Elezioni regionali, una vittoria per tutti

di Onofrio Losito

«É stata una vittoria netta! Abbiamo tenuto, anzi incrementato la nostra presenza. Abbiamo mostrato che esiste un’altra strada…».
Sono solo alcune delle affermazioni ascoltate, come nenia, da politici di tutti gli schieramenti a conclusione delle ultime elezioni regionali. Queste, pare, abbiano soddisfatto un po’ tutti i partiti, nessuno che abbia perso. Anche il fatto obiettivo che tutti quanti abbiano perso voti, visto il numero di astensioni, viene nascosto, presentando soltanto le percentuali e ragionando unicamente su di esse. 
Si dirà che l’astensionismo va considerato, ormai, un dato fisiologico. Eppure, l’affluenza alle urne nel nostro Paese, pur in costante diminuzione negli anni, è sempre stata piuttosto alta. Alle politiche del 2008 superava l’80% e in quelle del 2013 si attestava sul 75%. Nelle Regionali, l’affluenza era stata, solo cinque anni fa, del 64%. Ora, poco più del 50% si è recato alle urne (51,16% per la Puglia).
Si tratta indubbiamente di un crollo. 
Se si mettono a confronto i dati delle Comunali con quelli delle elezioni regionali ci si rende conto che la partecipazione a queste ultime è molto più bassa. In dettaglio: a Molfetta ha votato il 39,46% degli elettori, a Ruvo il 48%, a Giovinazzo il 47,1%, a Terlizzi il 46%. Appare chiaro come la Regione sia percepita oggi come qualcosa di estraneo ai cittadini e il crescente distacco è stato confermato da questa tornata elettorale. 
Vi è anche un secondo punto che potrebbe spiegare l’astensione e cioè il venir meno della tensione ideologica che aveva contraddistinto il sistema dei partiti, proprio della Prima e della Seconda Repubblica: nella Prima si votava per o contro il Comunismo, nella Seconda per o contro Berlusconi. 
Nel primo caso ci si trovava in un contesto di contrapposizione ideologica, nel secondo aveva già preso il sopravvento la personalizzazione della politica. Dalla democrazia della rappresentazione ideologica si passa alla democrazia del pubblico, in cui i rappresentanti sono “eletti in base all’immagine”. 
Ed oggi per cosa si vota? E per chi si vota? 
Questo è il problema: tanto le ideologie, quanto i leaders, sono ormai opacizzati nel nostro Paese. Se consideriamo come contesto sociale quello di una crisi economica che dura da anni e che, oltre ad aver sfiancato tutti i cittadini, ha indotto una sorta di disillusione sulle reali possibilità di ripresa ed una grande sfiducia verso la politica, appare più comprensibile la chiusura, il rifiuto di dare fiducia alla politica attraverso l’elezione dei suoi rappresentanti. 
Purtroppo non giova alla partecipazione al voto nemmeno quel ricambio generazionale, tanto decantato, che in queste elezioni, anche nel nostro territorio diocesano, non ha visto praticamente alcuna novità. Politici di lungo corso spostati di qua e di là, a chiederci l’ennesimo consenso sulla base di un programma impercettibile, sulla fiducia. 
In Puglia era chiaro da mesi, e ancor di più nelle ultime settimane, che le elezioni regionali le avrebbe vinte Michele Emiliano (47% delle preferenze), anche grazie alla sfida, interna al centro-destra, tra Francesco Schittulli e Adriana Poli Bortone (rispettivamente con il 18,3% ed il 14,4% delle preferenze). Il risultato del Movimento 5 Stelle, caratterizzato dal 18,5% di preferenze alla candidata presidente, ed il 16,4% alla lista, risulta, grosso modo, nella media delle sette regioni andate al voto, ottenendo così, anche in Puglia, ben sette rappresentanti in consiglio regionale. 
Unico eletto della nostra diocesi, e presente nel nuovo consiglio regionale per la terza volta, risulta essere Guglielmo Minervini che in questa tornata si è presentato nella lista Sinistra per la Puglia. 
Ai neo eletti consiglieri auguriamo di essere fedeli ed onesti servitori del bene comune, mettendo sopratutto l’interesse della collettività e dei bisognosi al primo posto.
Non possiamo però non sollecitare ancora una volta la partecipazione attiva di tutti i cittadini alla vita politica, importante palestra per prepararsi a quel ricambio politico auspicato. Non ci si può limitare alla sola valutazione critica, occorre rimboccarsi le maniche ed operare in prima persona attraverso una partecipazione politica concreta. Nessun cambiamento può realizzarsi se si continuano a fare e pensare sempre le stesse cose.