Tutti partecipi della missione

di A. Michele Pappagallo

Dal recente mese di Novembre, fino al prossimo mese di Gennaio, le associazioni parrocchiali di Azione Cattolica sono chiamate a celebrare, nel rispetto dei dettati statutari, i ciclici momenti assembleari per il rinnovo e/o la conferma delle responsabilità, unitarie e di settore, al fine di riprendere il cammino ecclesiale e l’impegno sociale futuri con rinnovato slancio. Tale pratica avrà, nel prossimo Febbraio, la sua conclusione nell’individuazione dei componenti il nuovo Consiglio diocesano e la nuova Presidenza.

Tuttavia, tali momenti di rinnovamento di cariche e responsabilità, attraverso il metodo democratico che ha sempre connotato l’identità associativa dell’A.C., costituiscono anche l’occasione per verificare lo stato di salute dell’associazione, per tastarle il polso e attuare interventi programmatici mirati se si individuano lati carenti e aspetti associativi non perfettamente in linea con i principi statutari. Infatti, quasi al giro di boa delle assemblee parrocchiali, è senz’altro doveroso chiedersi: come sta l’A.C. della nostra diocesi?

Sicuramente non vogliamo limitarci in questo scritto ad una riflessione, sterile e autoreferenziale, che tenga conto solo dei numeri e delle relative statistiche che dalla lettura degli stessi potrebbero scaturire. Anzi, al fine di diradare qualsiasi sospetto su commenti rassicuranti e perbenisti che potrebbero scaturire da semplici interpretazioni o proiezioni di numeri, parziali o complessivi, liquidiamo subito la questione con un laconico commento: riguardo ai numeri l’A.C. diocesana è sicuramente in progressiva e serena conferma del trend degli ultimi cinque anni (4.500 iscritti tra ragazzi, giovani/issimi, adulti/issimi), situazione risultante dall’inesorabile crescita e indiscutibile presenza dell’associazione in più della metà delle parrocchie della nostra diocesi, nonostante le difficoltà di cammino riscontrate in alcune, che non hanno impedito una conferma del numero degli iscritti.

Ma l’analisi dei numeri può veramente esaurire la riflessione su un’associazione che, al di fuori di ogni retorica, ha da sempre posto l’accento sul contenuto, piuttosto che sulla forma? E che, pur contemplando in sé stessa aspetti normativi e statutari che non dovrebbero essere minimizzati e sviliti, ha, tuttavia, in un passato non molto lontano, contribuito a formare persone come Giuseppe Lazzati, Aldo Moro, Giuseppe Dossetti, Vittorio Bachelet, che hanno dato un notevole contributo di contenuti all’identità storica del laicato cristiano e alle nostre istituzioni pubbliche?

Il commento ad alcune luci di posizione che connotano l’A.C. potrebbe darci l’esatta diagnosi della nostra associazione. Tra gli aspetti positivi possiamo annoverare la formazione biblica, teologica e spirituale alla quale, secondo le percentuali relative alla partecipazione, gli iscritti sono molto interessati. Tra gli aspetti di criticità elenchiamo la difficoltà nella partecipazione degli aderenti ai momenti di riflessione diocesani che vanno oltre quelli di inizio e fine anno pastorale e che devono essere considerati come ambiti specifici in cui esprimere il proprio impegno associativo. Il problema dei linguaggi attraverso cui passa oggi il messaggio evangelico non può non imporsi ad un’associazione il cui apostolato deve fare i conti con la complessità e la frammentazione dei contesti culturali tipici della postmodernità.

Un altro elemento positivo può senz’altro individuarsi nella scelta democratica dei propri responsabili. Tale “pratica” ha valore aggiunto nell’A.C. solo se l’elezione di un responsabile è il momento finale di un cammino di corresponsabilità che significa la partecipazione di tutti alla missione di tutti. Tale partecipazione significa anzitutto la condivisione degli obiettivi dell’associazione e dei mezzi per raggiungerli, attraverso un cammino comune fatto di studio, di prove, di esperienze. In quest’ottica appare, quindi, quanto mai vero l’asserto fondamentale secondo cui i ruoli di guida associativi costituiscono solo delle figure di servizio, che cambiano a seconda delle disponibilità e del tempo, ma ciò che resta è la figura alta dell’aderente ad un’associazione che vede nel suo specifico quello della missione del laico cristiano nel mondo contemporaneo. In questo, tuttavia, si riscontra l’elemento di criticità più evidente della nostra associazione. Oggi l’Azione Cattolica deve sentire il bisogno di trovare nuova forma e nuovo slancio negli aspetti più semplici e ordinari della vita, che non vanno trascurati o dati per scontati, ma hanno bisogno di una cura attenta. Il rinnovamento che l’associazione deve cercare non è nell’invenzione di chissà quali forme vistose, ma piuttosto in una vita associativa vera e significativa, che ritrovi il proprio valore negli aspetti più autentici del suo essere e che resista alla tentazione dell’abitudinarietà, che troppo spesso porta a ripetere stancamente il passato.