Don Tonino: il dono della sua presenza continui a generare speranza nella vita

di Angela Paparella

don tonino bello

20 aprile. È trascorso un anno, siamo giunti ad un altro anniversario. L’anno passato, il venticinquesimo dalla morte di don Tonino, è stato l’anno delle celebrazioni, culminato con la visita del Papa. Cosa è rimasto? Penso in particolare a quelli di noi che hanno avuto il privilegio di vivere pienamente, trent’anni fa, da adulti o da giovani, quella stagione così bella, appassionante e profetica per la nostra Chiesa locale. Sono convinta che portiamo indelebili nel cuore i segni di quell’esperienza, così come credo che ciascuno, nella propria vita, abbia fatto tesoro e abbia provato a far fruttificare in vario modo e per strade diverse, nelle scelte personali e nel servizio, ciò che, grazie a quel vissuto, gli è germogliato dentro. Certamente ciascuno ha provato a vivere la sequela di Cristo e si è sforzato, in qualche modo, di declinarla sul passo degli ultimi. Eppure, l’impressione generale, anche confrontandomi con alcuni amici, è che tanti di noi sono attualmente battitori liberi, spesso autoreferenziali, cui manca quel legame forte con la Chiesa locale, quell’impegno a servirla INSIEME, che è stata la cifra costitutiva dell’esperienza di trent’anni fa. Allora qualcuno ci invitò e creò occasioni concrete, luoghi deputati perché progettassimo, costruissimo e crescessimo INSIEME.
Oggi molti di noi manifestano remore, resistenze e disagio in questo senso.
Alcuni non hanno gradito tante delle manifestazioni celebrative per don Tonino, altri sentono la difficoltà a preservarne e promuoverne correttamente la memoria, contrastando pericolose derive. Proliferano infatti iniziative, pubblicazioni, blog, eventi, in cui la mitizzazione del Vescovo degli ultimi o, peggio, la diffusione di suoi messaggi adattati e stravolti per ogni occasione, le citazioni approssimate, sbagliate o addirittura inventate, non rendono un servizio né allo spessore, né alla complessità dell’insegnamento di don Tonino e, se vogliamo, neppure al processo di canonizzazione in atto. Dunque la questione è: come pensiamo di salvaguardare la memoria di quello che abbiamo visto ed udito trent’anni fa e onorare l’importante eredità ricevuta? A chi tocca ripristinare un uso deontologicamente corretto del nome di don Tonino? Chi deve vigilare, difenderne la memoria, per altro ottimamente registrata nei suoi scritti? Come e quando educarci prima di tutto noi, persone della sua diocesi, al rispetto e al pudore e non all’abuso del nome di don Tonino, magari leggendolo meglio e di più e citandolo di meno?
L’altro punto è onorarne oggi l’eredità ricevuta. Anche qui, siamo chiamati a fare delle scelte di stile e di prassi, nel segno della concretezza. Che direzione prendere? I monumenti, le croci, le statue, gli eventi, le inaugurazioni da un lato. Dall’altro il lavoro silenzioso, quotidiano, la sfida del cambiamento della mentalità corrente, l’attenzione ai problemi del nostro tempo, la cura delle opere segno, la sperimentazione di nuove forme di impegno gratuito a servizio degli altri (vedi il Social Market Solidale).
Sarebbe bello rivederci e parlarne, noi attivamente presenti trent’anni fa, ripartendo dalla responsabilità comune di una eredità ricevuta, non per elezione, ma perché circostanze fortunate ci hanno permesso di fare un incontro importante e di vivere dieci anni unici, di apprendimento e sperimentazione di una Chiesa col grembiule. Una responsabilità il cui carico esige una restituzione a chi quella stagione non l’ha vissuta, non solo in termini di racconti e ricordi e non solo a livello personale. Sarebbe bello insomma provare a ri-progettare INSIEME un contributo a questa Chiesa locale, a questo territorio, alle nostre quattro città, che renda viva, attiva, feconda quella memoria, di cui siamo testimoni e custodi forse indegni ma preziosi, per ricordare uno stile, operare delle possibili scelte ed individuare strade percorribili sui versanti della cultura, della carità, della promozione umana, affinché quei dieci anni continuino a portare frutto, nella incessante traduzione del Vangelo.

@ Luce e Vita, n. 16 del 21 aprile 2019