare con una crocetta, soprattutto dopo un’adorazione che ti colpisce fino a farti commuovere. Commozione che si trasforma in paura, così forte, da arrivare ad avere la pelle d’oca. Qui, a Medjugorje, è tutto diverso, o meglio la spiritualità è vissuta in modo diverso; ciò che ti azzera ogni dubbio, ciò che ti fa capire che aldilà di tutto c’è qualcuno che ci ha creati e che ci sta aspettando lì su, lo si avverte quando, nella parte finale dell’esposizione del santissimo, ovvero durante la benedizione, c’è gente che comincia a sbraitare come fossero cani che addirittura bestemmiano e chiedono aiuto a tutti per liberarsi dalla bestia che si è impossessata del loro corpo.
Una sera dei giorni prima della partenza, mi ritrovai solo con la mia ragazza e decidemmo farci un giro per il paese e andare a pregare da qualche parte. Ci fermammo un attimo ai piedi di un crocifisso dove c’erano tanti lumini accesi. Guardavo tutti quei cerini e pensavo a tutta quella gente che, in ogni momento, chiede aiuto a Dio. Riflettendo capisco che tutte quelle lucine rappresentano le migliaia e migliaia di preghiere che ti fanno render conto di quanto bisogno c’è nel mondo: bisogno d’amore, bisogno di guarigione, bisogno di conversione!
Ciò che mi porto da questo pellegrinaggio è il rafforzamento della fede. Oggi giorno, a scuola, ci sono professori atei, miscredenti che inculcano negli alunni ideologie proprie che molte volte arrivano al punto di chiedersi se dio esista davvero, come nel mio caso. Avere fede significa credere in Dio, nella preghiera ed è così che traduco nel quotidiano questa mia esperienza, vivendo i cinque sassi: la preghiera con il cuore (il rosario), l’eucarestia, la bibbia, il digiuno, la confessione mensile. Fino a qualche anno fa frequentavo una parrocchia di Ruvo ma con il tempo ho preso altre strade. Penso che questo pellegrinaggio si stato voluto dalla madonna per riavvicinarmi alla chiesa, alla messa che da tempo non partecipavo più. Il viaggio verso la Gospa lo consiglio vivamente a tutti bambini, giovani e adulti perché da Medjugorje non si torna MAI a mani vuote.