Cosa diciamo e chiediamo noi giovani alla Chiesa

Editoriale n. 9 del 3 marzo 2019

Sfatiamo un mito: non vogliamo fare molte più cose, più eventi; non vogliamo una Chiesa alternativa e parallela, più “divertente” e “cool”. A Panama il Santo Padre, rivolgendosi proprio ai giovani, ha detto: “Come se questo potesse lasciarvi contenti. Pensare così sarebbe mancare di rispetto a voi e a tutto quello che lo Spirito attraverso di voi ci sta dicendo”.
Niente di più vero.
Cari sacerdoti, cari educatori, cari genitori, cari accompagnatori… resistete alla tentazione di considerarci incapaci di scelte forti, non più disposti a sognare in grande, indotti ormai a giocare solo a ribasso.
Siamo giovani in un mondo in cui precario non è più solo il lavoro, che celebra la prepotenza e la prevaricazione come vie sicure per il successo, che relativizza e svuota valori e ideali, che si abitua alle ingiustizie sociali, che non sa più distinguere reale da virtuale.
In questo mondo che non abbiamo scelto, chiediamo solo di essere riconosciuti, ascoltati, accompagnati.
Agli adulti chiediamo di essere adulti, ai sacerdoti di essere sacerdoti, ai genitori di essere genitori…
Al paradigma dell’uomo che non ha mai sbagliato, preferiamo chi nelle sue fragilità, nei suoi errori, testimonia la bellezza della Vita così com’è.
Non ci attraggono uomini perfetti, ma uomini felici.
Non sostituitevi a noi: rischieremmo di sgomitare ed entrare in competizione. La nostra potenzialità, la nostra forza, il nostro entusiasmo diverrebbero un’esplosione incontrollata fino a sfociare in conseguenze drammatiche.
Invece, amateci; incondizionatamente. Abbiate a cuore la nostra storia, il nostro presente e il nostro futuro. Desideriamo diventare adulti e dare voce ai nostri sogni, sentirci responsabili insieme a voi di questo mondo, riconoscerci in una comunità per imparare a prendercene cura; ma questo non può accadere se, pur involontariamente, ci fate sentire il peso della nostra inesperienza, inadeguatezza e inutilità. Aiutateci, piuttosto, ad attivare relazioni e dinamiche positive tra le nostre generazioni; rimettiamoci in dialogo.
Vogliate bene a tutti i giovani e, soprattutto, vogliate il nostro bene. Siate accanto a noi mentre conosciamo la vita: in ogni circostanza non costruite per noi la strada che credete opportuna, ma camminate con noi mentre, giorno dopo giorno, si rivela la nostra strada; camminate a fianco a noi, come Gesù con i discepoli di Emmaus.
Non camminate né davanti, né dietro. Accanto. Anche quando siamo scoraggiati, anche quando vi provochiamo e siamo ostili, scomodi. “Percorrere insieme la stessa strada. Questo è il significato della parola sinodo.” (don Rossano Sala).
Non cercate parole sapienti da insegnare, ma offriteci stimoli per le nostre vite. Educateci, suscitate in noi nuove speranze che non sappiamo più coltivare. Guidateci con gradualità, schiettezza, pazienza, e soprattutto con libertà. Fate anche voi di questo accompagnamento una “collocazione provvisoria”, perché non vogliamo essere né un trofeo né una sconfitta personale. Siate per noi come il sicomoro che permette a Zaccheo di incontrare Gesù.
Abbiate a cuore la nostra Santità, credete insieme a noi che ogni giovane, anche il più impensabile, è capace di stupore, è capace di sognare, è chiamato alla Santità: siamo un terreno fertile in cui è sempre possibile seminare e siamo tutti seminatori nel cuore di un giovane. L’accompagnamento spirituale non abbia la pretesa di raccogliere subito i frutti di questa semina, né sia la risposta da manuale su cui dibattere durante conferenze, incontri, convegni…
Sia invece sempre di più il concretizzarsi della cura che avete per le nostre anime.

Valentina de Tullio – cooperatrice salesiana