Spending review e giustizia, binomio impossibile

di Domenico Facchini

Siamo ormai soliti adoperare nel linguaggio corrente espressioni e termini inglesi, quasi che la lingua di Dante Alighieri non sia più in grado di esprimere efficacemente il pensiero dell’homo italicus. Da tale sindrome ‘ forse dettata da un certo senso di inferiorità rispetto alla lingua anglosassone o da mera schiccheria (!?!) ‘ non è neppure immune il linguaggio politico-legislativo.

È di questi giorni l’introduzione, per esempio, della cosiddetta service tax della quale siamo tutti in attesa di conoscerne concretamente l’incidenza (che più conta!) sulle tasche degli italiani.

È da tempo che si sente parlare di spending review per rilanciare l’economia del Bel Paese.

La spending review indica la politica di contenimento della spesa pubblica per arginare il deficit (debito) pubblico, riducendo i costi di gestione della macchina dello Stato.

In questa prospettiva di riduzione di spesa si inserisce anche la revisione della cosiddetta geografia giudiziaria (decreto legislativo n. 155/2012), in vigore dal 13 settembre 2013, con il riordino (fra gli altri) del Tribunale di Trani, cui compete l’esercizio della giustizia per le città di Molfetta, Ruvo di Puglia e Terlizzi, e del Tribunale di Bari, competente per Giovinazzo. La riforma di cui si discute ha portato alla chiusura anche della Sezione Distaccata di Ruvo di Puglia e al mantenimento provvisorio, ancora per due anni per esaurire l’arretrato, di quella di Molfetta.

Argomento a parte è quello degli uffici del Giudice di Pace.

Si è giunti così ad una reductio ad unum dell’esercizio della giustizia presso la sola sede centrale del Tribunale di Trani ove devono incardinarsi i nuovi procedimenti. È evidente che tale riorganizzazione e la conseguente riduzione della spesa pubblica, ove effettiva, è cosa buona e giusta, ma nella misura in cui tale decisione non provochi conseguenze peggiori del male che si vuole curare.

Senza esprimere giudizi su tale riordino/soppressione e in attesa di verificarne i reali risultati in termini di efficienza ed efficacia, deve comunque e sin d’ora evidenziarsi che si tratta pur sempre di provvedimenti tampone privi di una visione organica e d’insieme.

Le intuibili e inevitabili ripercussioni pratiche -ivi compresi i rinvii d’ufficio delle cause per consentire la concreta sistemazione presso le sedi centrali dei tribunali- stanno determinando ulteriori rallentamenti e disagi nei cittadini che attendono pazienti la fine dei procedimenti che interessano.

Una giustizia certa, celere e giusta è garanzia di sviluppo economico, di investimenti e di fiducia nella presenza nel territorio dello Stato.

E allora, fermo restando le deroghe che tale provvedimento normativo ha alla fine avuto e considerato che la riduzione della spesa pubblica non può riguardare indistintamente tutte le voci di bilancio dello Stato, il riordino/soppressione dei tribunali ‘ a sommesso parere di chi scrive ‘ può avere un proficuo risultato soltanto se accanto a tale misura vi è una cospicua iniezione di risorse economiche e umane nel sistema (per es. concorsi per nuovi magistrati e per nuovi operatori, a vario titolo, del settore) così da rendere più veloce il corso delle cause, anche con riferimento agli innumerevoli adempimenti processuali che incombono sugli uffici. E non certo una riduzione di spesa.

Diversamente il risultato è una ancor più lentezza nella definizione dei procedimenti, con l’eventuale svuotamento di fatto del diritto/dovere di giustizia che spetta allo Stato nei confronti dei propri cittadini.

Se a questo si aggiunge l’aumento, quasi costante nelle recenti misure economiche, delle spese necessarie per intraprendere una causa ‘ si vedano, per esempio, le misure in tal senso della ‘legge di stabilità’ appena varata dal Governo, sebbene non ancora operativa perché soggetta ai dovuti passaggi parlamentari ‘ a carico dei cittadini, è chiaro che la giustizia, oltre che rimanere lenta (per questo, a volte, inefficace), potrebbe finire con il diventare addirittura un lusso per pochi. Con buona pace dell’art. 24 della Costituzione Italiana che garantisce a tutti l’azione in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

E allora, delle due l’una! Di qui l’impossibilità di coniugare, almeno in questo momento storico, riduzione di spesa pubblica (spending review) e giustizia. Una giustizia lenta, che arriva sovente tardi, che continua a gravare oltremodo sui cittadini, rischia talvolta di mostrarsi persino ingiusta.