Comunicazioni sociali

“Vieni e vedi” (Gv 1, 46). Comunicare incontrando le persone come e dove sono. L’attualità di S. Francesco di Sales

Messaggio del papa per la Giornata delle Comunicazioni sociali 2021

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SS. Papa Francesco – Udienza Generale
03-08-2016

“Vieni e vedi”. Queste parole dell’apostolo Filippo sono centrali nel Vangelo: l’annuncio cristiano prima che di parole, è fatto di sguardi, testimonianze, esperienze, incontri, vicinanza. In una parola, vita. Proprio quelle parole, citate nel Vangelo di Giovanni (1, 43-46) sono state scelte da Papa Francesco come tema del 55° Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali, che si celebrerà nel maggio 2021 diffuso il 22 gennaio, vigilia della Festa di San Francesco di Sales.

“Comunicare incontrando le persone come e dove sono”, è il sottotitolo. Questa la citazione evangelica: “Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: ‘Seguimi’. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: ‘Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret’. Natanaèle esclamò: ‘Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?’. Filippo gli rispose: ‘Vieni e vedi’”. Nel cambio epocale che stiamo vivendo, in un tempo che ci obbliga alla distanza sociale a causa della pandemia, la comunicazione può rendere possibile la vicinanza necessaria per riconoscere ciò che è essenziale e comprendere davvero il senso delle cose. Non conosciamo la verità se non ne facciamo esperienza, se non incontriamo le persone, se non partecipiamo delle loro gioie e dei loro dolori. Il vecchio detto “Dio ti incontra dove sei” può essere una guida per coloro che sono impegnati nel lavoro dei media o delle comunicazioni nella Chiesa. Nella chiamata dei primi discepoli, con Gesù che va a incontrarli e li invita a seguirlo, vediamo anche l’invito ad utilizzare tutti i media, in tutte le loro forme, per raggiungere le persone come sono e là dove vivono.

Su Luce e Vita del 24 gennaio alcuni contributi, in particolare una riflessione sul tema a partire dalla figura di san Francesco di Sales, a cura di Vincenzo Marinelli. La proponiamo in anteprima a beneficio di tutti.

San Francesco di Sales e la sua attualità

di Vincenzo Marinelli

Il messaggio per la celebrazione della giornata mondiale delle comunicazioni sociali (GMCS) è consuetudine che si renda noto il 24 gennaio, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Francesco di Sales. Una data simbolica dal momento che è proprio il Santo che nel 1923 Pio XI ha proclamato Patrono degli scrittori cattolici con l’enciclica Rerum omnium perturbationem, in occasione del III centenario della morte del Vescovo di Ginevra.
È una personale convinzione, abbondantemente supportata dai documenti e dalle dichiarazioni di diversi pontefici e teologi, che illustrare la vita e gli insegnamenti di questo Dottore della Chiesa meriterebbe uno spazio ben più ampio di quello qui a disposizione, non tanto per dovere di cronaca, ma per la consapevolezza che approfondire il suo vissuto è certamente di una qualche utilità per il proprio cammino spirituale.
Di nobile famiglia, brillante Avvocato in utroque iure, abbandonò la sua promettente carriera e la proposta di matrimonio, per divenire sacerdote. All’età di 26 anni, quando l’Europa era ancora sconvolta dagli effetti della Riforma protestante, fu inviato nello Chablais per recuperare alla fede cattolica i territori “convertiti” al calvinismo. Dopo solo quattro anni e con le armi della carità, della predicazione e di una fede tenace davanti alle numerose prove che attentarono anche alla sua vita, lì dove all’inizio si contavano appena cento cattolici, non si sarebbero trovati a malapena che cento ugonotti. Divenuto Vescovo della diocesi di Ginevra, sebbene non potette mai risiedere in città perché occupata dal successore di Calvino, Teodoro di Beza, lavorò strenuamente per applicare i decreti della Riforma tridentina alla stregua dell’opera rinnovatrice svolta da S. Carlo Borromeo nella diocesi milanese. Diplomatico pontificio, fondatore dell’Istituto della Visitazione, padre spirituale di numerose persone di ogni ceto sociale, umanista, educatore, scrittore. La Filotea è divenuta uno dei classici della spiritualità cristiana, la magna charta ante litteram della spiritualità del laicato.
Il suo stile comunicativo lontano dagli artefici retorici dell’umanesimo e del barocco incipiente, lo rendono, a distanza di IV secoli, ancora un modello per una comunicazione che, sia nei contenuti che nelle sue dinamiche, voglia ispirarsi al Vangelo.
Il titolo del messaggio della 55a GMCS Comunicare incontrando le persone come e dove sono suggerisce che la prossimità è il criterio fondamentale da assumere per sviluppare una comunicazione alla luce dei valori cristiani, criterio che si ritrova adeguatamente testimoniato proprio nella vita di Francesco di Sales. Infatti una comunicazione che perda di vista l’altro, considerato in tutta la globalità della sua persona, cioè il suo contesto di provenienza, la sua formazione, la sua storia; si appiattirebbe ad una mera trasmissione di informazioni. Comunicare vuol dire fare dono di sé all’altro, farlo partecipe del proprio vissuto. Diversamente da alcune prassi comunicative proprie del tempo dei social, la qualità della nostra comunicazione non si misura dalla quantità delle informazioni che si è capaci di scambiare; né dalla velocità con cui si è capaci di informare; né dalla quantità di persone che si riesce a raggiungere. La comunicazione è efficace solo quando si è capaci di creare legami, occasioni di incontro, prossimità. La comunicazione è feconda quando permette la comunione, lo scambio dei propri vissuti e non quando si riduce ad una sterile pubblicazione di questi.
Francesco di Sales ha saputo cogliere la sensibilità del suo uditorio, ha introdotto un metodo di predicazione diverso da quello classico del suo tempo, si è fatto vicino agli eretici, ai poveri, a tutto il popolo di Dio a lui affidato. La sua parola riusciva a raggiungere il cuore perché egli suggeriva di: «parlare con calore e con devozione, con semplicità, candore e fiducia: essere profondamente convinti di quello che si insegna e di cui si vuole convincere gli altri. L’artificio più alto è quello di non usare artifici. Le nostre parole devono essere infiammate, non per le grida o i gesti smisurati, ma per l’affetto interiore; devono uscire dal cuore più che dalla bocca. Si ha un bel dire, ma il cuore parla al cuore, mentre la lingua non parla che alle orecchie».