Luce e Vita - Spiritualità

Liturgia di domenica 26 luglio 2020: il tesoro nascosto e la perla preziosa

di Giovanni Capurso

Bottega fassana (ante 1980), Parabola del mercante di pietre preziose

Matteo 13,44-45

44 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 45 Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46 trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Potrebbe sembrare blasfemo, ma leggendo le due parabole del Vangelo di questa domenica mi viene da pensare che Cristo ci voglia dire che il Regno dei Cieli non è il regno dell’aldilà, ma un regno dell’aldiqua: è quello degli incroci, spesso inaspettati, che fanno scoprire ciò per cui vale la pena vivere. Potremmo elencare tante cose che possono dare un senso pieno alla nostra esistenza: la gioia della nascita di un figlio, la scoperta della vocazione lavorativa…

Cosa accade, dunque, quando avviene questo incontro? E, poi, cosa è per noi importante?
Per rispondere a queste domanda Gesù, come suo solito, ci offre delle immagini concrete. Paragona il Regno dei Cieli al ritrovamento di un tesoro in un campo da parte di un contadino o di una perla preziosa per un mercante. Quindi ci sono due i modi per fare questo incontro: uno, casuale, quello del contadino; l’altro, voluto, quello del mercante. Anche in questo caso potremmo fare degli esempi: la lezione di un insegnante che può far capire ad un allievo la strada da seguire o la gratificazione ottenuta per un estenuante lavoro (pensiamo a un ricercatore nell’ambito scientifico!). Ma il risultato è lo stesso: l’avvento dell’incontro che fa esplodere il cuore, che trapassa di gioia l’anima. Così l’eccezionalità dell’evento ti porta a vendere tutto, come nel primo caso, o a rinunciare ai propri averi, come nel secondo.

Attenzione! Qui emerge tutto il radicalismo del Vangelo, ma non come una richiesta o addirittura un’imposizione, piuttosto come il riconoscimento interiore di un qualcosa che dà senso alla propria vita. Come dice un filosofo non certo cristiano Friedrich Nietzsche e, poi ripreso più volte dal fondatore della logoterapia Viktor Frankl, «chi ha un perché nella vita sopporta quasi ogni come».

La provocazione più forte del passo evangelico è che il Regno dei Cieli non va inteso come uno sterile dovere, ma dovrebbe risvegliare entusiasmo al punto da difenderlo con le unghie e con i denti. Lo ripeto: il contadino “vende tutti i suoi averi […] e compra quel campo” e il mercante fa una cosa simile. Il tesoro viene difeso da ogni minaccia perché è importante, è tutto. Direi, quindi, un incoraggiamento molto forte per il cristiano sonnacchioso di oggi.

Giovanni Capurso