Famiglia e Paese possono (devono) crescere insieme

di M. Michela Nicolais

‘Coraggio, avanti su questa strada con le famiglie!’. È il saluto, pieno di slancio e di affetto, che Papa Francesco, dopo l’Angelus, ha rivolto ai milletrecento partecipanti alla 47ª Settimana Sociale di Torino, che era iniziata con un suo messaggio e proseguita con la prolusione del cardinale Bagnasco. A conclusione dell’appuntamento domenicale con i fedeli in piazza San Pietro, il Papa si è unito idealmente alla platea torinese citando il tema della Settimana e rallegrandosi ‘per il grande impegno che c’è nella Chiesa in Italia con le famiglie e per le famiglie e che è un forte stimolo anche per le istituzioni e per tutto il Paese’. Famiglie e Paese: un binomio che dal Teatro Regio, subito prima di ascoltare le parole di Francesco, si è sentito vibrare con forza: ‘La famiglia non è un affare privato’. È ‘la prima conclusione, il punto di non ritorno del nostro cammino’, ha detto tracciando le fila dei lavori Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore. Ma, soprattutto, ‘ci costringe a inserire nel dibattito pubblico italiano

un elemento scandalosamente scorretto’. L’appuntamento è al 2017 – ha annunciato monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente delle Settimane Sociali – per continuare un cammino iniziato più di un secolo fa e che ha visto nella figura di Toniolo e nella città di Torino un significativo avamposto. Protagonisti, oggi come allora, i laici, chiamati a ‘combattere’, soprattutto in ambito politico, la ‘buona battaglia’ con ‘l’agonismo della libertà’.

 

Un ‘new deal’ sulla famiglia. ‘La famiglia non è un affare privato’, e l’architettura della famiglia ‘è una parte essenziale, ineliminabile, dell’architettura della civitas’. Nelle conclusioni di Diotallevi è risuonata, dall’inizio, la prolusione del cardinale Bagnasco, che fin dalle prime battute ha esortato la platea a ‘provare ad ascoltare l’uomo e la donna di oggi, senza pregiudizi o filtri ideologici’. L’obiettivo: un ‘new deal’ sulla famiglia, auspicato anche da Franco Pasquali, coordinatore di Retinopera. Prima mossa: un esame di coscienza. Diotallevi è volutamente provocatorio: ‘Cosa abbiamo fatto noi laici cattolici italiani, in questi tre anni nella civitas e nella ecclesia, anni così difficili e talvolta drammatici. E ancora: ‘È inutile, o ipocrita, che i laici cattolici italiani si pongano la questione della famiglia senza porsi anche con schiettezza lo Stato in cui versa oggi il cattolicesimo politico in Italia’.

 

I laici in prima fila. ‘Se è vero che la famiglia non è un affare privato, ma pubblico, ciò significa che il caso della famiglia ha molti profili, e sicuramente uno anche politico’. È una vera e propria ‘chiamata alle armi’, nella direzione pacifica di chi accetta il dialogo e il confronto, quella di Diotallevi. ‘Bisogna combattere’, e la partita si gioca sul piano politico, è lì che vanno pensate con creatività le ‘azioni collettive’, che rimandano a una parola che è ricorsa molto di frequente nella Settimana Sociale: ‘Alleanza’. Quello dei laici cattolici si profila come ‘un impegno pesante e protratto nel tempo’. Inutile nascondersi, del resto, che ‘sono decenni che agli italiani viene negato di avere un voto pesante almeno quanto quello che hanno i cittadini delle grandi democrazie’. Vogliamo essere noi, invece, a decidere chi ci rappresenta, ne abbiamo il diritto e il dovere.

 

L’agonismo della libertà. ‘Bisogna combattere’, con ‘l’agonismo della libertà’ di sturziana memoria e con la capacità di ‘convergere’. E la prima battaglia è quella di ‘continuare ad affermare lo spirito e la lettera con cui la nostra Costituzione riconosce i diritti e i doveri di quella particolare formazione sociale che è la famiglia fondata sul matrimonio. Non possiamo spaventarci né tacere di fronte a chi propone o minaccia di trasformare un diritto in un reato di opinione’. Ma sono tanti i temi sul tappeto, come ‘la valenza pubblica dell’impegno educativo, la contestazione radicale che va portata alla pretesa dello Stato di farsi educatore, la crisi dell’educazione alla laboriosità e all’intraprendere, il carattere ingiusto e inefficiente della pressione fiscale che oggi debbono sopportare i contribuenti italiani e le loro famiglie, la onerosità e gli aspetti sperequativi del modello di welfare State tuttora imperante’. Senza contare lo ‘sfruttamento’ delle famiglie immigrate e il degrado degli spazi urbani che incide sulla qualità della vita, non solo delle periferie. Le Settimane Sociali, ha detto il Papa all’apertura di questa edizione, ‘sono state provvidenziali e preziose, e lo sono ancora oggi’. Anche per la loro capacità di ‘affrontare, e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali posti dall’attuale evoluzione della società’. ‘Coraggio, avanti’, il suo invito all’Angelus.

Appuntamento, allora, nel 2017.