Aspettando Pietro.

Magistero, n. 14 dell' 8 aprile 2018

Carissimi, siamo radunati nella nostra Cattedrale, stasera, per sperimentare insieme il particolare e significativo momento di comunione ecclesiale che ogni anno il buon Dio ci permette di vivere con la celebrazione della Messa Crismale.
Saluto con affetto il carissimo Vescovo Felice, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i laici consacrati, i seminaristi, e voi tutti, popolo santo di Dio di questa amata Chiesa di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi.

Fissare lo sguardo su Gesù
Come è successo poco più di duemila anni fa, anche noi siamo radunati qui perché Gesù ha da dire qualcosa di importante alla nostra vita.
Abbiamo infatti ascoltato, nel brano del Vangelo, che Gesù entra nella sinagoga di Nazaret, prende in mano il rotolo del profeta Isaia e legge il passo dove è scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me» (Lc 4,18). Alla fine, l’evangelista Luca annota che «nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui» (Lc 4,20).
Ci siamo mai chiesti perché, nonostante sia passato tanto tempo, ancora oggi, sentiamo il desiderio di fissare lo sguardo su Gesù? Non sperimentiamo un certo disagio quando i nostri occhi guardano altrove? Mai come in questo momento della storia dell’umanità, dobbiamo sentire l’urgenza di non lasciarci distrarre da cose o da persone che possono allontanarci, anche inconsapevolmente, dal Signore perché solo contemplando Gesù possiamo comprendere fino in fondo «quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza» (Ef 3,18-19).
Conoscere l’amore di Cristo, non in modo teorico e astratto ma nello scorrere reale dei giorni della nostra vita: solo così Gesù, con le sue parole e con i suoi gesti, farà crescere in noi la fede in Dio che ci salva, farà rifiorire in noi la speranza che ci consente di avere fiducia nel futuro, infiammerà con la sua carità i nostri cuori.
Certo, non è semplice seguire Gesù e mettere in pratica le sue parole. Imitarlo è impegnativo, a volte costa fatica, ma è l’esperienza più avvincente che possiamo fare per dare un senso profondo alla nostra vita. È vero, dobbiamo ammetterlo, a volte preferiamo distogliere lo sguardo da Gesù per evitare che Lui, parlando al nostro cuore, possa suggerirci di fare qualcosa che comprometta troppo la nostra esistenza con scelte ispirate ad un amore donato senza misura.
Come non accogliere, ancora una volta, le parole del Papa San Giovanni Paolo II, dirette in particolare ai giovani durante la Giornata Mondiale della Gioventù del 2000, ma vere per ogni cristiano: «In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna» (19 agosto 2000).
Gesù sa benissimo che le parole possono essere dimenticate, fraintese, interpretate in modo errato. Per questo, sapientemente, dopo aver dato voce alla profezia di Isaia, subito aggiunge un’affermazione che permetterà a quelle parole di essere inverate dai fatti: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21).
Noi ci sentiamo attratti da Gesù, affascinati dalle sue parole, conquistati dalla sua vita perché Lui non fa solo bei discorsi ma li mette immediatamente in pratica. E quei verbi pronunciati ad alta voce – portare il lieto annuncio ai poveri, fasciare le piaghe, proclamare la vista ai ciechi, rimettere in libertà gli oppressi (cfr. Lc 4, 18-19) – diventano all’istante gesti di liberazione, offrono perdono, regalano tenerezza, generano consolazione, producono giustizia, seminano pace, donano amore.
L’amore, la pace, il perdono, la giustizia, la libertà, la comunione, il servizio, la generosità, più che parole proclamate dall’altare o approfondite durante gli incontri di catechesi, devono diventare concretezza di vita per tutti. Altrimenti rischiamo di non rendere efficaci le unzioni che accompagnano i sacramenti che riceviamo nella nostra vita.
Aspettando Pietro
Anche gli stessi apostoli, nonostante fossero così vicini a Gesù, percepivano il rischio di non ascoltarlo, di non comprenderlo appieno, di non mettere in pratica ciò che Egli insegnava. Alcuni discepoli erano arrivati anche ad affermare: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (Gv 6,60). Si erano tirati indietro e avevano deciso di non seguire più Gesù che, rivolgendosi ai Dodici, aveva detto: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). E Pietro, con l’entusiasmo di discepolo innamorato di Gesù, fece quella bellissima professione di fede: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69).
Pietro è un apostolo che, in un certo senso, assomiglia un po’ a ciascuno di noi. Gesù lo chiama a far parte del gruppo dei Dodici e la sua risposta è pronta, accompagnata da una grande fiducia nel Maestro. Proprio lui, Pietro, così impulsivo e testardo, ma anche così generoso ed appassionato in tutto quello che manifesta, caratteristiche tipiche di un esperto uomo di mare. Sarà però la scelta consapevole di non staccarsi mai da Gesù e il desiderio di lasciarsi amare e perdonare dal Maestro, nonostante alcuni errori commessi, che porterà Gesù a dirgli: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18-19).
La Chiesa di Gesù, da più di duemila anni, grazie all’azione dello Spirito Santo, è affidata alla guida del successore di Pietro, il Papa, perché grazie alla sua guida, noi possiamo essere resi più saldi nella fede, più fedeli alla vocazione specifica che ognuno di noi è chiamato a vivere, più orientati a realizzare la chiamata quotidiana alla santità alla quale tutti dobbiamo tendere.
La comunità diocesana sta attendendo Pietro, ovvero il suo successore nella persona di Papa Francesco che ci onorerà con la sua presenza il prossimo 20 aprile, nel giorno del 25° anniversario del dies natalis del Servo di Dio il Vescovo don Tonino Bello.
L’attesa del Papa deve essere vissuta dalla nostra Chiesa particolare con una gioia spirituale che si fa preghiera affinché la sua visita pastorale tra la gente di questa terra accresca il desiderio di tenere i nostri occhi fissi su Gesù. Sì, perché Papa Francesco ci parlerà di Gesù, additando, come esempio di radicalità evangelica, il nostro amato Vescovo don Tonino che, con la sua vita e con il suo ministero episcopale nella nostra Diocesi, ci ha insegnato a vivere concretamente la carità di Cristo tra gli abitanti delle nostre città.
Dall’inizio del suo pontificato, abbiamo intravisto in Papa Francesco parole e gesti che ci hanno ricordato immediatamente lo stile scelto dal Vescovo don Tonino Bello, che ha sempre amato stare né in testa né in coda, né davanti né dietro, ma sempre in mezzo alla gente per sentire il profumo del popolo e inebriarsi del grande ideale di annunciare Gesù Cristo (cfr. Omelia del 19 marzo 1993).
Attendendo Pietro, nella persona di Papa Francesco, noi, popolo santo di Dio, ci impegniamo stasera a diffondere con la nostra vita il buon profumo di Cristo nei luoghi e tra le persone che incrociamo ogni giorno.

Il buon profumo di Cristo
Lo Spirito del Signore è disceso in noi nel momento in cui siamo stati unti con l’olio nel giorno del Battesimo e della Cresima e, per i presbiteri, anche nel Sacramento dell’Ordine Sacro. Tra poco le anfore che contengono gli oli saranno portate processionalmente all’altare: anche quest’anno è un olio che proviene dagli ulivi piantati nella terra fertile della C.A.S.A. di Ruvo e frutto del lavoro dei giovani ospiti di quella comunità, fortemente voluta e realizzata dal Servo di Dio il Vescovo don Tonino Bello. Pure il balsamo che sarà mescolato all’olio del crisma proviene da una terra nobile, la terra di Calabria, dalla Diocesi di Locri-Gerace, terra che ogni giorno riconquista la sua libertà lottando contro tutte le mafie.
«Olio che consacra, olio che profuma, olio che risana le ferite, che illumina», canteremo fra poco mentre benediremo l’olio dei catecumeni, l’olio degli infermi, il sacro crisma. Quanta novità porta nella vita dei cristiani l’unzione di questi oli benedetti e, soprattutto, nella vita dei presbiteri!
Carissimi sacerdoti, siamo invitati a non tenere per noi questa grazia che fortifica l’esistenza di ogni uomo e donna che desiderano vivere da autentici cristiani. Papa Francesco lo ha ribadito esortando i sacerdoti a «sperimentare l’unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice: nelle “periferie” dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni» (Omelia della Messa del Crisma, 28.03.2013).
Non possiamo trattenere per noi questa grazia che viene dall’unzione crismale: dobbiamo distribuirla a piene mani a tutti coloro che desiderano incontrare Gesù. Un altro santo sacerdote, don Primo Mazzolari, parlando dei presbiteri, affermava: «Aprite il cuore. Portate davanti all’altare di Dio i bisogni del popolo. Fate sentire che almeno il sacerdote capisce. Allora vedrete che all’altare le mani e le braccia dei sacerdoti si allargheranno di più… A volte, tra le mani del sacerdote e il popolo c’è troppo distacco perché, prima di salire all’altare, egli non è disceso a comprendere la sua gente». Così ha fatto il Venerabile don Ambrogio Grittani che, quando comprese appieno che nel povero c’era Gesù, scrisse: «Vogliamo amare i poveri come Gesù, come San Francesco d’Assisi, come San Vincenzo de’ Paoli e mille altri. Questa è la nostra ostinata follia. I cenci dei poveri sono per noi la preziosa porpora di cui Gesù, capo dei poveri, dovrà rivestire in Cielo tutti coloro che hanno creduto alla sua beatitudine: “beati i poveri”» (28 maggio 1944).

Auguri di speranza e di gioia
Rivolgo a voi, carissimi presbiteri della Diocesi, il mio fraterno e paterno grazie per l’abnegazione e per lo zelo con cui servite il popolo di Dio. Ricordiamo volentieri il nostro confratello don Paolo Malerba, missionario fidei donum in Kenia, Mons. Nicola Girasoli, Nunzio Apostolico in Perù e Mons. Vincenzo Turturro, a servizio della Santa Sede in Argentina.
La rinnovazione delle promesse sacerdotali che, fra poco, la solenne Liturgia della Messa Crismale ci proporrà, possa accrescere la gioia che proviene dal sentirci amati da Gesù. Un augurio particolare a don Michele Amorosini, che nel prossimo mese di giugno festeggerà il 25° anniversario della sua ordinazione presbiterale. Chiedo, inoltre, di pregare per i nostri seminaristi e per i nostri due giovani diaconi, Antonio e Dario che, se il Signore vorrà, saranno entro l’anno consacrati sacerdoti con il nuovo olio del Crisma che fra poco benediremo.
Desidero concludere facendo di nuovo risuonare la voce del Servo di Dio don Tonino Bello. Alla fine dell’ultima Messa Crismale da lui celebrata l’8 aprile 1993, pochi giorno prima della sua morte, rivolse un augurio che, a distanza di 25 anni, sentiamo ancora come un’affettuosa carezza del Vescovo santo ai nostri cuori: «Tanti auguri di speranza. Tanti auguri di gioia. Tanti auguri di buona salute. Tanti auguri perché a voi ragazze e ragazzi i sogni fioriscano tutti. Tanti auguri perché nei vostri occhi ci sia sempre la trasparenza dei laghi e non si offuschino mai per le tristezze della vita che sempre ci sommergono. Vedrete come, fra poco, la fioritura della primavera spirituale inonderà il mondo perché andiamo verso momenti splendidi della storia. Non andiamo verso la catastrofe. Ricordatevelo… Coraggio! Vogliate bene a Gesù Cristo, amatelo con tutto il cuore, prendete il Vangelo tra le mani, cercate di tradurre in pratica quello che Gesù vi dice con semplicità di spirito. Poi amate i poveri. Amate i poveri perché è da loro che viene la salvezza, ma amate anche la povertà».
Pregate per la mia povera persona! Auguri e così sia!
+ Domenico Cornacchia, vescovo