La perenne effusione dello Spirito

di Domenico Amato

La solennità di Pentecoste è una di quelle feste che porta con sé una pluralità di significati. Essa conclude il ciclo festivo della Pasqua, dice il dono dello Spirito fatto da Cristo, confida la speranza di quel rinnovamento della faccia della terra cui l’uomo aspira e che Dio promette di realizzare.

Essa, poi, segna anche gli inizi del cammino terreno della Chiesa. Una Chiesa che nasce nella forza dello Spirito Santo.

Tale evento, però, non si presenta come unico, esso è solo l’inizio di una lunga, perenne effusione dello Spirito che sempre, nel corso dei secoli, ha saputo purificare la Chiesa, dando ad essa, oltre i limiti degli uomini, la capacità di rinnovarsi.

Gli Atti degli Apostoli ci parlano di diverse effusioni dello Spirito, seguite a quella di Pentecoste; e la storia della Chiesa ci racconta dell’azione dello Spirito che lungo il tempo ha saputo suscitare nuovi carismi nella chiesa, nuovi santi, nuove vie di evangelizzazione e di annuncio della notizia buona che Dio ci ama.

Domenica scorsa in piazza San Pietro a Roma era la Chiesa che si stringeva attorno al Papa, per ribadire la comunione profonda tra la comunità ecclesiale e il successore di Pietro. E Benedetto XVI ha continuato a ripetere quell’evento di Pentecoste quando «Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò» (At 2, 14).

In questo versetto, Luca ci descrive il servizio che Pietro rende al mondo nella comunione con tutti gli altri apostoli, annunciando a voce alta la novità di Cristo. È quello che continua fare il Papa, nella comunione con tutti i vescovi, parlando a voce alta, accogliendo e correggendo, esortando e indicando. Una voce che a volte, come ha ricordato lo stesso Benedetto XVI è rifiutata dal mondo.

Eppure noi siamo chiamati a continuare ad amare questo mondo come lo ama Dio, senza lasciarci blandire da esso, dalle sue maligne seduzioni.

«Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno,’ intrattenetevi’ col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete». A queste parole del testamento spirituale di Pavel A. Florenskij, un autore russo del Novecento, filosofo, teologo, matematico, morto in un gulag, il Papa ha fatto riferimento domenica scorsa, invitandoci a spingere lo sguardo oltre il contingente terreno, per ritrovare la perfetta letizia del dolce Consolatore dell’anima.