Luce e Vita - Attualità

Donne, danni, doni: uscire dalla violenza è possibile

Editoriale del 24 novembre 2019

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Pandora non è solo il nome della donna che ha portato, secondo i racconti mitologici, i mali sulla Terra, rompendo un vaso che li conteneva. È il nome dell’associazione che gestisce il Centro Antiviolenza (CAV) di Molfetta, intitolato ad Annamaria Bufi (il cui omicidio resta ancora irrisolto dopo 27 anni), in piazza Rosa Luxemburg.
Il 7 giugno scorso è stato sottoscritto il contratto di appalto, tra l’associazione Pandora (che fino al 2018 ha svolto per 5 anni attività di Sportello per quante volessero denunciare episodi di violenza) e il Comune di Molfetta, per la gestione del Centro comunale a sostegno delle donne vittima di violenza.
Questo atto ha concluso un iter burocratico, e non solo, risalente a settembre 2015, quando fu approvato il progetto definitivo, per poi stipulare la convenzione con la Regione per i finanziamenti necessari all’approntamento della struttura, promulgare il bando di gara per la gestione del Centro e affidare quest’ultima all’associazione Pandora, presieduta dall’Avv. Valeria Scardigno.
In questa maniera il Centro rientra nella rete dei servizi e degli Enti territoriali (Consultorio, CSM, Servizi Sociali, Consulta Femminile ecc), per garantire un supporto psicologico più mirato, garantire la presenza attiva delle operatrici 5 giorni su 7 con reperibilità anche durante il week end.
In soli 3 mesi sono ben 30 gli accessi di donne che si sono rivolte al Centro per aver subito atti di violenza (psicologica e fisica), di cui 20 presi in carico assicurando sostegno legale e psicologico. Vi si rivolgono donne di età differenti, da 18 a 75 anni, ed estrazione socio-culturale eterogenea.
La violenza psicologica è molto meno evidente di quella fisica, ma tiene maggiormente sotto scacco le donne che la subiscono, perché in molti casi essa viene normalizzata ovvero accettata come fosse naturale, scontata, regolare.
Nel Centro le donne che subiscono violenza trovano soprattutto uno spazio di ascolto, di condivisione e di sostegno che tiene conto dell’assoluta segretezza e discrezione per il rispetto delle vite di ciascuna e ragioni che le hanno condotte lì.
I residui della società patriarcale, che per millenni ha influito sulla donna e sulle sue risorse, si ravvisano nelle storie denunciate da quante hanno il coraggio di ammettere difficoltà e violenze nelle relazioni che vivono.
Fondamentali sono le azioni di prevenzione e sensibilizzazione sul territorio. Sono stati effettuati anche corsi di formazione per i dirigenti scolastici, così da supportarli nel riconoscimento di situazioni di violenza. Molte scolaresche stanno visitando il centro ed è in corso il progetto “parie impari” sulle differenze di genere e la consapevolezza dell’essere donne e uomini.
Obiettivo del centro è portare le donne ad essere pienamente coscienti delle loro risorse e potenzialità, ad amarsi e ad essere libere di scegliere per sé. Particolarmente significativa la storia di una diciottenne indirizzata al centro da un dirigente scolastico, che ha nutrito qualche sospetto per un occhio tumefatto.
L’adolescente, rivoltasi al centro più per soddisfare la richiesta della dirigente che per personale volontà, ha iniziato un percorso psicologico che le ha permesso di troncare la relazione violenta con il partner coetaneo.
In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, lunedì 25 novembre, il Centro ha organizzato una performance teatrale alle ore 18.00 in Piazza Rosa Luxemburg C’è una radio che suona. Omaggio a Franca Rame, di e con Salvatore Marci e il concerto della rock band Woodstock 69.
Gli artisti coinvolti sono tutti uomini, per sottolineare la solidarietà alle donne e ricordare che non esistono conflitti di genere, ma differenze che sono vicendevolmente arricchenti. La serata si terrà volutamente all’aperto, per contribuire alla riqualificazione della zona, avviata già con la costruzione del Centro.
Ripetiamolo e ricordiamolo: non è normale che sia normale.

Susanna M. de Candia

Videorassegna a cura di Roberta Carlucci