Ecumenismo e Dialogo

XXXI Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra Cattolici ed Ebrei

16 gennaio 2020

Sussidio per la XXXI Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra Cattolici ed Ebrei 17 gennaio 2020 (per il 2020, anticipata al 16 gennaio) Cantico dei Cantici Dalle Cinque Meghillot

Dopo la tragedia della Shoah e i mea culpa che si sono susseguiti, nessuno avrebbe immaginato che, a distanza di circa 75 anni dall’apertura dei campi di concentramento nazisti, l’antisemitismo sarebbe tornato ad essere così presente nel mondo come ci racconta la cronaca. Anche nel mondo ecclesiale, che ha vissuto la purificazione del passato, troviamo oggi una mancanza di consapevolezza e una minima coscienza teologica e catechetica riguardo alla presenza di Israele nella storia della salvezza e per ciò che attiene a una adeguata presentazione dei contenuti evangelici laddove sono menzionate alcune categorie di ebrei al tempo di Gesù.
Ciò che si paventava un po’ di anni fa’, la perdita della memoria, – oggi addirittura c’è una percentuale che nega lo sterminio nazista – si sta ripresentando in termini di pregiudizio e diffamazione nei confronti dei nostri fratelli ebrei. Pensiamo al fatto che il rapporto sul sorgere dell’antisemitismo sui social, edito dal congresso mondiale ebraico, afferma che nel 2016 sono stati pubblicati 382 mila post antisemiti, uno ogni 83 secondi. In questo modo si fomenta il clima di odio e si rende difficile la convivenza. In un altro genere di analisi, prendendo in esame il periodo 1-24 gennaio 2018, il rapporto ha stabilito che 108 post al giorno negavano la Shoah.
Da parte nostra non dovremo mai dimenticare la svolta ecclesiale del Concilio Vaticano II riguardo all’atteggiamento nei confronti degli ebrei (Nostra Aetate, 4). Essi sono nostri fratelli: furono chiamati nostri fratelli maggiori da Giovanni Paolo II e nostri fratelli nella fede da Benedetto XVI. Non possiamo trascurare i decenni di dialogo ormai a diversi livelli: quello stabilito dalle relazioni del Santo Padre con i leaders ed esponenti del mondo ebraico, quello dei Consigli formati da parti ebraiche e cattoliche, quello delle Amicizie ebraico cristiane che a livello di alcune zone o città in Italia persegue in generale come fine essenziale la conoscenza, il rispetto e l’amicizia tra cristiani ed ebrei eliminando pregiudizi, attraverso iniziative come cicli di conferenze.
In questo percorso di tessitura o consolidamento dei legami che ci uniscono a Israele si inserisce la Giornata per il dialogo e l’approfondimento tra ebrei e cristiani che quest’anno si celebra il 16 gennaio, non il 17 che, essendo venerdì, prevede la sera la celebrazione di inizio del giorno festivo del sabato. Infatti, ogni venerdì sera i nostri fratelli ebrei salutano l’arrivo di Shabat (femminile in ebraico), con il rito dell’accensione della lampada da parte della donna.
Siamo già alla XXXI Giornata, in cui quest’anno meditiamo su un tema comune a ebrei e cristiani, da cui è scaturito un prezioso sussidio a proposito. Negli ultimi anni il dialogo si è sviluppato a partire dalle Meghillot (rotoli): libro di Rut (2017), libro delle Lamentazioni (2018), libro di Ester (2019), Cantico dei Cantici (2020).
Il Cantico è l’esempio dell’esistenza nella Bibbia di un testo nella sua creazione e nella sua fissazione. Da una parte c’è somiglianza con la lirica egiziana del periodo 1350-1280 (a.C.), quando si individua la sua creazione. Un periodo di mille anni forse ha preceduto il periodo ellenistico della sua fissazione per iscritto quando, verso il 332 a.C., siamo di fronte a un’opera già presente nel patrimonio di fede di Israele e poi accolta tra i libri sacri. Da sempre esso ha fatto parte della tradizione religiosa dei figli di Abramo.
La Pontificia Commissione Biblica ha affermato nel 2001 che «i cristiani possono e devono ammettere la lettura ebraica della Bibbia» come lettura possibile. Il Cantico, infatti, è una lirica amorosa che è stata subito allegorizzata in ambito prima ebraico prima e poi cristiano. È stato il modo in cui si è preservata la grande dignità del libro più santo di tutti. G. Borgonovo, che a riguardo ha preparato un articolo per il sussidio della Giornata, afferma che le due grandi tradizioni ebraica e cristiana concordano nel considerare il Cantico un’allegoria dell’amore del Signore per Israele o di Cristo per la sua Chiesa. In questo contesto, notiamo una linea di continuità nella prima interpretazione cristiana proprio con la via allegorica. Tuttavia, soprattutto la fioritura di studi esegetici del ‘900, ha portato a rivalutare il significato letterale del Cantico. Il rapporto tra i due partner è assunto dalla relazione maschio femmina del rapporto coniugale. Si comprende così come è sul piano letterale che si deve cercare il senso del testo. Qui si coglie il valore simbolico nell’amore umano carico di mille sfumature. Difficilmente si potrebbe separare l’amore puramente umano da quello divino. Il dramma del Cantico vuole evidenziare il significato dell’amore del Signore per Israele e la necessaria risposta di Israele al Signore. In fondo si esprime la necessità di una adesione completa al Signore, l’unico vero Dio.
I rabbini dei primi secoli d.C. hanno ripreso spesso il Cantico. Tra questi Rabbi Aqivà, che morirà martire nella seconda distruzione di Gerusalemme (135 d.C.), il quale disse: che «il mondo intero non ha tanto valore quanto il giorno in cui fu dato a Israele il Cantico dei Cantici, perché tutti gli scritti sacri sono santi, ma il Cantico dei Cantici è di massima santità».

don Giovanni de Nicolo