Luce e Vita

Ditelo con un fiore. Videorassegna del settimanale

Editoriale n.10 dell'8 marzo 2020

Mi sono sempre chiesta perché il fiore simbolo della donna sia la mimosa. Forse perché, banalmente, fiorisce nel mese in cui si celebra la sua giornata, è stata la risposta. Ma questa spiegazione non mi ha soddisfatto.
Mi piace invece pensare che l’associazione con la donna risieda nelle note caratteristiche del fiore, in particolare il suo colore. Ad una campagna rattristata da «stecchite piante [che] di nere trame segnano il sereno», questo fragile fiore generosamente dona gioia e allegria con la prorompente vitalità del suo colore e il delicato profumo che vi sparge intorno, in un atteggiamento di pietas che fa risuonare le dolci parole del poeta «di selve odorate/ queste campagne dispogliate adorni».
Il giallo, colore che rimanda alla radiosità che risveglia e dà calore, diventa allora il filo di Arianna che mi conduce nelle stanze della mia sopita memoria letteraria, risvegliando immagini e parole. Dalla prima stanza affiora il giallo dei limoni montaliani. In una grigia giornata invernale da un malchiuso portone, tra gli alberi di un cortile, si mostrano al poeta «i gialli dei limoni». Quel colore così vivo si carica di simbolici e arcani messaggi e quella visione assume i contorni di un’epifania, la rivelazione di una verità ultima oltre l’apparenza delle cose, della presenza
del divino nella natura. Il giallo dei limoni ha proprietà prodigiose, le stesse che il Sommo poeta attribuisce
alla donna da lui cantata e celebrata: «e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare».
Nel passaggio alla seconda stanza, al giallo della prima immagine si sovrappone, come in un gioco di dissolvenza, quello della leopardiana ginestra, il fiore del deserto. Nelle qualità che il poeta attribuisce al fiore si condensa, a mio avviso, la quintessenza della donna.
L’esile pianta, di fronte alla lava che minaccia di distruggerla, riconosce la propria fragilità, ma l’imminente sconfitta non cancella la sua dignità: la ginestra, saggiamente, non piega il capo a supplicare l’oppressore, né lo solleva con folle orgoglio per uguagliarsi al cielo.
Nell’atteggiamento saggio e nobile della ginestra riconosco la debole/forza delle donne: «quando sono debole è allora che sono forte». Non solo: il fiore del deserto sa anche che l’unica speranza di sopravvivenza risiede nella social catena, cioè nella solidarietà tra gli uomini.
Ecco, di fronte ad un mondo sempre più segnato da sopraffazione e odio, violenza e distruzione, guardo
alla donna come all’alfiere che si fa strada tra gli oricalchi impugnando il vessillo di ideali e valori in controtendenza, così ben rappresentati dal suo fiore simbolo: la pietà, la generosità, la gioia, l’umiltà, la saggezza, la leggerezza che, come ci insegna Calvino, non è superficialità, e, infine, ma direi soprattutto, la gentilezza che è un tutt’uno con l’amore, come ancora ci ricorda il Sommo poeta: «Amore e ‘l cor gentil sono una cosa».

Anna Piscitelli