I giorni della crisi

di Vincenzo Zanzarella

Che sta succedendo: è questa la domanda che aleggia tra gli ambienti della politica e dell’economia. Ma anche nella mente della gente comune. Domanda che inchioda i pensieri quando ad ogni annuncio di crisi segue un annuncio di ripresa, ma dopo qualche giorno si apre una crisi da qualche altra parte del mondo. Ed i rattristanti effetti della globalizzazione infrangono le convinzioni sulla sua utilità.

Perché nasce una crisi. Semplicemente perché, nonostante tutto il pianeta abbia scelto l’economia di mercato, la movimentazione dei capitali non poggia esclusivamente sulla produzione e sugli scambi, risentendo invece dell’incisivo intervento dello Stato che ‘ socio di maggioranza del sistema economico nazionale ‘ offre la propria quota di partecipazione rappresentata dal debito pubblico.

Con il debito pubblico lo Stato assorbe energie monetarie e mantiene a galla un impianto artificiale, decidendo alla bisogna gli incentivi per l’aumento dei consumi o le agevolazioni fiscali ma lasciando intatte le cause strutturali e sociali delle crisi. Gli sprechi sono all’ordine del giorno ma le misure di razionalizzazione non sono bene accette. Per fare un esempio, se lo Stato vuole la razionalizzazione della spesa scolastica, gli insegnanti protestano per mantenere gli attuali livelli occupazionali; tutto rimane come prima ma il conto di tali scelte sfociano in eclatanti recessioni. Altro argomento classico è il welfare che va dall’aiuto economico alla famiglia senza reddito ai finanziamenti per l’imprenditorialità giovanile, femminile o tematica che sia. è facile dire che i politici sono troppi e pagati molto oppure che esistono enti inutili: ognuno di noi è causa del debito pubblico quando si intasca un beneficio, un contributo, un’agevolazione dallo Stato o dagli enti locali. Oppure quando una pensione di invalidità non migliora la vita dell’invalido ma lo dota di una risorsa economica aggiuntiva per i consumi superflui.

I giorni delle crisi sono tempi d’oro per gli speculatori. Spregiudicati amministratori delegati provvedono a licenziamenti collettivi per scaricare il costo del lavoro sulla cassa integrazione, oppure per lucrare sugli incentivi per le assunzioni. Sono chiamati “professionisti dei fallimenti” e loro compagni sono gli speculatori di borsa, che determinano in pochi minuti le sorti di imprese. La moneta europea risente delle manovre nazionali e sovranazionali, perché nelle Borse che contano i livelli di cambio salgono o scendono a seconda delle operazioni di chirurgia finanziaria. Infatti, dopo una riunione fiume sul caso Grecia (ma fra poco toccherà a Spagna e Portogallo), i ministri economici dell’Unione europea riuniti a Bruxelles hanno deciso un intervento senza precedenti da 750 miliardi di euro, due terzi dei quali provenienti dai Paesi dell’Eurozona (440 miliardi) e dal bilancio comunitario (60), mentre un terzo (250) sarà stanziato dal Fondo monetario internazionale.

Ancora una volta si interviene semplicemente con denaro ad alimentare i giochi di borsa; ancora una volta si regala denaro per tamponare le difficoltà contingenti ed ottenere la fiducia della popolazione. Per l’Italia, ciascun contribuente dovrà dare un’oblazione per la Grecia oggi e per altri Paesi domani, aggiungendo debito pubblico ad altro debito pubblico. è questa l’Europa? Sì, si potrebbe rispondere, poiché i debiti pubblici di altri Stati sostengono il bilancio dell’azienda Italia.

Le crisi, quindi, fanno attraversare periodi di tensione e di incertezza, creando modelli di comportamenti slegati da logiche predefinite. Se nelle recessioni è bene aumentare i consumi, nelle famiglie si ingenera la spinta al consumismo, cioè la corsa a quegli acquisti resi allettanti dai ribassi dei prezzi; laddove non gira il contante supplisce l’indebitamento pazzo salvo poi non pagare le rate. Subentra la paura di rimanere privi di qualcosa, ovvero subentra la voglia di circondarsi di beni semplicemente per dimenticare, per non sentire la solita solfa, per rendersi protagonisti della ripresa.

Le parole d’ordine in qualunque crisi sono: rigore, etica, aiuto. Gli Stati chiedono tali apporti negli accordi internazionali; i governi nazionali lo chiedono ai cittadini; il sistema pubblico lo chiede ai privati; i cittadini lo chiedono alla politica ed alle banche; i movimenti di pensiero e la confessione religiosa lo chiedono alle menti ed agli animi del nostro tempo. La crisi diventa allora un esercizio di richiesta, una pausa di riflessione sulla condizione umana, un continua immaginazione del futuro.

Soprattutto una voglia di fare in fretta senza pensarci molto perché si ha altro da fare. Dal Consiglio dei Ministri all’impiegato della porta accanto. Questa è la crisi!