Luce e Vita - Chiesa

Civitas Mariae, don Tonino, Papa Francesco… l’intervista al Card. Pietro Parolin

Luce e Vita n.27 del 5 settembre 2021

Nuovo appuntamento di rilievo, per la nostra Comunità diocesana, quello con la presenza di S.Em. Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, in occasione della proclamazione di Molfetta Civitas Mariae. Il suo pensiero, il significato di questo evento, il rapporto con don Tonino Bello, il suo ministero accanto a Papa Francesco… nell’intervista che ci ha concesso alla vigilia della Sua venuta in Diocesi.

Eminenza, la Sua presenza in Diocesi, per la quale Le diamo il filiale benvenuto, è stata voluta da Mons. Cornacchia in occasione della proclamazione di “Civitas Mariae”; qual è il senso profondo di questo titolo e quale responsabilità spirituale e morale comporta?
Sono lieto di venire a Molfetta l’8 settembre p.v. per presiedere la S. Messa in occasione della festa di Maria Ss.ma Regina dei Martiri. Ringrazio vivamente S.E. Mons. Domenico Cornacchia per il fraterno invito e saluto cordialmente l’intera Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi.
In questa circostanza, nel settantesimo anniversario dell’incoronazione della Madonna dei Martiri, Molfetta sarà proclamata “Civitas Mariae”. È un’iniziativa che esprime bene la devozione e l’affetto di questa città e dei suoi abitanti verso la Vergine Ss.ma.
Questi sentimenti lungo i secoli hanno sostenuto la fede e la vita cristiana della gente, hanno suscitato gesti concreti di amore verso il prossimo, hanno ispirato opere d’arte e manifestazioni culturali. Ciò comporta pure una responsabilità per il futuro: accogliere sempre più Maria nei nostri “affari”, come amava dire il Servo di Dio Mons. Antonio Bello, coinvolgerla nelle nostre scelte quotidiane perché siano conformi al Vangelo. La Madonna ispiri a tutti gli abitanti di questa bella città e dell’intera Diocesi, nuove forme di relazione, all’insegna della fraternità e dell’amicizia sociale; insegni il rispetto per l’altissima dignità della donna; sradichi dai cuori il desiderio di ricorrere alla violenza in ogni sua forma; aiuti a mettere al primo posto il bene comune; favorisca l’accoglienza reciproca; instilli la gioia autentica nei giovani e nelle famiglie!

La devozione mariana, molto forte in Diocesi, accomuna tutti, credenti e non credenti. Come superare il rischio del devozionismo e promuovere invece un reale cammino di evangelizzazione in prospettiva mariana?
Ringraziamo il Signore che in questa Diocesi, come in molte altre parti dell’Italia e del mondo, la devozione mariana è ancora forte e sembra resistere bene ai venti della secolarizzazione, accomunando credenti e non-credenti. Ne ho fatto profonda esperienza anch’io negli anni trascorsi in America Latina. Per Papa Francesco la pietà popolare è “il sistema immunitario della Chiesa”, che “ci salva da tante cose”. Lo ha detto al primo Convegno internazionale per i Rettori e gli Operatori dei Santuari (2018), dal titolo: “Il Santuario porta aperta per la nuova evangelizzazione”.
Si vede, quindi, la preoccupazione costante della Chiesa affinché la devozione mariana diventi un reale cammino di evangelizzazione. Come? Una volta ci ripetevano: Ad Iesum per Mariam, Maria ci porta a Gesù. Credo che questa continui ad essere la risposta: lasciarsi condurre dalla Madonna ad una sequela sempre più convinta, sempre più appassionata, sempre più coerente di Gesù suo Figlio e nostro Signore. Fare come Lei, la prima e perfetta discepola del Signore, imitarla nella fede, nella speranza e nella carità. Ascoltare il suo invito a Cana: “Fate quello che egli vi dirà” (Gv. 2,5).

Molfetta e l’intera Diocesi è conosciuta anche per l’episcopato del Servo di Dio Mons. Antonio Bello per il quale Papa Francesco è venuto sui suoi passi nel 2018. Quale il Suo ricordo e il Suo pensiero su don Tonino e lo stile di Chiesa da lui proposto e incarnato?
Rileggendo l’omelia di Papa Francesco nella S. Messa celebrata a Molfetta nel 25° anniversario della morte del Servo di Dio Mons. Antonio Bello, mi ha colpito questa provocazione: «Sarebbe bello che in questa diocesi di Don Tonino Bello ci fosse questo avviso, alla porta delle chiese, perché sia letto da tutti: “Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri”. Don Tonino ha vissuto così: tra voi è stato un Vescovo-servo, un Pastore fattosi popolo, che davanti al Tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente».
Non so se le parrocchie della Diocesi abbiano realmente affisso questo messaggio sulle loro bacheche, ma sono certo che questa Chiesa locale non potrà più prescindere dallo stile che Mons. Bello le ha impresso. Personalmente non l’ho conosciuto, ma ho letto molto di lui, a partire da quell’immagine della “Chiesa del grembiule”, che ha segnato profondamente i miei primi anni di sacerdozio. Torno sempre volentieri e con grande frutto spirituale ai suoi scritti. Vorrei ricordare in particolare, visto che stiamo facendo un discorso mariano, il bellissimo: Maria, donna dei nostri giorni. Mi affascina di lui lo stile, la curatissima ed elegante forma letteraria, ma soprattutto il suo messaggio, vissuto prima di essere impresso sulla carta: l’amore sconfinato per Cristo e per Maria Ss.ma; l’impegno quotidiano a conformarsi pienamente alla volontà di Dio; le continue esortazioni alla fraternità universale, alla ricerca del dialogo con tutti, alla preferenza per i poveri, al desiderio ardente della pace. Sono stato molto contento di aver potuto pregare sulla sua tomba nel dicembre 2017.

La Segreteria di Stato è il Dicastero della Curia Romana che più da vicino coadiuva il Sommo Pontefice nell’esercizio della sua suprema missione (Pastor Bonus, art. 39). Quale segno sta lasciando nella Sua vita umana e sacerdotale la collaborazione stretta con Papa Francesco?
Credo siano evidenti le convergenze tra Mons. Bello e Papa Francesco, non solo nello stile di vita essenziale e sobrio, ma soprattutto nella sintonia sulle priorità che devono segnare la vita della Chiesa. Ne ho richiamate alcune nella precedente risposta. Coadiuvare da vicino il Papa nella sua suprema missione comporta innanzitutto cercare di tradurre in atto tali sue indicazioni e direttive. Questo lo facciamo principalmente grazie alle Rappresentanze Pontificie, che la Segreteria di Stato ha il compito di coordinare, nel duplice versante della loro funzione, quello dei rapporti con le Chiese locali e quello delle relazioni con le Autorità politiche dei singoli Paesi o le Organizzazioni Internazionali. E cerchiamo di farlo con competenza, fedeltà e amore. A livello più strettamente personale, mi piace evidenziare i seguenti aspetti della collaborazione con il Santo Padre che hanno arricchito la mia esperienza umana e sacerdotale: l’esigenza per chi è Pastore nella Chiesa o occupa posizioni di particolare responsabilità di dare sempre e dovunque una testimonianza coerente e credibile; l’attenzione e la vicinanza fraterne e concrete a tutte le persone, in primo luogo a coloro che soffrono, e ai confratelli sacerdoti; la pazienza di accettare le sofferenze della vita, le contraddizioni e le critiche ingiuste senza drammatizzare, ma trasformandole piuttosto in cammino di santificazione; la capacità di maturare le scelte nel discernimento e nella preghiera.

Sono purtroppo evidenti, anche sui media, i contrasti nella comunità ecclesiale tra le cosiddette anime conservatrice e progressista, con toni molto pesanti sul ministero petrino di Papa Francesco. Qual è il punto di divergenza e quale deve essere quello di convergenza verso cui impegnarsi?
Sì, anche nella Chiesa esistono purtroppo contrasti, che i media, da parte loro, spesso sono tentati ad estremizzare. Pure la figura del Papa è coinvolta in questa dinamica, che sinceramente mi preoccupa. Non dobbiamo dimenticare tuttavia – proprio per non drammatizzare come dicevo prima – che fenomeni simili, di divisione e di contrapposizione, sono sempre esistiti nella Chiesa, in forme anche aggressive, e sono oggi probabilmente ulteriormente acutizzati dalla tendenza generalizzata alla “polarizzazione”. In questo contesto, siamo tutti chiamati a pregare intensamente e a lavorare seriamente e senza sosta per l’unità della Chiesa, che non è uniformità, ma, come direbbe don Tonino Bello “convivialità delle differenze”. Trovo che il mio servizio alla Chiesa universale nella Santa Sede mi ha aiutato a conoscere e ad apprezzare che la realtà ecclesiale, che abbraccia il mondo intero, comprende una stupenda varietà di culture, tradizioni, pensieri, modi di espressione chiamati ad entrare in dialogo e ad arricchirsi reciprocamente. Vale qui la formula che Papa Giovanni XXIII utilizzò nella sua prima Enciclica: «In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas» (unità nelle cose necessarie, libertà in quelle dubbie, carità in tutte).
Direi che due atteggiamenti possono contribuire a superare i contrasti di cui stiamo parlando: la disponibilità ad ascoltare veramente gli altri (oggi purtroppo si ascolta soltanto sé stessi o quelli che confermano le nostre convinzioni) e una grande umiltà. L’atteggiamento di maggiore umiltà costituisce la vera forza della Chiesa e deve diventare il punto di incontro di tutti.
Il nostro grazie affettuoso e riconoscente a Sua Eminenza per la disponibilità ad interloquire, tramite il nostro Settimanale, ma soprattutto per il delicato ministero che è chiamato a ricoprire. Assicuriamo la preghiera e l’impegno, ciascuno nel proprio ruolo e condizione, per il bene di tutti, a partire dai più deboli. Grazie!

a cura di Luigi Sparapano
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