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Open Arms: “La situazione a bordo è drammatica, non si può aspettare un minuto in più”

di M. Chiara Biagioni

Open Arms (foto A. Mallardo)

“Sono salito a bordo della Open Arms la scorsa settimana. Erano lì da sette giorni e le condizioni già allora erano drammatiche. Non credo che ad oggi quelle persone possano aspettare un minuto in più”. E’ un appello quasi disperato a fare presto, quello lanciato da Alberto Mallardo, referente delle Chiese evangeliche in Italia a Lampedusa nell’ambito del progetto “Mewditerranean Hope”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, Mallardo racconta la situazione a bordo della Open Arms, l’imbarcazione che dopo 14 giorni si trova ancora nelle acque di Lampedusa con oltre 130 migranti a bordo, minori, donne e di nazionalità diverse. Nella ultime ore si è resa necessaria l’evacuazione urgente di 13 persone per motivi medici.
“La situazione a bordo si sta deteriorando giorno dopo giorno”, conferma da Lampedusa Mallardo. “Le condizioni psicologiche delle persone salvate da Open Arms peggiorano di ora in ora. Ho avuto l’opportunità la scorsa settimana di salire a bordo per portare rifornimenti e viveri insieme a Richard Gere e già allora trovammo una condizione psicologica degli ospiti a bordo molto precaria: sono stanchi, depressi, non capiscono – nonostante gli si sia stato spiegato – perché sono costretti ad aspettare e questo stato è testimoniato anche dalle relazioni psicologiche fatte da Emergency e dai medici che in queste ore stanno pian piano evacuando piccoli gruppi di persone”. A livello politico c’è una situazione di stallo. “Hanno avuto l’autorizzazione ad entrare nelle acque territoriali per consentire immediate cure ai casi più vulnerabili”, spiega Mallardo, “ma tutte le persone a bordo sono in una situazione di vulnerabilità. Ciò nonostante non arriva ancora l’autorizzazione a sbarcare”. Insomma, incalza l’operatore, non c’è più tempo da perdere. “Se la situazione dovesse continuare ancora solo per qualche ora o qualche giorno, è una tortura. Le persone a bordo  vivono in uno spazio ristrettissimo, con appena due bagni a disposizione, e senza nulla da fare.

Open Arms (foto: A. Mallardo)

Si trovano in un limbo da cui vedono Lampedusa ma non possono raggiungerla”.
La Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e la ong spagnola  Open Arms hanno sottoscritto il 24 maggio scorso un accordo di partenariato per le missioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. E’ invece di alcuni giorni fa, l’appello che la Fcei e la Tavola Valdese hanno rivolto al presidente del Parlamento europeo David Sassoli ribadendo la disponibilità a farsi carico nelle loro strutture dell’accoglienza di queste persone in attesa. “Noi – afferma ancora oggi al Sir Luca Negro, presidente della Fcei – ribadiamo il nostro appello che è un appello al governo italiano ma anche fortemente all’Europa perché questa situazione si sblocchi e perché queste persone possano al più presto trovare un porto sicuro”. E aggiunge: “Da un punto di vista rigorosamente cristiano, noi siamo chiamati ad accogliere.

Open Arms (foto: A. Mallardo)

Di fronte ai discorsi di chiusura che terminano con un appello a Maria, noi ricordiamo che Maria è colei che ha accolto e ha detto di sì all’angelo che le annunziava la nascita di un figlio.
È inutile appellarsi strumentalmente a Maria perché Maria è il simbolo dell’accoglienza”. “Non so se si tratti di un puntiglio o di una ossessione come l’ha definita Conte nella sua lettera a Salvini”, conclude Negro. “Io ho l’impressione che ci si irrigidisce per puro calcolo politico perché si pensa che mantenendo il punto salgono le azioni politiche ma sulla vita delle persone non si può giocare”.

Open Arms (foto: A. Mallardo)