Luce e Vita - Vocazioni

don Ignazio e don Massimiliano novelli sacerdoti per Dio e per il suo popolo

Intervista del 31 ottobre 2021

Sabato 30 ottobre nella Cattedrale di Molfetta don Ignazio de Nichilo è stato ordinato sacerdote; sabato 6 novembre nella Concattedrale di Ruvo il diacono don Massimiliano De Silvio sarà ordinato anch’egli da Mons. Cornacchia. Diretta su Tele Dehon (can. 18-518).

Luce e Vita ha dedicato il paginone del 31 ottobre: la storia vocazionale, le persone determinanti, le difficoltà, gli studi, il celibato, il magistero del Papa, il rapporto con i social… questi alcuni temi trattati nell’intervista curata da Elisa Tedeschi.

Come ti senti a pochi giorni dall’ordinazione?
(Ignazio) Non ci sono parole! L’emozione è enorme, mista a un senso di inadeguatezza e di timore di non saper corrispondere ad una chiamata così importante, insieme alla fiducia che, se il Signore mi ha scelto per questa storia insieme, avrà avuto le sue buone motivazioni e non mancherà di sostenermi. Il percorso è stato lungo, faticoso, ma bello. Ora, guardandomi indietro, mi rendo conto di quanto io sia cambiato dal mio ingresso in seminario, di come sia cresciuto e mi sento davvero debitore di tutta la grazia che sempre mi ha sostenuto e permesso di arrivare sin qui attraverso le esperienze, gli incontri, le persone che mi hanno affiancato da allora.
(Massimiliano) Un tripudio di emozioni si generano in me. Innanzitutto, un sentimento di piccolezza: resto in silenzio davanti a questo mistero e mi chiedo perché il Signore abbia scelto proprio me. Ma forse, proprio in questo mio limite sta la possibilità di far emergere in toto la Sua opera. Mi affido alla Provvidenza, ai Suoi disegni, contemplando il Suo Volto che ho potuto scoprire a poco a poco in tutti questi anni di preparazione. Nutro sentimenti di gratitudine per tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi anni, per chi non c’è più, per chi incontro ogni giorno nella parrocchia qui a Roma dove collaboro, per la gente semplice che incontro in metro o nelle chiesette di sera quando mi fermo per un po’ di meditazione per stare a tu per tu con il Signore, per chi contribuisce alla mia formazione presso la Pontificia Università Gregoriana.
Com’è nata la tua vocazione?
(Ignazio) Sono entrato in seminario bambino, nel 2004, a dieci anni, senza nemmeno sapere cosa fosse, dopo una confessione che aveva confermato la chiamata che sentivo già dentro di me. Ero un ragazzino che frequentava l’ACR dell’Immacolata di Molfetta.
(Massimiliano) La mia vocazione è nata con me, c’era già nel grembo di mia madre. Più crescevo, più si delineavano tratti e profilo di quel Volto misterioso che mi ha accompagnato sin da quando sono stato in grado di capire, attraverso le varie esperienze in famiglia, nella mia parrocchia di S. Domenico a Ruvo. Moltissimo devo alle suore della FMA, che ho sempre frequentato sin da bambino: erano la mia seconda casa. A mio padre, testimone oculare della Chiesa del “grembiule” di Don Tonino, quando, all’indomani dei suoi turni notturni alla stazione di Molfetta, raccontava, inconsapevole di stare forgiando in me un’immagine ideale di sacerdote, di come lo scopriva intento a soccorrere gli ultimi di notte, incurante del freddo e dei pericoli. La culla della mia vocazione è stata certamente la mia famiglia. Infatti, da bambino, durante una Santa Messa domenicale, una frase di Matteo si è incisa nel mio animo :”Dov’è il tuo cuore, là sarà il tuo tesoro”. Da allora ho cercato “il tesoro” e, pur coinvolto in mille attività, dalla laurea ai corsi di specializzazione, non ero mai soddisfatto! Galeotto è stato lo stesso mio nome! Infatti, fu proprio in occasione del consueto viaggio a Padova con i miei a circa 5 o 6 anni che, entrando in Basilica, fui attratto dalla grande tela di questo Santo che non conoscevo affatto. Cominciai ad interessarmi della sua vita, diventando per me un altro modello sacerdotale che però non riuscivo ad esplicitare. Bisognava solo trovare il coraggio! Grazie ad un viaggio in Polonia, tra i campi di sterminio, attraverso il sacrificio di padre Kolbe, non ho avuto più titubanze. Davanti alla Madonna Nera di Chesthokova, a Jasna Gora, ho detto di sì a Dio, in piedi, incantato, mentre all’Elevazione, un fedele mi diceva di inginocchiarmi perché “Lì è Colui che tu cerchi”.
Quali figure di santità o laici hanno particolarmente influito sulla tua scelta?
(Ignazio) Prima di arrivare ai santi canonizzati, mi hanno aiutato i “santi della porta accanto”, di chi vive il Vangelo nella semplicità del quotidiano. Tra queste, devo molto a Don Mimmo Amato, per me una guida insostituibile che mi è stato caro come un padre, la cui perdita reca un velo di tristezza alla mia ordinazione. La mia famiglia è stata preziosa nel mio cammino, in particolare la mia nonna paterna. La sua devozione popolare ma sincera e forte durante le processioni a Molfetta mi ha iniziato alla teologia, facendo germogliare in me la vocazione. E poi tutto l’ambiente parrocchiale dell’Immacolata che frequentavo. Rispetto ai grandi santi, i miei modelli di riferimento sono San Giuseppe Cottolengo e San Giovanni Bosco. Il primo l’ho scoperto durante i miei tre anni di volontariato al “Cottolengo”. Nella mia permanenza lì, abitavo proprio accanto alla Chiesa di San Giovanni Bosco e così, durante i momenti più difficili, San Giovanni Bosco è stato un’ancora di salvezza. Poi le tante famiglie che ho incontrato durante l’esperienza della Pastorale Familiare Nazionale, percorso che sto ancora seguendo, anonime ma che vivono appieno la loro realtà, come Roberto e Flavia di Perugia, Laura e Gabriele di Macerata, Silvia e Giorgio…dalle storie non straordinarie, da eroi, ma che affrontano la vocazione dell’essere famiglia in modo straordinario, affidandosi a Dio, avendo Cristo come chiave di lettura di tutta la loro vita, che potrebbe essere la svolta di salvezza per tutte le famiglie di oggi.
Come vivi la scelta del celibato?
(Ignazio) è fondamentale per chi intraprende questo cammino. La considero una chiamata nella chiamata. Non è facile, certo. Ma dal momento che è il Signore che chiama, chiama anche a questo ed Lui dà anche la forza per affrontarla. Il celibato è necessario perché non ti lega a nessuno in particolare e ti permette di essere tutto per tutti. è una scelta che ti fa essere “amante” di tutti, sposo, sposa, amico, vicino senza avere un legame vincolante che è, invece, alla base della vocazione familiare. è la condizione per poter essere portatori del Regno di Dio a tutti.
(Massimiliano) Ho sempre considerato il celibato un’opportunità più che un limite. La vocazione è come una casa grande dove vi sono tante finestre e una di queste è il celibato. Da esse proviene luce e grande disponibilità ad amare come Cristo ha amato la sua Chiesa, senza se e senza ma. è un cammino con Cristo secondo il suo esempio e impastati del Suo esempio d’amore e di fedeltà.
Quali sono i temi del magistero di Papa Francesco che senti più vicini e quelli su cui hai perplessità o ti senti poco preparato?
(Ignazio) Amo il Papa, non mi trovo in disaccordo in nulla. Ho letto i suoi scritti che apportano un’aria di novità nella Chiesa non perché annullano ciò che è stato detto prima, ma perché sanno esprimere la bellezza della Chiesa e di Cristo con parole moderne, con il nostro vocabolario, in continuità con il passato. Il Papa fa passare il messaggio evangelico grazie alla sua comunicabilità. Mi sento preparato sull’Amoris Laetitia spesso relegata a dibattiti spiccioli su note di poco conto rispetto alle grandi tematiche affrontate che, messe in atto, porterebbero una migliore capacità di comprensione e di parlare di Dio, dal momento che include tutti, dai vecchi ai giovani.
(Massimiliano) Il Papa è riuscito a innescare processi di comunicazione che mirano a un dialogo comune, tra credenti e non. Ora si parla di sinodalità: significa rendere i contesti di vita, pastorali, più dinamici non passivi per la persona vista nella concretezza della sua singolarità, che ha necessità di un proprio percorso di discernimento. Significa risvegliare la fratellanza, intimamente connessa al tema della Misericordia. Riscoprire l’uomo che vive relazioni positive con gli altri e si pone in armonia con il Creato, attraverso cui si esprime la magnificenza e la grandezza di Dio. A me come sacerdote e fedele devono stare a cuore queste tematiche, insieme al discernimento al centro dell’Amoris Laetitia, per vedere gli altri come specchio del Volto di Dio e bisognosi di Misericordia.
Quali sono state le difficoltà e le conferme nel tuo cammino vocazionale?
(Ignazio) Una difficoltà che si è tramutata in una risorsa è stata la chiamata del Vescovo a svolgere il volontariato al Cottolengo a Torino, essendo io molto legato alla mia realtà diocesana, alle mie abitudini. Sono stato messo alla prova di fronte a situazioni nuove, in un contesto in cui non conoscevo nessuno, a svolgere compiti inaspettati. Ma ciò si è rivelato poi la conferma incontrovertibile della mia vocazione. Lì dove sembrava dover crollare tutto, è invece rifiorita la mia vocazione. La sofferenza vissuta come un dono di Dio degli ammalati, la gioia dei volontari, dei sacerdoti in quella piccola cittadella, unito all’inizio del mio coinvolgimento nella pastorale familiare e allo studio della teologia morale mi hanno fatto scorgere un volto di Dio nuovo e hanno significato una ripartenza per la mia vocazione.
(Massimiliano) La difficoltà è stata quella di rispondere alla chiamata, di trovare il coraggio di dire sì senza paura, sentendomi io così piccolo e inadeguato a questa missione, dubitando di tutti quei segnali che invece via via diventavano un tracciato verso Cristo. Sono stato sempre vicino a chi si trovava nei marosi della vita, agli “scarti” della società, e lì ho trovato il coraggio della vita, della scelta. Alcuni degli insegnamenti più importanti li ho ricevuti anche dagli ospiti della C.A.S.A., che sapevano cosa fosse il bene, il valore della vita vissuta, proprio perché ne erano stati privati. Mi hanno spinto loro verso la felicità di questa scelta.
Che rapporto hai con i social e quanto li puoi considerare strumento di evangelizzazione?
(Ignazio) Fondamentali. Si tratta di strumenti che se usati bene sono essenziali, sebbene possano risultare anche pericolosi. Nel mio impegno qui alla Madonna della Rosa, sono indispensabili per catturare l’attenzione di questi giovani affascinanti e bellissimi, ma anche fragili. Mi consentono di poter dire Dio con il linguaggio che essi stessi utilizzano. Sono un mezzo irrinunciabile per comunicare e attirarne l’attenzione.
(Massimiliano) è chiaro che occorre parlare e accompagnare i singoli fedeli con un linguaggio adeguato e adatto ai nostri tempi, in particolare in tempi segnati dalla pandemia. I social sono stati lo strumento più efficace per far sentire la vicinanza di Dio ai più soli e sofferenti, uno strumento potente per sollevare gli animi, ascoltare gli afflitti, raggiungere i più disperati. Non possiamo più farne a meno.
Quale messaggio daresti ai giovani per aiutarli a comprendere la vocazione della loro vita?
(Ignazio) La carenza di punti di riferimento incide nelle loro scelte di vita. A volte chi sta loro accanto non riesce ad aiutarli a leggere la loro vocazione. Ciò che mi riprometto di comunicare è che seguire Cristo non è una scelta da cretini o bigotti. è una scelta di vita, significa abbracciare uno stile di vita che ti responsabilizza, non banalizza mai le tue esperienze. Cristo non è una teoria, una morale, una dottrina. Cristo è una persona di cui, dopo averla incontrata, non puoi più farne a meno. è un incontro che ti cambia la vita. Non è facile incontrarlo oggi, distratti da tante voci. Significa intraprendere un percorso che richiede il coraggio di andare controcorrente, di fare scelte ”diverse”. Ma significa anche poter vivere una vita con compagnia nuova, non uguale a quella del mondo, certi che nulla si perde, ma tutto si guadagna.
(Massimiliano) “Dov’ è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” è il punto d’inizio che dovrebbe guidare ogni persona, bambino, giovane.. Trovare il nostro cuore e custodire il tesoro più prezioso della nostra vocazione equivale a far germogliare quei germi di vita che il Signore dà a ciascuno di noi. Per farli germogliare occorre farsi aiutare da chi ci vuol bene ed è testimone di verità. Avere il coraggio di attraversare l’inverno delle nostre incertezze e perplessità per giungere alla fioritura della nostra unica e insostituibile vocazione nel giardino immenso di tutta la Creazione.

a cura di Elisa Tedeschi, redazione
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