70 anni di Mons. Martella. Auguri don Gino!

9 marzo 1948-2018

Avrebbe compiuto 70 anni S.Ecc. Mons. Luigi Martella, di venerata memoria, essendo nato a Depressa, frazione di Tricase (attualmente diocesi di Ugento-S.M. di Leuca) il 9 marzo 1948, dai genitori Cosimo Rocco e Vita Maria Rizzello.

Gli eventi della vita e di una comunità diocesana quale quella di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, guidata dal Vescovo S.Ecc. Mons. Domenico Cornacchia, che si appresta ad accogliere il Papa a 25 anni dalla morte del Servo di Dio don Tonino Bello vescovo, spingono ad andare avanti, ma senza mai dimenticare i passi compiuti, le relazioni intrecciate, i volti incontrati.

É vivo in noi il ricordo di don Gino, prematuramente e improvvisamente spentosi nel suo corpo in quel 6 luglio 2015. Possiamo certamente intuirlo col suo sorriso paterno, nel vederci preparare gli intensi giorni che ci aspettano dei quali per certi versi ne è protagonista, avendo egli avviato e concluso la fase diocesana del processo di canonizzazione di don Tonino.

Ma vogliamo ricordarlo per la sua vita e per il suo stile pastorale, ricordando le parole del suo predecessore S.Ecc. Mons. Donato Negro, attuale Arcivescovo di Otranto, nell’omelia tenuta nella Cattedrale di Otranto, il 5 agosto 2015.

« (…) Don Gino è stato, prima di tutto, un sacerdote della Chiesa di Otranto. Nel suo Testamento spirituale ha scritto: «Amo la Chiesa che è in Otranto che mi ha guidato nel discernimento vocazionale». Nella nostra diocesi ha esercitato l’ufficio di parroco della parrocchia ‘Madonna del Rosario’ in Castro, è stato docente di Teologia Morale nell’Istituto di Scienze Religiose di Otranto e di Religione Cattolica al Liceo “F. Capece” di Maglie, ha avviato il cammino della pastorale familiare. Non solo il sacerdote di tutti, ma anche sacerdote per tutti. Ha vissuto, in questo, la “espropriazione” tipica di ogni apostolo: la non-appartenenza a sé, per essere di Cristo e della gente che gli veniva affidata. Un sacerdote che ha amato e si è fatto amare. E l’amore resta: e la vostra presenza numerosa e raccolta qui questa sera ne è la prova più significativa. Era mite, umile: aveva grandi potenzialità spirituali, intellettuali, pastorali.

Tutta l’esistenza di don Gino può essere riassunta nel lasciarsi condurre dal Signore. La sua anima aveva le vele spiegate al soffio dello Spirito, che lo ha condotto dove il Padre che è nei cieli voleva, talvolta facendolo passare attraverso navigazioni oscure e sofferte. Un uomo di Dio affidato alle mani della Provvidenza, attento ai disegni dell’Altissimo, che cercava di cogliere in tutte le circostanze, sia liete che faticose.

Proprio per questa disponibilità a vivere in pienezza la grazia dell’oggi, accettò il delicato compito di padre spirituale nel Seminario Regionale di Molfetta, accompagnando con saggezza tanti giovani seminaristi nel cammino di formazione al sacerdozio.

Era tutto proteso al ‘sì’ da dire a Dio ogni giorno. In questo “consegnarsi” al Signore con lo stile di Maria accettò la nomina a Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi. E in quella diocesi ha conquistato tutti con la sua mitezza: dovunque ha irradiato un coinvolgente clima di serenità e di pace.

Ha accompagnato, con ammirevole operosità pastorale, gli eventi che hanno cadenzato la storia degli ultimi 15 anni della Chiesa di Molfetta. Ha saputo precedere e affrontare, con le sue iniziative, i cambiamenti sociali ed ecclesiali. Gli eventi non l’hanno mai trovato distratto o in ritardo: quando le cose sono accadute lui era lì, per dare, innanzitutto con la sua testimonianza e l’opera di Vescovo, la risposta giusta ispirata al messaggio evangelico di liberazione e di salvezza.

È stato un uomo di comunione, stimato e amato da noi confratelli Vescovi, che gli riconoscevamo una grande bontà e un profondo spirito di servizio.

La feconda vita umana, spirituale ed episcopale di questo figlio della Chiesa di Otranto non si spiega se non si tiene conto anche della sua tenera e confidente devozione ai nostri Santi Martiri Antonio Primaldo e Compagni.

Qui, nella nostra Cattedrale, l’8 maggio del 2013, in preparazione alla canonizzazione dei nostri Martiri, mons. Martella celebrò l’Eucaristia e nell’omelia disse fra l’altro: «Vivo questa liturgia nel grato ricordo dei miei anni trascorsi qui nel seminario, e di quando, in pieno periodo estivo, si rientrava dalle vacanze per la preparazione e la condivisione della festa del 14 agosto. Ogni sera, […] qui in Cattedrale, all’ora della preghiera del Vespro, si innalzava alto e solenne il canto dell’inno Christi nobiles  athletae… hydruntini martires!». E diceva ancora:«Il sangue (dei nostri martiri) che ha irrobustito la fede di tante generazioni che ci hanno preceduto può alimentare la nostra vita di fede…». E – concluse la sua omelia – con un filiale pensiero a Maria Santissima: «Ci aiuti, carissimi, la Madonna. L’ultimo sguardo prima di giungere al luogo del supremo sacrificio, gli Ottocento lo rivolgono proprio a Lei, come ricorda l’umile e graziosa cappella della Madonna del Passio, mentre sul colle si erge il santuario della Madonna dei Martiri».

E noi questa sera preghiamo perché i Santi Martiri lo accolgano e con loro sia beato per sempre in Dio. Amen.»