La Giunta regionale pugliese ha recentemente approvato il “Piano regionale definitivo di protezione dell'ambiente, decontaminazione, smaltimento e bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto”. I principali obiettivi del Piano sono la realizzazione di attività di sensibilizzazione e responsabilizzazione dei cittadini, di formazione professionale per gli operatori, di ulteriori attività di censimento/mappatura dei siti. Previsti, inoltre, un fondo per i familiari delle vittime da amianto per cause non lavorative e procedure semplificate per lo smaltimento di piccole quantità. Secondo i dati del Piano, le province più colpite da casi di mesoteliomi sono quelle di Bari e Taranto, con valori che superano la media nazionale. Il Piano, che dovrà essere approvato in via definitiva dal Consiglio Regionale, stima che in Puglia ci siano 1.750.000 metri cubi di amianto.
Mancano le risorse. “La Puglia arriva con un ritardo spaventoso alla formulazione del Piano”, afferma Nicola Brescia, presidente del Comitato cittadino Fibronit, che dal 1999 si batte per la messa in sicurezza, l'inedificabilità e la riconversione a parco urbano della Fibronit di Bari, che per decenni ha prodotto materiali per edilizia in amianto. “Tre anni fa c'è stata la sentenza della Cassazione con condanna a 8 mesi nei confronti degli amministratori per la morte di undici operai e di una donna residente intorno all'area”, spiega Brescia. “Quando si è cominciato a parlare del Piano, tre anni fa – prosegue -, vi abbiamo partecipato come stakeholders (portatori d'interessi, ndr)”. Il Piano “ci è sembrato interessante perché si voleva affrontare la situazione in maniera decisa”, cominciando da “una mappatura precisa della presenza di amianto”. La mappatura effettuata dalla Regione “risale a diversi anni fa; l'idea era quella di renderla più approfondita”. “Purtroppo, le risorse mancano e questa attività sarà demandata ai Comuni” – che “avranno problemi di fondi” per effettuarla – e all'autodenuncia. Sul fronte sanitario, il Comitato e altre associazioni avevano proposto, nel Piano della salute, di creare dei poli sanitari di riferimento per i pazienti con patologie legate all'amianto. Il Piano della salute “recepì in qualche modo questa esigenza; era importante che il Piano amianto potesse supportare questa necessità”. “Probabilmente anche qui sono mancate le risorse”, commenta Brescia. Comunque, “il fatto che il Piano ci sia è importante perché può essere implementato con l'apertura di un tavolo di discussione per migliorarlo” e la destinazione di fondi adeguati.
Cultura della partecipazione. Le problematiche legate all'amianto “sono ben note agli esperti del settore e sono state prese in piena considerazione dagli estensori del Piano”, osserva Walter Napoli, tossicologo ed esperto ambientale. “Le procedure amministrative ai vari livelli e le tecniche utilizzate – spiega – si mostrano coerenti e ben integrate nel proposito di perseguire il miglior risultato per la rilevazione, il controllo e l'inertizzazione dei manufatti contenenti amianto sul nostro territorio”. “Non sono, però, da sottovalutare le insidie presenti, sia per la complessità esecutiva e di coordinamento delle azioni definite dal piano d'intervento, sia per gli interessi eterodiretti che possono intervenire per modificare, in corso d'opera, le giuste ed efficaci intenzioni iniziali”. Nel Piano, annota, “è prevista la partecipazione di un pubblico qualificato che potrà contribuire, con proprie competenze ed esperienze, ad affrontare un'emergenza che coinvolge problemi tecnici e sociali”. Per Napoli sarà necessario “promuovere una cultura che permetta una relazione costruttiva fra le diversità”. “Possiamo, forse, con questo piano regionale, dando rilevanza e senso alle attività di sorveglianza, cogliere l'occasione – conclude – per attivare anche una cultura della partecipazione contributiva e decisionale”.