Una festa della fede
Cari Fratelli e Sorelle, benvenuti a Molfetta, nella nostra terra, benedetta dalla presenza del Servo di Dio il Vescovo don Tonino Bello, autentico costruttore di pace e testimone della perenne novità del Vangelo.
Lo scorso 22 maggio 2017 consegnai pro manibus una lettera al Santo Padre invitandolo nella nostra Chiesa di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi in occasione della ricorrenza del XXV anniversario del dies natalis di don Tonino. Nella sua grande carità pastorale Papa Francesco ha risposto alla mia richiesta superando ogni aspettativa ed oggi, 20 aprile, è tra le nostre case «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Grazie, Padre Santo, per il dono stupendo della tua presenza tra noi! Tu sei il segno più grande della misericordia di Dio per la Chiesa e per il mondo. Con te vogliamo seguire Gesù, sull’esempio di don Tonino, nella vicinanza a Dio e al prossimo in una caritas sine modo, nella certezza che “chi non vive per servire non serve per vivere”.
Rivolgo un fraterno saluto a voi carissimi Vescovi, sacerdoti, diaconi e seminaristi che con grande gioia vi siete uniti a questa festa della fede che canta la giovinezza e la santità della Chiesa nel mondo. Insieme, con coraggio, vogliamo testimoniare che Cristo è il vivente e con lui è possibile rivelare la speranza in uno stile di sobrietà e di accoglienza. Alle famiglie, agli ammalati, agli anziani, ai ragazzi, ai giovani, ai fedeli tutti della nostra meravigliosa Chiesa diocesana, amata alla follia da don Tonino per la quale ha donato la sua vita, manifesto il mio affetto paterno. Non stanchiamoci di essere una comunità capace di versare l’olio della consolazione sulle ferite dei fratelli e di far sgorgare dalle nostre mani amiche il nuovo vino dell’esultanza. Siamo eredi di una storia di santità che ci spinge ad essere costruttori del vero umanesimo che risplende sul volto di Cristo.
Un caloroso abbraccio porgo agli uomini e alle donne di buona volontà e a tutti i pellegrini che con grande coraggio e fede sono venuti ad incontrare Papa Francesco, con l’augurio che in questo giorno possiamo sperimentare la liberazione dall’individualismo, per sentirci unico popolo, fratelli tra noi e figli di Dio Padre. A coloro che si sono impegnanti per rendere la nostra città una casa accogliente ed ospitale, all’Amministrazione comunale, manifesto il mio sentito e cordiale ringraziamento per la passione profusa affinchè tale evento potesse essere un segno della credibilità del Vangelo.
Per prolungare nel tempo la gioia dell’odierno incontro è stato realizzato questo numero speciale di Luce e Vita in cui sono state narrate esperienze, racconti, testimonianze sulla figura sempre attuale di don Tonino, attraverso le parole di autori che hanno saputo manifestare la bellezza del suo messaggio e il coraggio della sequela di Cristo sul passo degli ultimi. Grazie a coloro che hanno reso possibile questo ulteriore segno di condivisione capace di trasmettere al nostro tempo che i sogni di pace e di libertà possono diventare concreti.
Infine auspico che, dalla Visita pastorale del Santo Padre, tutti possiamo affermare che l’essenziale è amare la gente, i poveri soprattutto… e Gesù Cristo! Tutto questo è realizzabile se siamo in grado di volare nella vita rimanendo abbracciati. E quando le prove ci manifestano la precarietà dell’esistenza ci possiamo rendere conto che la Croce non solo è “collocazione provvisoria” ma che è lo stesso Signore a farsi nostro compagno di volo.
di Mons. Domenico Cornacchia – Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi
Sorpresa di Dio
Ho chiesto a mio marito: chi è per te papa Bergoglio? E lui, a bruciapelo, mi ha risposto: è un papa sorprendente. Come nel più tautologico teorema matematico non c’è aggettivo migliore per definire Francesco.
Egli è davvero il papa delle sorprese.
È stato una sorpresa a partire dal nome.
È una sorpresa il suo sogno di una chiesa rivoluzionaria, sobria, sinodale libera dalle mondanità, gioiosa del vangelo, povera e serva, vicina alla gente, testimone della misericordia di Dio; una chiesa che ama il servizio più che il potere, la fatica e la polvere più che gloria terrena, l’abbraccio al fratello più che lo sfavillio dei paramenti sacri.
È una sorpresa il suo mettere al centro della Chiesa i poveri, chi abita nelle periferie geografiche ed esistenziali e che la comunità ecclesiale deve raggiungere non con l’automobile della falsa compassione, limitandosi a guardare da lontano le lacerazioni – o al massimo a toccarle con i guanti sterilizzati – ma commuovendosi fino alle viscere, ribellandosi a tutte le ingiustizie che creano ghetti, disuguaglianze, sacche di miseria, insorgendo dinanzi ad un’economia che scarta e uccide di fame. Senza sconti né compromessi. Con lo stile della condivisione e della misericordia che “ha occhi per vedere, orecchi per ascoltare e mani per risollevare”.
Per questo Francesco ha abbandonato la croce gemmata per una di ferro. Per questo ha scelto di vivere in appartamentino di pochi metri quadri. Per questo a Santa Marta mangia in mezzo agli altri, a volte cercando un posto libero; e, ogni mercoledì, siede a tavola con i dipendenti: cuochi, addetti alle pulizie e alla segreteria. “Si parla di tutto – ci ha riferito suor Angela Bonaduce – ognuno di noi è davanti a lui per quello che è, senza manierismi, senza avvertire la necessità di fare alte disquisizioni teologiche: nessuno deve dimostrare nulla perché per Francesco l’ascolto, l’accoglienza e la condivisione valgono più dei giudizi e delle dottrine”.
Per questo quando l’amico vescovo di Albano ha compiuto gli anni, Francesco lo ha raggiunto con la sua utilitaria per spegnere insieme le candeline e tagliare la torta.
Per questo, quando una delegazione molfettese con Mons. Luigi Martella e don Luca Murolo gli fecero visita in Argentina, prima che diventasse Papa, fu lui stesso ad aprire la porta dell’episcopio, a preparare e a servire la colazione, mettendo gli ospiti a proprio agio con umiltà e affabilità.
Gesti sorprendenti ed eloquenti che confermano come Francesco sia il Papa della prossimità, pronto a smantellare quel noioso diaframma che spesso separa la Chiesa dalla vita reale. Nelle piccole e nelle grandi cose.
Con i calzari consumati da pescatore e la sua inseparabile valigetta nera, il Papa attraversa i sobborghi del mondo per scuotere chi non vuole sentire parlare dei poveri. Lo abbiamo visto piangere a Lampedusa per i rifugiati inghiottiti dal mare, tendere la mano agli oltraggiati rohingya, lavare i piedi ai detenuti, entrare nelle bidonville delle città latinoamericane dove si prepara e si distribuisce la droga; aprire la porta santa del Giubileo a Bangui, in una cattedrale povera e in mezzo ad un popolo lacerato dalla guerra.
La sua visita a Molfetta è l’ennesima sorpresa di un uomo che, arrivato dalla fine del mondo, ci scuote a vivere il Vangelo sine glossa, senza commenti e senza compromessi per trasformare le nostre coscienze e far lievitare la storia, la gioia e la speranza.
È una tenera carezza di Dio.
È una sorpresa di Dio.
di Franca Maria Lorusso – già componente della Postulazione
Caro Francesco…