“Discernimento” e “amore per questo nostro Paese”: sono le due parole d’ordine risuonate all’inizio della prolusione di monsignor Nosiglia. Quello di Firenze vuole essere “un umanesimo che è in ascolto; concreto; plurale e integrale; d’interiorità e trascendenza”, in continuità con i Convegni ecclesiali di Palermo e di Verona, dove però – ha sottolineato Nosiglia – il “discernimento” è stata un’indicazione “non ancora pienamente accolta nelle nostre comunità che fanno fatica ad incarnarsi nei loro territori per diventarne lievito di umanità redenta e riconciliata perché fondata sulla misericordia di Dio”.“Sinodalità”, allora, per “rifuggire dalla tentazione di trasformare la nostra fede in ideologia” e operare “un serio lavoro sinodale di discernimento sul presente e sul futuro della Chiesa che è in Italia”. Le “cinque vie” di Firenze “chiedono che cammino di fede e cammino ecclesiale diventino vie o almeno sentieri di umanizzazione non da declinare in prospettiva intellettuale, bensì esistenziale”. È questo che chiede il Papa alla Chiesa italiana: una “cultura dell’incontro” e una teologia che “sappia abitare le frontiere e farsi carico dei conflitti”.
Serve speranza, in un Paese “che sta sempre più invecchiando, in cui la gente è sfiduciata e ripiegata su se stessa, dove le diseguaglianze sociali e le povertà non solo materiali ma etiche e spirituali stanno crescendo”. La testimonianza dei credenti deve avere “il sapore e l’odore delle quotidiane sfide dell’esistenza”, e Firenze è “il contesto propizio per respirare una cura dell’umano scaturito dalla fede, un modello concreto di come la fede può diventare anima di una cultura e di come la cultura può offrire al messaggio cristiano un alveo privilegiato per entrare con piena cittadinanza e novità dentro il pensiero, la storia e la vita di un popolo”. No al “politicamente corretto”, sì a laici, “donne e uomini, adulti nella fede” e in particolare alle donne, da valorizzare “anche espandendo nuovi spazi di responsabilità, nei vari ambiti della missione della Chiesa e nella società”.
È la famiglia la prima area d’impegno indicata come priorità nella prolusione: “La famiglia voluta da Dio come custode della vita e fonte dell’autentico amore, in cui i figli possano e debbano usufruire dell’apporto congiunto del padre e della madre, resta l’architrave insostituibile di ogni società e garanzia del suo futuro e per questo va salvaguardata, promossa e valorizzata anche sul piano legislativo ed economico, nelle sue potenzialità umane, spirituali e sociale”.
Sì all'”ecologia umana”, no a “corruzione” e “mafie”. Nell’ultima parte della sua prolusione, Nosiglia ha ripreso l’invito di Papa Francesco nella Laudato sì per ricordare che l’ecologia umana “è la prima a dover essere perseguita con la massima responsabilità da parte di tutti”: di qui la necessità di “contrastare e superare quella cultura dello scarto che si fonda sull’idolatria del denaro, sulla corruzione tanto diffusa che appare un comportamento normale, sulla illegalità, le mafie, le tangenti e l’inequità, che generano ingiustizie, discriminazioni e violenze verso i poveri, dai bambini agli anziani, dai senza dimora, ai precari e disoccupati o in cerca di lavoro, dai disabili ai malati terminali”. “Non ci stancheremo di denunciare potentati politici ed economico-finanziari che perseguono propri interessi personali o di cordata, a scapito del bene comune e di ogni regola etica di equità e solidarietà”, ha assicurato il presule. “Una denuncia che quando necessaria, può riguardare tutti e anche noi stessi”, chiamati “a rivedere e a cambiare scelte e comportamenti sociali e collettivi”.
M.Michela Nicolais, sir
Interventi di Mons. Betori e Mons. Nosiglia