Una ritualità pregna di contenuti

Editoriale n. 11 del 17 marzo 2019

II simboli, i gesti, le voci. Gli sguardi. Anche le mani sembrano le stesse da secoli. Mani compassionevoli che odorano di zagara. Si muovono lente, quasi pregando, riproponendo più o meno consapevolmente, in un gesticolare apparentemente senza tempo e senza storia, codici rituali sedimentati nel sentimento religioso e tramandati da generazioni. Indugiano ad accarezzare più che stirare e piegare il candido fazzoletto del pianto, le camiciole orlate di trine ormai rarissime, le gramaglie e il manto ricamati da esuberanti racemi in oro e argento. Non c’è fretta, solo tanto silenzio. Tutto sembra rallentato dalla gravità del momento, il tempo come sospeso: ogni piega è una lunga commossa preghiera a Colei che, di lì a poco, indosserà i panni del lutto, vestirà l’uniforme del dolore più lancinante, quel dolore che avrà il tragico epilogo, come ogni anno, la sera del Venerdì Santo.
Si preparano le vesti delle Addolorate di Vico del Gargano, ma anche di Bitonto, Ruvo di Puglia, Molfetta, Bisceglie, Canosa, San Severo, Maglie, Taranto e di tante altri centri della Puglia “santa”.
Se potessero parlare quelle vesti ci racconterebbero le storie vere della devozione delle nostre madri e dei nostri padri: quanti pianti, ricordi, peccati confessati e richieste di grazie, confidenze; e quante mani a sfiorarle, labbra a baciarle, invocazioni e anche imprecazioni.
Ha un esordio intimo e nascosto, domestico e privato, la Settimana Santa. Solo in pochi sanno dove sono gelosamente nascoste le vesti delle Madonne. Ancora meno sappiamo delle pie donne che per mai interrotta tradizione, si tramandano il privilegio di custodire nelle proprie case, modeste o patrizie, al riparo da occhi indiscreti, biancheria e vesti di seta e percallo, e con esse i gesti e i segni di una fede antica, assai più antica dell’età anagrafica delle mani.
L’azione rituale si trasferisce dall’intimità domestica alla chiesa dove, pronunciato l’extra omnes – il “fuori tutti” – i presenti saranno allontanati e accompagnati, con garbo e fermezza, fuori dal luogo sacro. Solo allora, dopo aver serrato ogni accesso, potrà avere inizio, nella penombra rischiarata dalle candele, l’altro momento forte e sentito, atteso, ma ancora privato e per pochissimi: la vestizione della Madonna. E di nuovo le mani privilegiate torneranno a essere protagoniste della storia non scritta ma vera e toccante; di nuovo sfioreranno con intense delicate carezze, il viso della Vergine rigato dal pianto incontenibile; si faranno testimoni sensibili della Madre che dagli altari sembra essere discesa per consolare più che farsi consolare.
Poi cambia tutto e il dolore da intimo e segreto si fa pubblico, si rende manifesto insieme alla spettacolarizzazione vistosa e cupa della morte organata secondo registri tesi ad ingenerare pentimento e timore: a mezzanotte in punto, tra il Giovedì e Venerdì Santo, nella contrizione autentica dei confratelli e delle devote tarantine, il suono struggente della marcia funebre A Gravame annuncia l’uscita, all’apice delle due scenografiche scalinate della chiesa di San Domenico, dell’Addolorata, rischiarata dalla fioca luce delle lanterne, il volto pallido e lo sguardo nel vuoto, le braccia in avanti ad ostentare l’una il fazzoletto del pianto, l’altro il cuore vermiglio trafitto dalla spada.
A Taranto come altrove la scena, perché di teatro si tratta, si sposta nei luoghi del quotidiano, nelle piazze e negli slarghi delle città grandi e piccole, sotto gli sguardi di pietra delle maschere, ruffiane e talvolta irriverenti o addirittura inquietanti, poste a presidio delle dimore patrizie; tra i decori trasbordanti del vitalissimo barocco che ammanta, con le sue iperboli, Lecce e il Salento. Le processioni si snodano all’ombra delle austere e severe chiese del romanico pugliese; guadagnano con passo lento e ritmato le stradine indaffarate di vita di Bari vecchia, strette tra la Basilica di San Nicola e il possente maniero svevo; lambiscono la superba Cattedrale tranese, come messa lì a ricucire, in unica emozione, cielo, mare, terra. Attraversano i tortuosi e lindissimi vicoli di Ostuni, Cisternino, Locorotondo, Mottola, che l’incipiente primavera orna e profuma di pesco, fresie, ciclamini, violaciocche; o i saliscendi di Vico del Gargano e Roseto Valfortore, fagocitati dai boschi e sentieri che si diramano sino a perdersi in una natura per davvero splendida e incontaminata. Così come sospesa si rivela Vieste, per metà a picco sul mare per l’altra immersa nei silenzi della Foresta Umbra. Cortei salmodianti che non si risparmiano le ardue salite e le altrettanto repentine discese di Sant’Agata di Puglia, da secoli in perenne equilibrio, come aggrappata al costone di montagna. Perché sono anche i mutevoli paesaggi umani, oltre che urbani e di natura a rendere spettacolari, suggestive, uniche le processioni della Settimana Santa dello scampolo di terra che si distende tra Adriatico e Ionio: “le Puglie”. […]
Francesco Di Palo
C on questo testo di Francesco Di Palo si apre la presentazione dei Riti della Settimana Santa in Puglia sul catalogo della mostra “Plenilunio di Primavera. Gli eventi pasquali della Settimana Santa tra Puglia e Spagna”, promosso dalla cooperativa FeArT – ente gestore del Museo diocesano di Molfetta – e dall’associazione Puglia Autentica in collaborazione con la Regione Puglia e Pugliapromozione e il sostegno di alcuni prestigiosi partner istituzionali (tra cui l’antica Università di Valladolid).
Un progetto il cui primario obiettivo è raccontare una ritualità pregna di contenuti che accomuna il territorio regionale e che trova, per continuità di cultura e fede, rispondenze in Spagna.
A Valladolid, il primo momento di confronto attraverso una mostra fotografica, allestita presso il Palazzo Reale dal 15 al 24 marzo, ed un concerto con Le Voci delle Confartenite di Vico del Gargano e l’ensemble della Banda della città di Bitonto “Davide delle Cese”. A seguire, le tappe in regione della mostra fotografica, nei comuni di Bitonto, Molfetta (presso il Museo diocesano) e Vico del Gargano. Sino a Lecce, dove dopo la Pasqua avrà luogo anche un importante convegno a più voci sulla devozione popolare tra Puglia e Spagna – appunto – con momenti di approfondimento dei contenuti del progetto e dei riti che in questo tempo di quaresima avranno luogo in ogni città della nostra regione.
Onofrio Grieco