Le diocesi soppresse di Giovinazzo e di Terlizzi

Con la bolla De utiliori di Pio VII (27 giugno 1818) le diocesi di Giovinazzo e di Terlizzi vennero soppresse e incorporate nella circoscrizione ecclesiastica di Molfetta. L’assetto diocesano subì una trasformazione radicale e Molfetta cessò di configurarsi come città-diocesi. La sua storia incominciò a compenetrarsi con quella delle due città confinanti.
Alcuni autori hanno posto l’erezione della diocesi di Giovinazzo alla fine del V, al VII o al X sec., ma il primo vescovo di cui si è certi è Grimaldo (1022- 1038), al tempo in cui la città diventò contea normanna. La cattedrale romanica, intitolata all’Assunta, fu dedicata il 2 maggio 1282 dal vescovo francescano Giovanni (1278-1304). Il Capitolo era composto da quattro dignità e tredici canonici. Altri centri d’importanza religiosa erano i monasteri di Santa Maria di Corsignano (ante 1075, Benedettini), San Giovanni Battista (ante 1078, Benedettine, Cistercensi?) e Sant’Egidio (ante 1225, Pulsanesi). Erano presenti anche i Templari (San Pietro) e i Giovanniti (San Giovanni).
Anche Terlizzi fu beneficiata dall’avvento dei Normanni. Il locus Tillizo, sorto all’inizio dell’VIII sec., nel contesto dell’espansione longobarda, con le caratteristiche tipiche del casale – insediamento rurale e poi militare – si trasformò in castrum (castellum Terlitii) ed entrò a far parte della contea di Giovinazzo (1066). Il suo signore, il conte Amico, fece edificare la nuova chiesa matrice di San Michele, dedicata nel settembre 1073 da Giacinto, vescovo di Giovinazzo (1063-1073), il quale confermò il privilegium exemptionis concesso dal predecessore Grimaldo (1022-1038) quando consacrò la prima chiesa matrice (1038). Seppure integrata nella diocesi di Giovinazzo, la struttura ecclesiastica terlizzese assunse la forma della chiesa arcipretile, il cui clero, distinto in dignità e canonici, aveva a capo un arciprete. Nell’agro di Terlizzi, compreso nella circoscrizione diocesana di Giovinazzo, furono edificati i monasteri di Santa Maria di Cesano (ante 1040, Benedettini) e di Santa Maria di Sovereto (ante 1203, Benedettine?), che in seguito diventò templare (?) e poi giovannita. Nel XIII sec. giunsero nelle due città i Francescani e le Clarisse, mentre a Giovinazzo erano giunti anche gli Eremiti di Sant’Agostino (sec. XII). Un giovinazzese, il beato Nicola Paglia (1197-1255), fu benemerito superiore della provincia romana dell’ordine dei Predicatori e propagatore dei Domenicani in Puglia.
All’epoca del Grande Scisma la successione dei vescovi giovinazzesi diventa alquanto confusa. Minori dubbi, invece, riguardano la lista vescovile nel corso del Quattrocento, sebbene restino esigue le informazioni relative alle comunità ecclesiali delle due città.
Testimonianza della pietà tardomedievale locale è la stauroteca argentea (e reliquiario) di fattura veneziana (fine Trecento – inizi Quattrocento, attribuito a Tommaso di Venezia), donata alla cattedrale di Giovinazzo da un esponente della famiglia Orsini. Ugualmente significativa è la devozione mariana sviluppatasi in Giovinazzo e Terlizzi attorno al culto delle icone di Corsignano,
dli Ciurcitano, di Sovereto e di Cesano, custodite nelle rispettive chiese rurali.
Durante i secoli dell’età moderna, le vicende che accomunarono le Chiese di Giovinazzo e di Terlizzi continuarono ad essere caratterizzate, in buona parte, dai conflitti giurisdizionali che opponevano le pretese autonomiste del clero terlizzese ai diritti dei vescovi giovinazzesi. Spesso fu determinante il progressivo affermarsi del prestigio e del peso sociale ed economico di Terlizzi su Giovinazzo.
Per quanto concerne la diocesi di Giovinazzo, con il trattato di Barcellona (1529) l’imperatore Carlo V riservò a sé la presentazione dei vescovi, ed in seguito essi furono di nomina regia. Lo spagnolo Juan Antolinez Brecianos de la Ribera (vescovo dal 1549 al 1574) dette inizio alla riforma tridentina e presiedette una sinodo diocesana (1566). Agli inizi del Seicento si insediarono in città i Somaschi, seguiti dai Cappuccini, e nel Settecento i Domenicani, mentre a Terlizzi giunsero gli Osservanti (Santa Maria la nova, 1550), i Cappuccini (Santa Maria delle grazie, 1582) e le Clarisse (Sant’Anna, 1673). Nello stesso tempo, in entrambe le città – così come attestano le varie visite pastorali – altre chiese e cappelle ospitarono le numerose confraternite, mentre la devozione alla Vergine Maria presso i casali extraurbani di Corsignano (Giovinazzo) e di Sovereto (Terlizzi) cominciò ad assumere il carattere di culto mariano cittadino nelle rispettive compagini religiose. A Giovinazzo, inoltre, si diffuse la fama taumaturgica di un Crocifisso arenatosi sul lido e custodito nella chiesa omonima, sita sulla litoranea per Molfetta, mentre il santuario mariano di Sovereto sembra essersi sviluppato su un precedente luogo di culto, posto lungo una delle antiche vie della transumanza.
Per tutta l’età moderna si accrebbero i conflitti giurisdizionali sollevati dal clero terlizzese (già dal medioevo) contro i vescovi giovinazzesi: mentre questi ultimi pretendevano di esercitare in pieno i propri diritti sull’intero territorio diocesano ‘ e quindi anche sulla compagine ecclesiastica di Terlizzi ‘ il clero terlizzese difendeva i consolidati privilegi di esenzione dall’autorità degli ordinari giovinazzesi. Le controversie si acuirono anche a seguito della maggiore importanza acquisita da Terlizzi rispetto a Giovinazzo. Infatti, fra il 1610 e il 1693 si registrò un decremento delle rendite della mensa vescovile, passate da 1.000 a poco più di 700 ducati, mentre Terlizzi contava 6.000 abitanti contro i 1.000 di Giovinazzo. Nel 1642 – nonostante i tesi rapporti con il vescovo Carlo Maranta (1637-1657) – sembrò essere giunti ad una soluzione dell’annosa vicenda tramite la decisione di Urbano VIII di erigere in diocesi la Chiesa di Terlizzi e di nominare suo vescovo l’arciprete Giovanni Carlo Coppola (1599?- 1652). Invece il mancato sostegno economico della città, feudo dei Grimaldi, impedì la costituzione di un congruo beneficio vescovile e perciò fu reso vano il progetto dell’elevazione della Chiesa terlizzese al rango di diocesi autonoma. Tuttavia, poco più di cent’anni dopo, il plurisecolare e dispendioso contenzioso si concluse per volontà di Benedetto XIV, il quale decise di erigere canonicamente la diocesi di Terlizzi (26 novembre 1749) e la unì aeque principaliter a Giovinazzo (24 aprile 1752). Pertanto le rendite salirono a 2.000 ducati e la tassa imposta da 44 a 72,1/2 fiorini. In conseguenza dell’erezione della cattedra episcopale, la figura e la potestà (quasi vescovile) dell’arciprete furono ridimensionate a quelle del curato dell’unica parrocchia cittadina (rimasta tale fino al XIX sec.) e prima dignità del Capitolo Cattedrale fu l’arcidiacono. L’entusiasmo popolare per la felice soluzione delle antiche controversie provocò la vandalica demolizione (1782) della chiesa matrice tardoromanica, per far posto alla più ampia cattedrale neoclassica. Ciò nonostante, la residenza vescovile restò nell’antica sede di Giovinazzo.
Alcuni esponenti delle comunità locali si distinsero per l’esemplarità della loro vita cristiana e perciò meritano di essere ricordati: il venerabile Bonaventura da Giovinazzo (‘ 1561), il giovinazzese p. Ludovico Morola (1538-1587), il cappuccino p. Marco da Terlizzi (‘ 1585), nonché Francesco Paolo Confreda (1693-1750), canonico di Terlizzi.
I luoghi di culto, nuovi e antichi, si arricchirono di pregevoli opere d’arte, tra cui i dipinti di Giovanni Antonio De’ Sacchis (il Pordenone) e Gian Girolamo Savoldo, mentre continuò, fino alla fine del sec. XIX, la tradizione canora e musicale della cattedrale giovinazzese.
Giovinazzo fu tra le prime città pugliesi ad aderire all’ondata rivoluzionaria e probabilmente, dopo la restaurazione, con il concordato del 1818, pagò l’infedeltà al sovrano borbonico e vide soppressa la sua sede vescovile. La medesima sorte toccò a Terlizzi ed entrambe le città entrarono a far parte della circoscrizione ecclesiastica di Molfetta (27 giugno 1818), la cui popolazione si era opposta alla rivoluzione.

Luigi Michele de Palma