Omelia per la Veglia pasquale del Sabato Santo 2020

11-04-2020

Carissimi fratelli e sorelle, specie a voi che siete collegati con noi, da questa splendida Cattedrale di Molfetta, grazie a Teledehon e all’Ufficio diocesano dei Media, auguri di Santa Pasqua! Celebriamo, con la Chiesa universale, pur nella sobrietà, a motivo del corona-virus, la Veglia di tutte le Veglie, quella della Pasqua di Risurrezione del Signore Gesù.

Nei giorni passati, mi sono soffermato in meditazione, su un’ espressione assai bella del Dottore della Chiesa, e figlio di San Francesco d’Assisi, il Serafico San Bonaventura il quale, ad un suo amico contemplativo, così scriveva: Cella sit  tibi coelum (= la cella sia per te, come il cielo). Sì miei cari, siamo stati in questo periodo appena trascorso, come in una cella, in un ambito assai angusto, muniti appena dell’essenziale. Ebbene, l’ arguzia del Dottore della Chiesa Bonaventura  ci spinge a pensare che,  quanto ci sovrasta è molto di più. La cella, il limite devono diventare un trampolino di lancio verso una realtà ancora più bella. La stessa permanenza di Gesù nel sepolcro è un’esperienza transitoria verso la Luce nuova e duratura. Il cristiano è, per vocazione, testimone più della vita che della morte del Signore.

Abbiamo vissuto il tempo quaresimale, come la permanenza in un luogo che ci faceva sognare la bellezza e il fascino di casa, non dell’esilio.

Il chicco di frumento, è sotto terra, solo per pochi mesi. Esso non vede l’ora di nascere, crescere e darsi in cibo. Noi pure siamo destinati alla vita senza fine, alla luce che mai tramonterà.

Un recluso, un carcerato, un malato inchiodato al suo letto di dolore, non vedono l’ora di riprendersi in mano la vita in senso più ampio e senza confini. Questo è lo stato d’animo di chi vive la Notte di Pasqua, l’aurora del giorno senza tramonto.

Abbiamo ascoltato: morte e vita si sono sfidate in un prodigioso duello, ma ha trionfato  la vita. Pasqua è proprio questo: comprendere che la morte è stata sconfitta per sempre, che la luce è sorta e va verso la sua pienezza.

Ieri abbiamo celebrato il mistero della morte e contemplato la “croce” quale “nuova arca” di vita e di salvezza. Per noi cristiani, la morte non è la fine, ma è la porta della Risurrezione.

Carissimi, il Venerdì Santo è stato ricco di tanti dolorosi particolari. Specialmente  uno, ha fatto breccia nel mio cuore. È stata l’invocazione del buon ladrone: “Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo Regno”! Proviamo a sentirla, invece, pronunciare dal Signore questa invocazione, verso ciascuno di noi! Non è forse vero che, tante volte, siamo proprio noi a dimenticarci di Lui, a vanificare il suo sacrificio sulla croce? Purtroppo la nostra memoria è molto corta! Del Signore ci dobbiamo ricordare non solo nei momenti di pericolo, di malattia o di bisogno, ma sempre, come facciamo con le persone amiche e buone. Esse vivono e camminano in noi e con noi. Insomma, è il Signore a dire a ciascuno di noi: ricordati di me…sempre, portami nel cuore, ogni giorno.

Il Servo di Dio Don Tonino Bello, ci offre una toccante riflessione: “Il Signore è sceso sulla terra assetata di pace e ha scavato il  pozzo artesiano della pace, della vita, servendosi della Croce come se fosse una trivella… Adesso è compito nostro portare l’acqua in superficie e farla arrivare fino agli estremi confini della terra”.

Il mistero della morte deve mutarsi in messaggio di speranza e di gioia! Un dolore, una sofferenza, un dispiacere, la stessa morte, possono e debbono mutarsi in elementi di vita e di risurrezione.

L’Angelo, vedendo l’ansia delle donne  accorse al sepolcro, dice con voce rassicurante: “So che cercate il Crocifisso…, non è qui, è risorto…, andate a dire ai suoi discepoli (e non solo), è risuscitato dai morti”! (Mt 28, 6-7).

Ecco, carissimi, la cella, il sepolcro, la difficile  situazione in cui, a volte,  ci troviamo, devono proiettarci al di là, fuori, verso il mattino di Pasqua! Sì, qualsiasi notte, per quanto buia, ha sempre partorito un nuovo giorno di luce e di speranza. Coraggio! “Tu sei il Re, il Sovrano della storia, il Centro di ogni aspirazione e la Meta dell’uomo. […] Tu ci hai salvati nel dolore e nell’amore. Noi crediamo in Te: Tu sei il Figlio di Dio” (San Paolo VI).

Viviamo in modo da essere definiti anche noi: cercatori del Risorto. Questo è sicuramente l’augurio più bello per la Santa Pasqua!

Prendiamoci per mano e insieme, andiamo, non verso il sepolcro vuoto, ma sulle vette del mondo per cantare con la vita: Cristo è risorto e, noi con Lui. Alleluia!

La luce del Cero pasquale, simbolo del Cristo, Luce del mondo, diventi quella fonte alla quale tutti dobbiamo attingere energia e vita da diffondere con la nostra nuova esistenza.

Siate, cari figliuoli, <ceri pasquali> e non lucignoli fumiganti!”, ripeteva il servo di Dio + Tonino Bello.

Un affettuoso abbraccio e sinceri auguri a tutti voi, specie bisognosi e …. ancora in croce.

Così sia!