Annunciare la gioia del Vangelo ai giovani. Lettera pastorale di Mons. Cornacchia

Editoriale del n.32 8 ottobre 2017

Ogni anno pastorale comporta rotte da seguire; proseguendo la strada già tracciata, Mons. Cornacchia propone la lettera pastorale Annunciare la gioia del Vangelo ai giovani.
L’attenzione è chiaramente rivolta alla fascia più “fragile” della società e della Chiesa: i giovani, con tutte le potenzialità e i limiti che li contraddistinguono. Il Vescovo ci invita ad inserirci nel solco tracciato da papa Francesco, in prospettiva del Sinodo dei Vescovi sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, che si terrà a ottobre 2018.
In estate i giovani della diocesi sono stati interpellati con un questionario, per fotografare la realtà che vivono a livello locale. Da qui è scaturita una relazione, già inviata al Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile e inserita nella lettera pastorale, che riguarda giovani tra 16 e 30 anni.
Il Vescovo, con grande capacità analitica ed empatica, riconosce da subito due rischi: il primo è che il periodo della gioventù possa essere troppo ristretto o allargato (è, invece, una fase della vita ben precisa, in cui ci si allena a fare scelte consistenti per approdare all’età della piena maturità); il secondo è che i giovani vengano considerati solo destinatari dell’opera di evangelizzazione della Chiesa.
L’obiettivo della lettera pastorale, utile a tutti i responsabili della formazione dei giovani (siano essi dentro e fuori le parrocchie, in contesti laici, in spazi fisici o virtuali), è esortare all’incontro con Gesù, inesauribile fonte di gioia.
Risulta efficace l’icona scelta per accompagnare questo testo: il giovane discepolo amato da Gesù, Giovanni, già proposto nel documento preparatorio al Sinodo e caro anche a don Tonino, vero e proprio modello pastorale.
Come Giovanni, ogni giovane dovrebbe essere accompagnato a fare esperienza di un amore più grande, per essere capace di slanci significativi e scelte solide. Se l’odierna società porta a vivere come continui erranti, alla Chiesa (custode della Verità) spetta il compito di generare nei giovani fiducia prima verso la vita e di conseguenza verso il futuro.
Consapevole che internet abbia stravolto il modo di comunicare, interfacciarsi, stringere e mantenere relazioni, Mons. Cornacchia sottolinea la necessità di riattivare i rapporti interpersonali nelle famiglie e nei luoghi di incontro. L’inconsistenza della vita virtuale, spesso usata come rifugio per inseguire felicità e benessere illusori, finisce per riversarsi in quella reale, fatta anche di fatiche, ostacoli, difficoltà e delusioni che, tuttavia, irrobustiscono sogni e progetti di vita. Per fare scelte importanti, perciò, è decisivo collegare mente e cuore, ragione e sentimenti, per stabilire ciò che rende felice e ciò che ostacola il pieno raggiungimento della maturità.
Siamo nomadi per vocazione, scrive Mons. Cornacchia, definendo il cammino come l’immagine propria del cristiano. Bisogna insegnare ai giovani a mettersi in ricerca, andare avanti, non stancarsi, ma soprattutto far capire che aver fede significa mettersi nelle mani di Dio e non collezionare esperienze, anche diverse e dissociate tra loro.
Forse il disagio peggiore di questi tempi è l’imbattersi continuo in esperienze sempre nuove e sempre varie che, messe insieme, non aiutano a ricomporre il disegno pensato per ciascuno, ma rappresentano scarabocchi esistenziali difficili da interpretare, di cui però si finisce per accontentarsi, perché di meglio non c’è.
L’esortazione più bella che Mons. Cornacchia rivolge in questa lettera pastorale è stare accanto ai giovani, accompagnarli a riscoprire anzitutto i benefici del silenzio per leggersi all’interno di un progetto nel quale agisce lo Spirito Santo. Solo così è possibile offrire a questi “ricercatori di senso” testimoni autentici e credibili e supportarli per un discernimento spirituale e vocazionale, per far loro comprendere la direzione della vita.
È questo un processo dinamico e delicato, che richiede pazienza, tempo e affidamento. L’accompagnamento è, come dice il nostro Vescovo, un’arte.

di Susanna M. de Candia

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