La pedagogia della comunicazione

Editoriale n. 4 del 28 gennaio 2018

di Luigi Sparapano

 

É solo qualcosa quanto scritto in questo numero a proposito dello stile comunicativo di don Tonino Bello. Comunicatore per definizione. Molto di più si è detto nel convegno del 24 gennaio, ma la gran parte delle considerazioni rimangono custodite nei cuori, affidate ai ricordi, racchiuse negli scritti e nei documenti multimediali disponibili in rete. Non mancano studi scientifici e tesi universitarie che propongono letture più puntuali e metodiche.
Era doveroso, nel cammino verso il 25° dies natalis, soffermarsi su questo aspetto e farlo nell’anno in cui la Chiesa cammina verso il Sinodo dei Giovani, quale contributo di riflessione e occasione per rivedere i nostri moduli comunicativi attingendo alla straordinaria testimonianza di don Tonino. “Di lui – ripete spesso il nostro Vescovo Domenico – dobbiamo farci imitatori”. Purtroppo però capita sempre più spesso, più o meno intenzionalmente, di appuntarcelo come fiore all’occhiello o, peggio ancora, di brandire le sue parole contro questo o quello e cedere alla nostalgica tentazione di farne un mito.
Egli vorrà perdonare la nostra miseria!
Proprio sul piano comunicativo don Tonino può offrire notevoli spunti specialmente a coloro che hanno compiti educativi e di evangelizzazione, preti e laici, perchè ci si alleni a nuovi moduli, ci si riappropri di una comunicazione che dica la vita, narrandone le sue trame. Chissà quale uso avrebbe fatto don Tonino dei moderni territori digitali. Di certo non avrebbe mancato a quelli che possiamo considerare alcuni criteri irrinunciabili della sua pedagogia comunicativa, di cui da queste colonne abbiamo già parlato in precedenti circostanze.
Intanto il linguaggio della ferialità, ovvero la sua capacità di eliminare la sovrastruttura del ruolo, che spesso rende opaco il dialogo; o, se vogliamo, la ferialità del linguaggio, cioè la capacità di dialogare con tutti allo stesso modo. Questa sua peculiare caratteristica, che vediamo incalzante in Papa Francesco, ha fatto di lui un comunicatore efficace, quindi un ottimo educatore, che ancora oggi fa presa sui giovani.
L’attenzione al volto dell’altro, in una relazione personalissima riservata a ciascuno che incontrasse, anche non frequentemente, evidenziando quell’etica del volto, ispirata a Lévinas, secondo la quale l’altro è un volto da scoprire, contemplare, accarezzare. Una comunicazione che partiva dallo sguardo, mai distratto o casuale, dalle storie personali, dai gesti delicati e sensati, mai di circostanza, per approdare alla parola umanizzata e umanizzante, al punto che chiunque sia stato incrociato da quello sguardo può a ragione vantare quasi un rapporto esclusivo e privilegiato vissuto con don Tonino.
Non è automatica nè spontanea la costruzione di un clima dialogico, inteso non come parole da dire, ma un dire tra le parole, tra i parlanti, anche quando non si condividono le stesse idee. Don Tonino non ha mai preteso di sapere più degli altri. Si è posto in ascolto attivo accogliendo anche opinioni divergenti, non mancando però di dare conferme o smentite. Ha saputo cioè creare quel circolo dialogico, specie con i giovani, non cedendo a pregiudizi e senza annullare la asimmetria educativa, anzi favorendo quella che Gadamer ha definito una “fusione di orizzonti”.
E si riferiva a un altro grande pedagogista del Novecento, Paulo Freire, quando don Tonino poneva una chiara intenzionalità educativa nel suo comunicare, quando esercitava il suo fascino oratorio per denunciare apertamente quei processi di “disumanizzazione” che sapeva leggere nelle storie, nelle vicende, nei fenomeni, senza cedere a populismo e demagogia.
Infine, il tratto della comunicazione assertiva, cioè di una testimonianza personale significativa, rendeva chiaro il senso delle cose e la via da seguire. La sua testimonianza rendeva significativa la sua parola. La sua parola aveva lo spessore dell’azione. Creduto perchè credibile, quindi realmente credente.
Uno stile comunicativo del pedagogo per eccellenza, Gesù Cristo, che possiamo racchiudere nell’icona della lavanda dei piedi, spesso da lui commentata e incarnata: si alzò da tavola (perchè la tavola eucaristica era il suo punto di partenza e di arrivo), depose le vesti (i segni del potere, per assumere il potere dei segni), si cinse l’asciugatoio e cominciò a lavare i piedi (lo fece lui materialmente e lo fanno oggi, non senza fatica, le opere da lui istituite).
«La verità vi farà liberi». Notizie false e giornalismo di pace. Il tema della prossima giornata delle comunicazioni sociali trova in don Tonino efficaci criteri per ricalibrare il nostro modo di comunicare.