Due statue di Arcangelo Testa nella chiesa del Purgatorio

di Francesco de Nicolo

Quando pensiamo al patrimonio artistico scultoreo custodito nella chiesa di S. Maria Consolatrice degli afflitti di Molfetta, da tutti nota come chiesa del Purgatorio, subito ci vengono in mente le pregevoli statue in cartapesta che il maestro Giulio Cozzoli (1882-1957), a più riprese, scolpì per le processioni del Venerdì di Passione e del Sabato Santo. Tuttavia, nella chiesa del Purgatorio sono custodite altre opere scultoree degne di attenzione, come un bel Crocifisso del XVIII sec. (in sacrestia), un Gesù Bambino del 1769 dello scultore napoletano Michele Giordano, un Angelo custode marmoreo e le statue raffiguranti S. Gaetano da Thiene e S. Benedetto. Si tratta di due pregevoli statue del XIX sec., della tipologia del “manichino vestito”, poste dentro due scarabattoli angolari nella cappella di sinistra dedicata a S. Gaetano da Thiene, di antico patronato della famiglia Lupis.
L’avanzamento degli studi sulla scultura lignea dell’Ottocento ci permette oggi di poter attribuire con sicurezza i due simulacri all’ancora poco noto, ma assai prolifico e apprezzabile, scultore napoletano Arcangelo Testa (notizie 1803-1855). Siamo di fronte ad una delle maggiori personalità dell’arte della scultura lignea napoletana della prima metà del XIX sec., che dovette contendere, a testa alta diremmo, numerose commissioni all’ormai nota bottega dei fratelli Francesco e Giuseppe Verzella. 
L’attribuzione delle due statue di S. Gaetano e S. Benedetto al Testa si basa sulla comparazione stilistica con alcuni simulacri autografi dello scultore napoletano, in particolar modo con le statue che si venerano in Capitanata, provincia settentrionale della Puglia in cui, allo stato attuale delle acquisizioni, sembrerebbe che la competizione tra gli scultori Testa e Verzella sia stata vinta dal primo. 
Il “manichino vestito” raffigurante S. Gaetano da Thiene (a sinistra) reca in mano un libro aperto sul quale è vergato il versetto evangelico «servate et facite» (Mt 23,3), divenuto uno dei motti dei Teatini. Relativamente all’attribuzione, proponiamo il confronto con la statua di San Severo vescovo (1834) venerata nella Cattedrale nella cittadina foggiana di San Severo, che ci pare accostabile per i caratteri fisionomici del volto come gli zigomi pronunciati, la bocca schiusa, le sopracciglia e il taglio degli occhi. 
Anche il S. Benedetto (a destra) si presta ad essere confrontato con altre statue certe del Testa, in particolar modo con il volto e la folta barba del S. Antonio Abate (1836) della omonima chiesa di San Severo e con il Padre Eterno della macchina della Trinità (1835) della chiesa di S. Rocco a Foggia. L’immagine di S. Benedetto richiama, inoltre, l’omologa statua (1841) venerata nella chiesa di S. Lorenzo a San Severo, per la cui realizzazione le fonti storiografiche dell’epoca riportano che lo scultore Testa dovette ispirarsi ad un ritratto del santo custodito nell’abazia di Montecassino. 
La nostra statua di S. Benedetto è completata dagli attributi iconografici: il pastorale e la mitria, simboli della dignità abbaziale che Benedetto ricoprì a Montecassino; il libro, che rimanda alla nota regola monastica dell’ora et labora; il corvo con una pagnotta nel becco, che rievoca il miracoloso salvataggio del santo da parte di un corvo che gli strappò di mano del pane avvelenato.
Le statue di S. Gaetano e S. Benedetto, scolpite probabilmente negli anni ’30 del XIX sec., furono forse commissionate al Testa dai nobili Lupis, famiglia che nutriva, sin dal Settecento, una profonda devozione per il santo teatino.
Le due statue costituiscono ad oggi, oltre al S. Giorgio (1833) di Locorotondo, le prime testimonianze della presenza e apprezzamento di Arcangelo Testa in Terra di Bari. Una presenza che, e ne siamo profondamente convinti, le nuove ricerche e studi dimostreranno essere molto più consistente di quanto si possa oggi pensare. Nuove attribuzioni e acquisizioni, a cominciare dalla nostra Diocesi, ci permetteranno, tra non molto, di tornare a soffermarci su questo sconosciuto scultore napoletano.