Chi ha voluto attardarsi nell’analisi del titolo della terza enciclica di Papa Francesco, che firma il 3 ottobre nel luogo del Santo di Assisi, denunciando quasi una esclusione delle donne o di altre categorie tra i destinatari di un documento che per definizione è universale (“lettera circolare” questo è il significato della parola “enciclica”), non ha dato un contributo positivo e utile alla verità.
Mentre scriviamo non conosciamo il contenuto dell’enciclica, ma quel titolo Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale non può essere frainteso o strumentalizzato. Con l’incipit della sua terza enciclica, “Omnes fratres” Papa Francesco rimanda espressamente a Francesco d’Assisi e al suo messaggio universale. In questa prospettiva di fratellanza vanno letti questi anni di pontificato e non può essere diversamente, se Bergoglio sceglie proprio il Poverello di Assisi quale icona del suo ministero petrino.
Era il 27 marzo quando, in piena pandemia, Papa Francesco invocava la comune appartenenza alla quale non possiamo sottrarci e che proprio il Covid, ahinoi, ci ha ricordato: “Con la tempesta è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.
Sono tanti coloro che fanno le pulci ad ogni gesto o parola del Pontefice, di questo Pontefice in particolare. Tanti che lo vorrebbero ingessato nel ruolo, attento ad ogni virgola, ad ogni intercalare. Tra questi, forbiti pensatori e ferventi devoti delle nostre parrocchie che si sbizzarriscono sui social a ripubblicare o condividere post che, più o meno palesemente, gettano discredito sul magistero e sull’azione di Francesco, detraggono la portata profetica dei suoi gesti e si scandalizzano per qualche parola detta a braccio. Al Papa non è concesso manifestare la profonda semplicità, la disarmante umanità? E’ un’esperienza che noi diocesani conosciamo: non è forse accaduto anche dalle nostre parti trent’anni anni fa, rispetto a parole e gesti del nostro pastore don Tonino, allora scandalizzanti, oggi declamate? E a cosa dovrebbe richiamarci la parola del Vicario di Cristo se non anche a questa “benedetta appartenenza comune” che ci fa essere fratelli e sorelle, figli dell’unico Dio? Quale Volto del Padre vorremmo ci mostrasse, se non quello misericordioso?
Sentiamo allora di dire grazie a Papa Francesco, forte e convinto! Vogliamo leggere l’enciclica non come documento da studiare per un esercizio puramente accademico, ma come direzione da seguire.
Essere fratelli. Anzi, fratelli e sorelle, tutti.
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