Dopo più di ottanta giorni di melina, la domenica della Trinità la crisi italiana accelera bruscamente, assumendo toni, come spesso ci accade, insieme drammatici e grotteschi.
Come era largamente annunciato, il tentativo di formare un governo “giallo-verde”, alla guida del quale era stato designato un brillante professore del tutto privo di esperienza, naufraga sul nome del ministro in pectore dell’economia, Paolo Savona. Il leader della Lega, confermandosi abilissimo in quella campagna elettorale permanente che ormai è diventata la politica italiana, non aspettava altro per far saltare un’operazione fin da subito assai precaria. Coglie così più risultati con una sola mossa e soprattutto mette in difficoltà il suo alleato di qualche giorno, il Movimento Cinque Stelle, che reagisce scompostamente minacciando azioni di piazza e la messa in stato di accusa del presidente della Repubblica, responsabile, sicuro e fin troppo paziente gestore di una vicenda piena di contraddizioni.
Di qui i punti strutturali della crisi.
Prima la campagna elettorale e poi lo svolgimento della crisi hanno fatto emergere un drammatico problema di qualità dell’offerta politica.
Problema che è evidentissimo da almeno tre punti di vista, ovvero su tre piani: la qualità del personale politico, la qualità dei programmi e la qualità delle relazioni interistituzionali. Su questa china si arriva al secondo e connesso grande tema, ovvero la qualità del nostro sistema democratico e, di conseguenza, l’idea di Italia. Purtroppo i due punti di crisi sono tra loro strettamente connessi e si alimentano a vicenda.
Per questo bisogna attivare iniziative positive: ne aveva parlato, con toni accorati e molto lucidi, il cardinale Bassetti all’assemblea della Conferenza episcopale italiana, concludendo con il riferimento, cento anni fa, ma soprattutto per l’oggi e il domani, all’appello sturziano ai liberi e forti.
In Italia ci sono mondi vitali e tante energie vere. Il problema è che moneta cattiva scaccia quella buona, ovvero un discorso politico violento, pur in fin dei conti inconcludente, seduce comunque. Anche perché vellica le nostre pulsioni e ci deresponsabilizza.
Ecco, allora, la necessità, pur in tempi molto stretti, di ragionare in prospettiva, chiamando le cose come stanno, rispettando le istituzioni, che sono un bene di tutti e denunciando tutte le propagande. Si tratta insomma di scongiurare, lavorando sull’offerta, la deriva drammatica e grottesca della crisi italiana, che sembra ora fatalmente diretta verso nuove elezioni. Non ha senso polarizzare il sistema e, dunque, l’offerta politica tra europeisti e non europeisti, tra populisti e benpensanti, così come tra vecchio e nuovo. Partiamo dalla realtà e dai nostri tanti problemi. Elezioni ravvicinate sono spesso segno di crisi di sistema. Che ci si arrivi almeno con una offerta politica nuova. Nuova e finalmente adeguata.
di Francesco Bonini