Omelia per l’inizio del ministero pastorale di don Gennaro Bufi

Molfetta, Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, 14 Settembre 2017
14-09-2017

Carissimi sacerdoti, diaconi, autorità tutte, grazie della vostra partecipazione al rito di inizio del ministero di Parroco di don Gennaro Bufi.
Vogliamo ringraziare il Buon Dio che non fa mancare gli operai necessari nella sua Vigna. Dobbiamo pregare perché essi siano operai qualificati! Oggi la Chiesa ci invita a celebrare l’esaltazione della Croce di Cristo. Non è un controsenso dare onore ad un segno di passione e di dolore. Infatti, la croce (“crux” = tormento) solo con Gesù diventa “albero della vita”. La croce, da segno di condanna, diviene emblema e strumento di salvezza, di redenzione e di amore.
Non è forse vero che a volte, per mostrare il bene ad una persona, ci sotto- poniamo a sacrifici, anche estenuanti e diuturni? Santa Teresina di Gesù Bam- bino diceva: “Signore, non ti chiedo di togliermi le croci, ma dammi la forza di sopportarle”.
Carissimi, esprimiamo profonda e riconoscente gratitudine a don Angelantonio Magarelli per aver servito, in questi anni, la comunità del Sacro Cuore di Gesù in Molfetta, con assiduo zelo pastorale e vivace armonia. Questa sera, il testimone passa nelle mani del giovane presbitero don Gennaro Bufi.
Siamo semplici collaboratori del Signore, che, nella Chiesa, rimane l’unico punto di rifermento del cammino di ognuno e di tutti. Oggi, purtroppo, chiamiamo croce qualsiasi forma di impegno, che richiede sacrificio, abnegazione e costanza. Definiamo, molto impropriamente, “croce” i figli, il marito, la moglie, il lavoro. Per qualche prete stesso, il ministero pastorale potrebbe essere “una croce”, solo perché viene a scemare la grinta, l’entusiasmo e la preghiera! Non è giusto
che noi ci esprimiamo in simili giudizi.
Talvolta si può avvertire un naturale disagio, il peso, la fatica della responsabilità, ma dobbiamo avere uno sguardo più lungo, che vada oltre la siepe della nostra fragilità umana. La croce è solo una porta che ci introduce nella Vita! La parola di Dio odierna ci riferisce che anche il popolo eletto, ad un certo punto, nonostante i mille interventi attraverso i quali Dio aveva manifestato la sua benevolenza si ribella, rimpiange addirittura il tempo della schiavitù egiziana, spegnendo il desiderio che lo conduceva nella terra promessa. Solo dopo un’ulteriore prova, quella dei serpenti, il popolo “venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, supplica il Signore per noi…”. La reazione del messaggero di Dio è che: “Mosè pregò per il popolo»” (Nm 21, 7).
Carissimo don Gennaro, credo che non possa esserci un augurio più bello di questo: la tua missione, in questa comunità, sia un prolungamento di quella di Mosè tra gli Ebrei. Ti auguro che un giorno tu possa essere definito solo come “colui che pregò per il popolo”. Il Signore ti chiama ad essere ponte tra Lui e i fedeli. Tu devi interpretare, ascoltare i gemiti del popolo e intercedere presso il Signore. Sei chiamato soprattutto ad educare il popolo, all’ascolto della Parola di Dio e dei suoi insegnamenti; a far comprendere loro che i morsi dei serpenti velenosi, ovvero, le ferite mortali dei nostri peccati possono trasformarsi in occasione di conversione e di salvezza. “Salve Croce, nostra unica salvezza”! Questa dev’essere l’esclamazione che deve scaturire dal nostro cuore. Oh, quanti croci- fissi ci sono ancora oggi! Non basta ostentare una croce per dirsi cristiani “doc”. Il simbolo della croce non può essere un elemento solo ornamentale, anche

se hanno tentato di farlo scomparire da tutti i luoghi pubblici. La croce parla di per sé! Essa rimane presente soprattutto nella testimonianza di tanti cristiani, vittime delle cruente persecuzioni moderne. Di recente siamo stati in Albania coi sacerdoti giovani e seminaristi. Alcuni testimoni della persecuzione comunista ci hanno parlato delle durissime prove che hanno sopportato, solo perché trovati in possesso di un piccolo Crocifisso nelle loro case. Bisogna salire con Gesù sulla croce, con lui essere disposti ad abbracciare il mondo disperato e per lui consumarsi fino a dare la vita! Ci faccia riflettere quanto dicono le cronache. Secondo recenti statistiche, i cristiani sono vittime del 75% delle violenze antireligiose ed in Medio Oriente rischiano addirittura l’estinzione. I martiri cristiani sono stati calcolati in 105.000 all’anno, uno ogni cinque minuti.
Carissimi parrocchiani, lasciatevi guidare dal vostro parroco, con lui collaborate, di lui sappiate riconoscere la voce, come le pecore ascoltano quella del pastore. Nella Comunità parrocchiale c’è posto per tutti. In modo rispettoso e generoso, ognuno metta a servizio di tutti le proprie capacità e i talenti ricevuti dal Signore. Rinnovando il mio sincero grazie a don Angelantonio, esprimo altrettanta riconoscenza e devozione alle due querce di questa Comunità: a don Francesco Gadaleta e a don Ignazio de Gioia. Grazie per la loro testimonianza e tenace passione per la Chiesa. Grazie a don Tonino, diacono permanente, e a quanti nel tempo hanno resa viva la Parrocchia, uno fra tutti, don Tommaso Tridente. Infine, un particolare grazie alla famiglia che ha accompagnato, anche nella sofferenza degli ultimi mesi, il caro don Gennaro. Buon cammino a tutti voi. Così sia.

+ don Mimmo Cornacchia, Vescovo