Il Fronte dei ribelli replica a Renato Brucoli: «la Memoria va contestualizzata»

Lettera del Centro sociale "Il Fronte dei Ribelli"

Riceviamo e pubblichiamo:

«Gent.mo dott. Brucoli,

con molto dispiacere e rammarico ci vediamo costretti a controreplicare nel merito al suo articolo apparso martedì 17 luglio sulle testate di terlizzilive, terlizziviva e sul sito ufficiale della diocesi locale.

In qualità di pericolosi estremisti, forse presunti terroristi, almeno così lo stato D’Israele definisce coloro che portano le kefieh, ci teniamo a precisare in maniera stranamente pacata delle cose.

In primis siamo costernati di essere stati per Lei troppo ondivaghi, disinformati, confusi, pretestuosi e polemici, ma ci permetta di esplicitarLe meglio quello che noi stiamo cercando di dire.

Se Don Pietro Pappagallo fa parte della memoria della resistenza italiana, nessuno può vantare dei diritti di “copyright in qualità di custode”. Ben venga il suo impegno di cui ci felicitiamo, ma una memoria che si colloca in un determinato periodo storico senza che il futuro possa trarne beneficio, è una memoria vuota, cieca, abietta.

L’elenco poi di personalità che sono a favore di suddetto riconoscimento, tra cui ci sarebbe anche l’ex presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, stia tranquillo, non ci faranno desistere dal nostro impegno, che è quello di rendere la memoria viva.

Lei provi solo ad immaginare cosa potrebbe pensare un uomo che dopo essersi sacrificato in difesa di una minoranza oppressa, dall’aldilà, si chiede come quella minoranza possa essere diventata dopo una guerra maggioranza che opprime.

Come può chi ha vissuto l’oppressione dell’uomo sull’altro uomo, legittimare simile violenza.

Come può la Memoria essere viva, se si dimenticano i motivi per cui le persone hanno fatto scelte forti.

Questo ci siamo chiesti, davanti ad un riconoscimento che se pur raccoglie un entourage autoctono, di certo non cancella ciò che è, e cioè un governo di criminali e di assassini.

E coloro che direttamente o indirettamente lo riconoscono, senza sentire il peso delle numerose morti di gente indifesa che reclama giustizia, sono responsabili del peso delle parole dette e scritte, soprattutto quando usano il sito della diocesi e il consenso strumentale di una maggioranza che non ha pensiero critico, per legittimare posizioni che sono totalmente in contrasto con i diritti umani, perché questo è oggi riconoscere l’istituzione dello stato di Israele.

Forse saremo estremisti, strumentali, ma bisogna avere il peso delle coscienze, poiché il riconoscimento ebraico non è solo frutto di una istituzione, ma è anche la differenziazione dell’essere umano sotto il profilo religioso.

La nostra nota iniziale infatti rispondeva al nipote, poiché nell’articolo iniziale di terlizzilive si riportavano le sue dichiarazioni.

Crediamo in coscienza semplicemente di aver preso le difese degli oppressi, contestualizzando la memoria e rendendola viva. L’idea infatti di questa premiazione è un po’ come se Giovanni Falcone fosse premiato da Cosa Nostra per la sua battaglia contro la mafia.

E non solo. Le diremo di più. Se la memoria, proprio in questo tempo globalizzato, dovesse essere sbiadita o non usata per non ripetere la storia, allora quella si che sarebbe una grave perdita.

Poiché ieri erano i nazisti, oggi si chiamano israeliani.»