Omelia nella Prima Domenica di Avvento

Bari, Gruppo famiglie San Nicola, 3 dicembre 2017
03-12-2017

Carissimi fratelli e sorelle, grazie dell’invito rivoltomi a celebrare in questa antica e solenne Basilica. La Festa di San Nicola da quest’anno è memoria obbligatoria per tutta la Chiesa Italiana. Al nostro Santo vogliamo affidare la nostra Nazione, le nostre famiglie e i nostri giovani in particolare.
Ho pensato di riflettere insieme a voi, per alcuni minuti sul binomio Avvento- Famiglia. Ho visto con piacere che i nostri Padri Domenicani ci hanno invitati a meditare sulla figura del Santo Vescovo Nicola, quale difensore della sacralità della famiglia.
AVVENTO di per sé dice venuta, andare incontro a qualcuno o qualcosa che sta per venire. Avvento dice anche attesa. Attendere, infinito del verbo amare: attendiamo volentieri una persona amata ed amabile.
Terribile e deprimente è non essere atteso da nessuno e non attendere alcuna persona.
ATTESA è anche fecondità, vita che sta arrivando: una mamma incinta è in attesa. L’attesa dice e richiede pazienza (patior=patire), ansia, sacrificio, trepidazione. La mamma che attende la sua creatura, sogna, guarda al futuro, guarda oltre…!
OGGI c’è poco spazio per l’attesa, vogliamo tutto e subito, siamo impazienti, tutto deve corrispondere a ciò che è previsto, non ammettiamo ritardi, ecc.
Dice Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia: “Nell’epoca attuale, in cui regnano l’ansietà e la fretta tecnologica, compito importantissimo delle famiglie è educare alla capacità di attendere… Rimandare non è negare il desiderio, ma differire la sua soddisfazione. Quando i bambini o gli adolescenti non sono educati ad accettare che alcune cose devono aspettare, diventano prepotenti, sottomettono tutto alla soddisfazione delle proprie necessità immediate e crescono con il vizio del «tutto e subito». Questo è un grande inganno che non favorisce la libertà, ma la intossica. Invece, quando si educa ad imparare a posporre alcune cose e ad aspettare il momento adatto, si insegna che cosa significa essere padrone di se stesso, autonomo davanti ai propri impulsi. (AL 275).
La Liturgia odierna, Prima Domenica di Avvento e dell’Anno Liturgico, ci raccomanda di vivere l’attesa come tempo fecondo, di riflessione, di ricominciamento, ma anche di sintesi. Il tempo, quello cronologico, passa inesorabilmente. Esso deve essere vissuto da noi in modo kairologico, cioè in modo sapienziale. Bisogna imparare a fare, a dire, a scegliere, qualsiasi cosa, in modo e tempo opportuno.
Guardiamo Maria, DONNA DELL’ATTESA:

Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono. Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci rimandare da altri rivenditori. Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro, quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia… Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza. Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio… Santa Maria, donna dell’attesa, conforta il dolore delle madri per i loro figli che, usciti un giorno di casa, non ci sono tornati più… Santa Maria, vergine dell’attesa donaci un’anima vigiliare! Portaci, finalmente, arpa e cetra, perché con te, mattiniera, possiamo svegliare l’aurora. … Donaci di sentire sulla pelle, i brividi dei cominciamenti. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere, a volte, è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici. Perciò, ministri dell’attesa. E, il Signore che viene, Vergine dell’Avvento, ci sorprenda, anche per tua materna complicità, con la lampada in mano!
(T. Bello, Maria, donna dei nostri giorni, 3).

+ don Mimmo Cornacchia, Vescovo