Catechisti: emergenza formazione

Editoriale n. 13 del 31 marzo 2019

Mentre è in corso la visita pastorale del Vescovo, è interessante (oltre che utile) leggere, con questo piccolo strumento di indagine messo su lo scorso anno pastorale dall’Ufficio Catechistico, la realtà complessa del mondo dei catechisti in diocesi.
Si tratta di una indagine statistica che serviva solo a censire gli operatori della catechesi legati all’IC e che invece, come un paio di occhiali, ci ha aiutati a leggere la realtà dei catechisti presenti in diocesi.
Si sa, la matematica non è una opinione, e sui numeri dell’indagine (che non sono realtà assoluta ed inconfutabile) non si danno giudizi di valore. Ma alla buona sorpresa delle fasce giovanili che si sono messe in discussione nell’ambito della educazione alla fede (una buona risorsa – che però rimane isolata – è l’ACR), se ne legge un’altra non altrettanto buona: la formazione dei formatori che per le nostre comunità, ad oggi, non è considerata un sicuro investimento per la trasmissione della fede alle nuove generazioni.
Non è in gioco solo il metodo (esperienziale per l’ACR e forse più didattico per i catechisti) ma il contenuto stesso della catechesi. Insomma non si può continuare a mettere il vino nuovo del vangelo negli otri vecchi del “al mio tempo, quando ho fatto formazione io…” o, peggio ancora “basta poco per l’Iniziazione cristiana, in fondo in fondo, sono bambini”.
La formazione dei catechisti innanzitutto è un dovere verso Cristo che chiama ciascuno a collaborare ad aprire varchi nuovi, qualche volta inediti (primo annuncio) qualche altra volta a saper ricominciare (secondo annuncio). Formarsi diviene un dovere. Spesso la preoccupazione si concentra sul metodo e invece c’è bisogno di cucire abiti nuovi da festa per invitare piccoli e famiglie alla stessa festa di nozze del Maestro con noi (Mt 22, 9-10).
Trascurando gli aspetti ecclesiali e pedagogici della formazione, ad una prima lettura dei dati, ci si accorge che soprattutto nella dimensione formativa, la teologia biblica – paradossalmente – è la grande assente, ed è proprio per questo che nella trasmissione del contenuto di fede, ci si chiede cosa si intenda per “accompagnamento alla maturità della vita di fede” che va oltre la mera preparazione ai sacramenti, così come si legge nel Documento di Base al n. 38: “[catechesi] significa educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia, giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo”.
Per questo il catechista e/o l’educatore lungi dall’essere un biblista, dovrà avere familiarità con la Parola di Dio (EG 175). Forse – proprio a partire dalla visita pastorale – si dovrà rimettere mano a tutte quelle agenzie formative presenti in diocesi che tengono insieme formazione e evangelizzazione in vista di una pastorale veramente integrata dove i vari soggetti pastorali concretamente dialoghino tra loro e anche con il territorio, sempre più complesso da abitare, e questo a partire proprio dalla Parola.
Giusto per segnare un piccolo passo di ripartenza da questi numeri che fotografano la nostra realtà, mi piace pensare alla formazione come ad una richiesta di accompagnamento reciproco che vada al di là di un semplice incontro. La visita pastorale del Vescovo ci farà proprio ricordare questo stile educativo di Dio che incontra il suo popolo accompagnandolo.
Chi accompagna innanzitutto cerca di conoscere e per conoscere dovremmo tutti rimetterci a studiare. Così ci hanno insegnato i nostri vecchi maestri di scuola elementare e forse anche della catechesi: “Abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo spirito… Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare più che di sentire… Chi accompagna sa riconoscere la situazione di ogni soggetto davanti a Dio” (EG 171)

di Nicolò Tempesta – direttore Uff. Catechistico