Riconoscenti per la missione

di Mons. Luigi Martella

Con immensa gioia la nostra comunità diocesana, in una significativa rappresentanza, si è radunata attorno al suo vescovo e ai suoi sacerdoti, nella Cattedrale, per la Messa crismale durante la quale verranno benedetti gli Oli Santi che serviranno nell’amministrazione dei Sacramenti del Battesimo, dell’Ordine Sacro, della Confermazione e dell’Unzione degli infermi.
Quest’anno, l’essenza del bergamotto proveniente dal territorio calabrese di Locri-Gerace, verrà mescolata all’olio offerto dai giovani ospiti presso la C.A.S.A. ‘D. Tonino Bello’ in Ruvo, come frutto del loro lavoro. Il profumo che emanerà da tale mescolanza è simbolo del dono dello sposo alla sposa. è proprio questo, infatti, che oggi fa il Signore Gesù, lo Sposo della Chiesa, prima di consumare le nozze nel dono di sé, con l’offerta pasquale della sua vita.
Una circostanza tutta particolare avvalora questa messa crismale: la celebrazione dell’anno sacerdotale voluta da Benedetto XVI al quale vogliamo esprimere la nostra vicinanza soprattutto a motivo degli ignobili attacchi alla sua persona. L’anno sacerdotale ha già portato abbondanti frutti di ordine spirituale, così come auspicava il Papa nella lettera di indizione, e siamo sicuri che tanti altri benefici segneranno l’ultima parte fino alla conclusione dell’11 giugno prossimo. Ma la benefica ondata di grazia di questo anno dedicato al sacerdozio si riverserà ancora per lungo tempo nella vita della Chiesa e della società. Né il morboso accanimento dei mass media verso i mali morali che hanno coinvolto taluni ecclesiastici, può offuscare l’opera impagabilmente meritoria dei tantissimi sacerdoti svolta nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni. Proprio in questi momenti così difficili tornano rassicuranti le parole del divino Maestro: ‘Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!’ (Gv 16, 33). Senza voler nascondere, naturalmente, le debolezze e le miserie che talvolta accompagnano i sacri ministri, non può sfuggire una verità che è sotto gli occhi di tutti: che il mondo intero è debitore dell’immenso bene operato da tanti santi sacerdoti, sia sul piano umano e caritativo, sia sul piano culturale e sociale. E la storia del mandato divino continua pur in mezzo a tante difficoltà.
La messa crismale, mentre prelude al Triduo pasquale, è pure occasione per tutti i nostri sacerdoti di rinnovare insieme gli impegni dell’Ordinazione e di celebrarne quasi un comune anniversario. Con sentimenti di speciale gratitudine lo fanno i sacerdoti per i quali c’è una particolare ricorrenza. Si tratta di don Liborio Massimo e di Mons. Domenico Amato che ricordano il 25° anniversario di sacerdozio; di Don Pasquale De Palma, Don Saverio Minervini e Mons. Ignazio De Gioia che celebrano il 50° di sacerdozio. Il nostro affettuoso ricordo va ai nostri sacerdoti impegnati in missioni varie fuori, in altre diocesi e nazioni. E non dimentichiamo nella nostra preghiera i sacerdoti malati e coloro che ci hanno lasciato per passare nella Casa del Padre, specialmente i defunti negli ultimi mesi, Mons. Michele Cagnetta, Mons. Michele Carabellese e Padre Michele Catalano. Ad essi il Signore avrà riservato certamente la ricompensa dei servi buoni e fedeli.
A voi, cari fratelli e sorelle, chiediamo di pregare perché tutti noi, ministri di Dio, possiamo essere felici del nostro sacerdozio e perché soprattutto possiamo essere santi a servizio del popolo a noi affidato. Leggo con tanta commozione una lettera di una madre indirizzata al figlio sacerdote e che ho trovato leggendo un testo di recente pubblicazione: Abbiamo avuto un triduo sul sacerdozio: mentre un professore del seminario predicava, io pensavo a te, alla grandezza del sacerdote cattolico e della grazia che Dio ci ha fatto, tu d’essere il ministro del grande Re, ed io essere la madre fortunata. In certi momenti provo quasi un senso di smarrimento, tanto mi sembra grande la tua dignità, la tua responsabilità. E come e quanto prego il Signore che tu te ne randa degno con la santità della vita. Un santo sacerdote può far santo un paese.
Da parte nostra, vi assicuriamo, cari fratelli e sorelle, che siamo ben consapevoli che la missione di noi sacerdoti, sarà percepita nella società contemporanea non anzitutto se saremo efficienti, ma soprattutto se saremo santi, ad immagine di Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote.
Ritornando al tema dell’anno sacerdotale, nella lettera di indizione, il Santo Padre intendeva favorire la ‘tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero’ e ‘far percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanea’. In considerazione di tali scopi, abbiamo cercato, a livello diocesano, di offrire opportunità di riflessione e di approfondimento non solo attraverso i nostri ritiri mensili, ma anche con una esperienza di qualche giorno vissuta di recente a Roma, rispetto alla quale c’è stato un largo e positivo riscontro. Ci siamo recati come in pellegrinaggio presso la tomba di Pietro, principe degli apostoli, e abbiamo fatto la nostra professione di fede. Ci è sembrato quasi di sentire ancora una volta l’eco delle parole di Gesù e la risposta di Pietro in quel dialogo soave e stringente presso il lago di Galilea. ‘Simone di Giovanni, mi ami tu?’, domanda ripetuta per tre volte. A seguire la risposta di Pietro: ‘Signore, tu sai’ Tu sai tutto, sai che ti amo’. E allora il mandato di Gesù: ‘Pasci i miei agnelli,’ pasci le mie pecorelle’ (cf Gv 21, 15-19). L’amore, dunque, è la condizione che Gesù chiede a chi vuole seguirlo in maniera tutta speciale. Noi abbiamo dato la nostra risposta che è stata nel contempo personale e comunitaria, in quel luogo che ci riporta alla nostre radici. Lo abbiamo fatto certo con timore e tremore, sapendo della nostra fragilità, ma lo abbiamo fatto anche con fiducia, sapendo che il Signore non ci abbandona. Ricordiamo a proposito le altre parole del Signore nell’episodio della tempesta sedata del lago di Tiberiade: ‘Coraggio’ non abbiate paura’ non avete ancora fede?’ (cf Mt 14, 22-33). Gesù, dunque, chiede, fiducia, abbandono in lui, fedeltà alla sua parola.
Proprio la fedeltà è posta al centro del tema dell’anno sacerdotale: una fedeltà che impegna prima di tutto Cristo nei nostri confronti perché non ci sentiamo persi, smarriti, e fedeltà anche nostra come risposta a Lui nella concreta vita di ogni giorno. Così commenta la lettera agli Ebrei in quel passo che abbiamo ascoltato nell’Ora terza di questa mattina: Poiché abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professiamo della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato (Eb 4, 14-15).
Inoltre, l’anno sacerdotale è stato l’occasione per rilanciare il discorso sulla identità del prete. Molte sono state le pubblicazioni, i convegni e le rappresentazioni che hanno suscitato interesse, preoccupate di mettere in luce la dimensione dell’essere oltre che quella dell’operare del sacerdote. «Uomo del sacro, sottratto al mondo per intercedere a favore del mondo». Così viene sintetizzata l’identità fondamentale del sacerdote, da Benedetto XVI ai partecipanti al convegno teologico promosso dalla Congregazione del Clero, durante l’udienza di venerdì, 12 marzo scorso. Puntualizzazione non superflua quella del Papa, in un contesto culturale in cui si tende a considerare il prete un elemento quasi «estraneo» al sentire comune o di ridurre il ruolo a quello di generico di «operatore sociale». Nella stessa occasione il Papa ha invitato a riscoprire il «carisma della profezia» del sacerdote, sottolineando che «c’è grande bisogno di sacerdoti che parlino di Dio al mondo e che presentino Dio al mondo»: uomini, cioè, «capaci di vivere autenticamente quella libertà che solo la certezza dell’appartenenza a Dio è in grado di donare».
Cari sacerdoti, in modo particolare oggi siamo invitati a prendere coscienza dell’incommensurabile dono che ci è stato affidato. Consapevoli della nostra fragilità umana vogliamo esprimere la nostra riconoscenza al Signore e alla Chiesa per tale missione. Il sacerdote è l’uomo del sacro, cioè colui che rappresenta, rende visibile e presente per tutti, il Mistero invisibile. Egli è il ponte che unisce il cielo alla terra e la terra al cielo. Con il Vescovo, i sacerdoti rappresentano l’unità di Cristo, che pasce e nutre il suo popolo. Come Cristo, noi dobbiamo nutrire gli altri di ciò che mangiamo. Ciò che assimiliamo. L’efficacia di quello che dona, certamente non dipende dalla sua santità, ma chi può mettere in dubbio quel valore aggiunto legato proprio alla qualità di vita del sacerdote stesso? C’è un’espressione del Santo Curato d’Ars ampiamente riscoperto in quest’anno, espressione che rappresenta una vera e propria definizione del sacerdote, molto profonda ed efficace: ‘ Il sacerdote è l’amore del Cuore di Gesù’. Proprio così: noi siamo presenza amante di Gesù nella storia di oggi. Il Cuore di Cristo nel cuore del sacerdote. Il sacerdote è un uomo prodigiosamente ‘segnato’ da questo progetto di Dio: infatti colui che è amore infinito vuole far pulsare nel cuore finito di un uomo il palpito della sua infinita misericordia e della sua tenerezza. Istituendo, poi, l’Eucaristia Gesù ha fissato il ruolo del sacerdote: ‘Fate questo in memoria di me’ significa essere consacrati per lasciare passare nella propria povera vita l’amore che salva la povertà della vita umana. ‘Fate questo in memoria di me’ significa che la vita del sacerdote e la vita di Cristo sono indissolubilmente legate nel gesto del dono, che è gesto che salva.
 Carissimi fedeli, dell’amata diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, ancora vi chiedo, pregate per noi, per i vostri sacerdoti e per le vocazioni di speciale consacrazione, per i religiosi, le religiose, per i Diaconi e Seminaristi. Aiutateci a servirvi meglio! Non è una battuta ad effetto, ma un reale invito nell’affiancarci, perché espletiamo, al meglio, il ministero di ‘amministratori dei divini misteri’ (1Cor 4, 1), per essere più uomini del sacro, che delle sacrestie. Aiutateci non solo a volervi bene, ma anche a essere capaci di farvelo comprendere!
La Vergine Santa, i nostri Santi Patroni, il santo Curato d’Ars siano guide e ci sostengano nell’unico viaggio di santificazione per tutti noi.
Mi piace concludere con una preghiera per i sacerdoti composta nel duemila, anno giubilare, da Giovanni Paolo II, del quale proprio domani ricorre il 5° anniversario della sua morte. Egli non ha mai mancato di inviare in ogni Giovedì santo una lettera ai sacerdoti. Esse rimangono un vero e proprio patrimonio di teologia e di spiritualità presbiterale per un ministero squisitamente evangelico. Così l’orazione del Papa:
 
Prega per noi sacerdoti
anche tu, caro popolo cristiano,
che ti stringi attorno a noi
nella fede e nella gioia.
Tu sei popolo regale,
stirpe sacerdotale, assemblea santa.
Tu sei il popolo di Dio che,
in ogni parte della terra,
partecipi del sacerdozio di Cristo.
Accetta il dono che noi oggi rinnoviamo
al servizio di questa tua singolare dignità.
Tu, popolo sacerdotale,
rendi grazie con noi a Dio
per il nostro ministero
e canta con noi al tuo e nostro Signore:
Lode a te, o Cristo,
per il dono del sacerdozio!
Fa’ che la Chiesa del nuovo millennio
possa contare sull’opera generosa
di numerosi e santi sacerdoti!
Amen!
(Giovanni Paolo II, 18 maggio 2000)
+ Luigi Martella, Vescovo