Luce e Vita

Natale al centro del Natale

Editoriale del 15 dicembre 2019

Admirabile signum. Che vuol dire?
Me lo domando mentre attraverso un plotone di scaffali stracarichi di merce natalizia in un centro commerciale. Non manca nulla. Fra i luccichii mi sovviene pure la proiezione, stasera, di quei giochi di luce sul Natale. Ma devo ancora fare il presepe. Mi ricorda l’infanzia, i nonni. E quella loro inarrivabile devozione mentre si accingevano a baciare il Bambinello prima di riporlo nella mangiatoia.
Chissà, forse anche Papa Francesco avrà ammirato tanta pietà popolare nei suoi nonni, penso a nonna Rosa di cui ha spesso raccontato.
Via dal centro commerciale corro a fare il presepe. Lascio che prevalga il fascino dell’idea originale che san Francesco ebbe a Greccio nel 1223 di «vedere con gli occhi del corpo – scrivono le fonti riprese anche da Papa Francesco – il Bambino nato a Betlemme, i disagi di quel neonato e come giaceva sul fieno fra il bue e l’asinello». Non fu un presepe di statuine. Ah, già: me ne hanno regalate alcune nuove fra cui c’è pure Cannavacciuolo. Ma potrò metterlo?
Poi il sacerdote, prosegue il Papa, «celebrò solennemente l’Eucaristia sulla mangiatoia e uno dei presenti (scrive ancora Papa Bergoglio affidandosi al biografo francescano per eccellenza, Tommaso da Celano) ebbe una visione meravigliosa e vide giacere nella mangiatoia Gesù bambino stesso».
Ammirabile segno. Allora comprendo che la storia del presepe e il ricordo dei miei nonni mentre baciavano il bambinello non è solo questione di nostalgia. Se fosse così sarebbe addirittura quasi un fardello insopportabile. Per quell’effetto di trattenerci tristemente soltanto ancorati al passato. No: è, piuttosto, questione di tenerezza, la tenerezza dell’incarnazione di Dio. «Il presepe ci commuove perché manifesta ilCrea-
tore dell’universo che si abbassa alla nostra piccolezza». Così Francesco nella lettera sul presepe.
Non strumentalizzare la lettera, la raccomandazione filtrata del resto dagli ambienti vaticani proprio nel giorno della sua presentazione. E, in fondo, le polemiche sul presepe come simbolo di difesa dell’identità religiosa appaiono oggi non solo stantie ma anche inutili. Al massimo animano qualche discussione (grondante di retorica) ma onestamente a dir poco faticano a spalancare il mistero del Dio bambino.
Il pericolo più grave, in definitiva, è un altro, sembra ricordarci Papa Francesco. Un pericolo che ci ritrova tragicamente uniti, e non divisi, nella nostra fragile condizione umana. è la sostituzione del Dio-Denaro al Dio-Bambino. Del resto, per tornare alla questione della nostalgia, è piuttosto la tenerezza dell’incarnazione il tema che sconvolge anche chi non crede. Spiazza la prospettiva di Dio che prende la carne di un bambino. Possibile, potremmo chiederci fino a commuoverci insieme a qualche amico lontano dalla fede, che Dio soffra, rida e speri come un uomo, come me, come noi? Allora d’accordo: farò spazio anche a Cannavacciuolo nel mio presepe. A Betlemme un cuoco stellato ci sarà pure stato.
Del divertente fenomeno dei bimbi e dei grandi che amano aggiungere altri personaggi, che nulla sembra abbiano a che fare con i racconti evangelici, parla anche Francesco notando che «tale immaginazione intende esprimere come, in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù, ci sia spazio per ogni creatura». E prosegue: «non è importante come si allestisce il presepe, può essere sempre uguale o modificarsi ogni anno; ciò che conta, è che esso parli alla nostra vita».
Ecco il punto. Il rischio è, per assurdo, di ritrovarsi ad affollare i nostri presepi di personaggi finendo per ribaltare le prospettive.
E così il grande protagonista si ritrova a essere il grande dimenticato. «Il cuore del presepe palpita quando a Natale deponiamo la statuina di Gesù bambino», vogliamo forse ignorare che Francesco scrive anche questo?
E allora va bene tutto (insisto: anche quel simpaticone di Cannavacciuolo) però non ci sfugga, magari nella ricerca della statuina più alla moda – che il punto di partenza (e lo è anche della lettera sul presepe) è il mistero dell’incarnazione. Così l’unico personaggio a cui dovremmo preoccuparci di dar risalto, baciandolo con devozione come facevano i nostri nonni, è solo lui: Gesù Bambino.

Nicola Ferrante
giornalista TV2000