Chiesa locale

Ordinazione sacerdotale di don Luigi Ziccolella

27 giugno 2020 in diretta su Tele Dehon ore 19,30

don Luigi sarà ordinato sabato 27 giugno alle 19,30 nella Cattedrale di Molfetta da S.E. Mons. Domenico Cornacchia, diretta su Tele Dehon can.18 o 518 oppure in streaming su www.teledehon.it

 

Riportiamo l’intervista fatta a don Luigi e don Cosmo Binetti, già ordinato domenica 21 giugno.

Come ti senti a pochi giorni dall’ordinazione, anche a seguito dello slittamento della cerimonia?
(Luigi) Non ci sto dormendo la notte. Dopo il rinvio, sembra che sia la volta giusta. Questo tempo mi è servito per comprendere meglio cos’è il servizio e mi ha aiutato a fidarmi di più del Signore, sentendomi un po’ meno indegno del dono che sto per ricevere.
(Cosmo) Avverto molte emozioni, soprattutto per il tempo che stiamo vivendo. In questa pandemia ho sofferto un po’ l’incertezza, la non chiarezza del futuro che però ha portato anche a rafforzare la speranza. Lo spostamento dell’ordinazione mi ha permesso di sentirmi più pronto e responsabile verso la missione che il Signore mi affiderà un giorno in una realtà militare. La gioia parte proprio da qui: dall’attesa per un nuovo inizio, che lascia sempre quella scia di stupore ma anche di tremore e timore.

Com’è nata la tua vocazione?
(Luigi) Le due date di ordinazione hanno unito la mia storia. Il 18 aprile (prima data scelta per l’ordinazione, ndr) avrebbe dovuto tenersi la festa per la Madonna di Sovereto, per la quale ho una devozione semplice e genuina che mia madre mi ha consegnato e attraverso la quale ho iniziato a gustare la dolcezza materna della Madonna e a muovere i primi passi del mio cammino vocazionale. Invece, la data del 27 giugno coinciderà con l’anniversario di morte di mio nonno, la cui vita è stata intrisa di fede. La mia vocazione nasce nella comunità parrocchiale di San Gioacchino a Terlizzi, quando era parroco don Mario Petruzzelli, il quale ci teneva particolarmente al gruppo dei ministranti e alla preghiera estiva delle lodi. Sono stato in Azione Cattolica da bambino, poi nel 2005, a 10 anni, sono entrato nel Seminario Minore. Qui ho vissuto l’esperienza di comunità, di fraternità, condivisione. Durante la scuola superiore, ho vissuto la separazione dei genitori e questo ha inflitto un colpo anche al mio rapporto con il Signore, ma sia la comunità parrocchiale sia gli amici del liceo e i sacerdoti mi hanno aiutato a superarle. Al Seminario Maggiore, ho dovuto mettere tutto in discussione, facendomi accompagnare dalla frase del Vangelo “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6, 37). Anche nelle amicizie forti o negli innamoramenti ho capito che volevo donare.
(Cosmo) La mia vocazione è iniziata dentro la comunità parrocchiale, qui ho sperimentato tramite l’esperienza in Azione Cattolica cosa voglia dire donarsi, ho capito i valori importanti per un prete, ma anche per qualsiasi altra persona. Significativa è stata anche l’esperienza nella Marina Militare. Ogni giorno sentivo forte il desiderio di commentare la Parola con gli altri e a un certo punto ho pensato che il Signore mi stesse chiedendo altro. È stato proprio un maresciallo a sollecitare nuovamente in me questo pensiero, già preso in considerazione di tanto in tanto in passato, ma mai approfondito. Anche la vicinanza silenziosa di don Franco Sancilio, con cui è iniziato il mio percorso sacerdotale, è stata eloquente per me. Sono entrato a 29 anni nell’Ordinariato Militare, ma la mia vocazione nasce intorno ai 20 anni. Tuttavia, non avevo avuto da subito il coraggio di rispondere a quella chiamata, avevo fatto anche esperienze di vita diverse (nel lavoro, nelle amicizie, anche nel fidanzamento). In sintesi, i tre cardini della mia vocazione sono stati: comunità parrocchiale, AC e Marina.

Quali figure di santità o laici hanno particolarmente influito sulla tua scelta?
(Luigi) Nel mio cammino ho incontrato tanti sacerdoti, dai parroci, agli educatori del seminario minore e regionale, tanti laici della parrocchia di origine, non ultima la signorina Letizia Berardi. Ma anche tanti altri. Citerei davvero tutta la mia famiglia parrocchiale. Tra i santi, mi ha colpito San Giovanni Paolo II, papa dei primi anni di vita e poi uomo delle grandi folle di giovani e dai segni non studiati e significativi. Mi ha colpito molto anche il Ven. Giovanni Paolo I, un uomo capace di trasmettere quella gioia piena che viene dal vangelo. Apprezzo molto il beato don Pino Puglisi, conosciuto negli anni di seminario, capace di denunciare i meccanismi mafiosi che si instaurano nella società e talvolta anche nell’ambiente ecclesiastico e di parlare fuori dalla chiesa per annunciare un vangelo di libertà. Ultimamente, una delle figure che mi affascina è quella del Ven. Carlo Acutis (che sarà beatificato ad Assisi il prossimo 10 ottobre, ndr), soprattutto per una sua frase “Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”. In questo periodo in cui vivo in seminario minore, mi sta stimolando molto la figura di don Tonino Bello.
(Cosmo) Ce ne sono diverse. Partirei dal curato d’Ars, che incoraggiava a fare le cose con semplicità. Madre Teresa di Calcutta, perché ha accompagnato sempre i poveri ed è stata attenta alle loro esigenze. S. Teresa d’Avila, per l’immagine del castello interiore. Inoltre, quest’ultima è proprio la figura di santità che mi sta accompagnando soprattutto in questo periodo a entrare meglio nel ministero sacerdotale.
Quali sono state le difficoltà e le conferme nel tuo cammino vocazionale?
(Luigi) Un momento difficile della mia vita è stato la separazione dei miei genitori, sul quale durante gli anni del seminario ho dovuto lavorare molto. Negli anni di studio, è stato faticoso anche comprendere se la strada intrapresa fosse una mia scelta o una scelta imposta dagli altri. È stato, inoltre, difficile capire in qualche momento di non essere perfetti nel percorso. Ricordo anche un episodio che è stato una piccola conferma. In seminario si faceva la narrazione del partage storico vocazionale e durante questo momento ho scelto un’immagine e una frase del vangelo (Mc 6,37) che poi, tornando in camera, ho ritrovato esattamente identiche su una rivista. Mi è sembrato un piccolo segno di incoraggiamento nel riconoscere l’autenticità della scelta fatta per il mio cammino.
(Cosmo) Ho iniziato il Seminario parallelamente al lavoro in Marina (dove prestavo servizio dal 2003), facendo il segretario del cappellano, per cui è stato difficile conciliare studio e lavoro. Tuttavia, le conferme sono arrivate proprio grazie alla comunità del Seminario. Mi sono fatto accompagnare dal versetto “il Signore è la mia roccia”, che ho sentito vicino particolarmente nel momento in cui ho lasciato definitivamente il lavoro (nel 2017, dopo un paio d’anni di aspettativa), quando ho percepito che il Signore mi stava chiamando a qualcosa di più grande.

Come vivi la scelta del celibato?
(Luigi) Ho imparato a viverla, a comprenderla. Offrire la propria vita per il Signore, per il vangelo, significa donarla totalmente agli altri ed è difficile dividere il proprio cuore, se è donato a una sola persona. Per me, quindi, la castità non è un senso di privazione ma di donazione piena. Castità, inoltre, è anche non orientare la gente a me, perché la gente non deve guardare a me, ma a Dio. Ed è un dono di grazia, oltre che una scelta.
(Cosmo) Innanzitutto, chi fa una scelta di celibato non è da considerarsi una persona sola o frustrata, ma che ha scelto di spendere la propria vita per gli altri e in questo modo si sente realizzata. La castità è una ricchezza, un patrimonio da spendere per gli altri, perché ci completa e ci fa essere liberi dentro, liberi di amare tutti.

Quali sono i temi del magistero di papa Francesco che senti più vicini e quelli su cui hai perplessità o ti senti poco preparato?
(Luigi) Penso che papa Francesco non sia tanto uomo di magistero ma un magistero di uomo. È infatti tornato a dar voce, valore, forza anche ai gesti, che spesso parlano più di tante parole, le quali invece possono diventare ambigue, false, e deviare i discorsi e le relazioni. Vorrei inoltre sottolineare un tema che lui tratta spesso e che mi piace molto: la santità della porta accanto, come dice al n.1 della Gaudete et exsultate. La santità è la vocazione di tutti e ci chiede tutto. Solo donare tutta l’esistenza consente di ricevere la vita vera.
(Cosmo) Di Papa Francesco mi colpisce la semplicità, la capacità di entrare in ogni circostanza, di penetrare il mistero dell’uomo. Io lo avverto molto vicino, lo sento proprio accanto, come un sacerdote. È capace di parlare a tutti. Mi piace molto in particolare, l’Amoris Laetitia.

Che rapporto hai con i social e quanto li puoi considerare strumento di evangelizzazione?
(Luigi) I social sono un luogo da abitare. In questo periodo di emergenza sanitaria ho capito che, anche se non so utilizzare bene i social, posso usarli come se fossi un costruttore, un muratore, per mettere ogni giorno dei mattoni che contribuiscono alla costruzione del reale. Inoltre, è opportuno, da credenti, utilizzare un linguaggio consono e non rispondere alle provocazioni. In questi ultimi tempi, c’è stata molta polemica e violenza nelle parole e negli schieramenti che si sono venuti a creare tra i cattolici sui social circa alcuni temi. Questa cosa mi ha fatto stare anche male. All’interno dei social, vorrei rimanere come una presenza a servizio del Vangelo.
(Cosmo) Possono essere uno strumento di carità, se usati bene, anche se spesso se ne fa abuso per condividere qualsiasi cosa. Bisognerebbe cogliere il messaggio essenziale da trasmettere. Sono comunque capaci di fare comunità, basta pensare a questo tempo di pandemia in cui hanno tenuto insieme anche membri della stessa famiglia distanti. Sono molto d’accordo sulla possibilità di condividere sui social il commento al vangelo, anche con immagini, post o contenuti ben selezionati. Stare sui social è come abitare una casa virtuale.

Quale messaggio daresti ai giovani per aiutarli a comprendere la vocazione della loro vita?
(Luigi) Vorrei dire loro di non avere timore di amare e di dare la vita e di darla in pienezza, totalmente, senza calcolare quanto riesco a dare o quanto ci guadagnerò. Quando si scade nella mentalità utilitaristica non si ama. Se si dona solo una parte, è come se non si dà niente. Quello che si riceve e si guadagna donandosi è molto più di quello che si è capaci di dare.
(Cosmo) Li inviterei a donare la vita per trovare il senso perduto, la gioia. Quindi, a spendersi per gli altri, mettersi a disposizione e al servizio degli altri e a lasciarsi arricchire dalle relazioni.

Infine, provate a raccontarci cosa dicono i cappellani militari dei diocesani e i diocesani dei cappellani.
(Luigi) Fino a poco tempo fa era inteso come un rifugio per chi non era riuscito a entrare nei seminari regionali, ma in realtà chi diceva questo non conosceva a fondo l’utilità del seminario della cappellania militare. Cosmo, personalmente, mi ha fatto conoscere il lato bello e il motivo autentico della scelta di entrare in quel seminario. Si tratta semplicemente di una delle varie sfaccettature della vocazione cristiana e del donarsi nel sacerdozio.
(Cosmo) Per me i diocesani sono una ricchezza, perché ho sempre cercato di fare comunione con la mia diocesi e di integrarmi, penso che non ci sia una Chiesa più bella dell’altra ma la varietà è la testimonianza dei diversi carismi di un’unica Chiesa. Si possono avere rapporti costruttivi pur essendo lontani dalla diocesi, mi piace l’idea di simbiosi.

Tutta la Comunità diocesana formula i più fraterni auguri a don Luigi e a don Cosmo per il ministero presbiterale, pregando perchè siano sempre più non immagine di se stessi, ma dell’umile Buon Pastore.

a cura di Susanna M. de Candia e Roberta Carlucci