Sarà segno ed orizzonte di fraternità ecclesiale, un’ importante tappa nel cammino di condivisione intrapreso da questa Chiesa locale. Il Centro di Solidarietà Caritas che verrà inaugurato a Molfetta in dicembre, sorge su premesse chiare, già definite nel ‘PROGETTO’ che presentiamo: ‘La persona è valore; accogliere il prossimo, specie quello in difficoltà, è rinnovare continuamente la nostra alleanza con Dio, che ci ha accolti nel segno della dignità e della gratuità totale’.
1. Introduzione
E necessario prima di intraprendere un cammino di impegno sociale e di presenza solidale all’interno del territorio, delineare una fisionomia d’intervento che possa rivitalizzare il nostro operato e stanare le stantie ma ancora insinuanti pratiche dell ‘assistenzialismo Crediamo sia indispensabile in questo momento far chiarezza sul perché come diocesi ci impegniamo nell’accoglienza e sul come la faremo. Punto di partenza focale sarà certamente quello di intraprendere quest’esperienza di condivisione con !a certezza che la nostra opera non è, e non vuole essere, solo un ‘esigenza pastorale di presenza sul territorio. Deve essere anche .consapevole cammino che porterà ciascuno di noi a scoprire il senso evangelico di fare carità, quella carità che richiama la giustizia. Riscoprire nella nostra vita quotidiana che la condivisione con quanti si trovano in un momento di difficoltà è ottemperare all’esigenza di essere uomini al servizio di altri uomini per radicare in noi il senso della giustizia. Questo significa introdurre la carità nella storia del nostro territorio, creando ‘armonia e unione nell’esercizio della carità in spirito di sincera collaborazione. superando individualismi ed antagonismi e subordinando gli interessi particolari alle superiori esigenze del bene generale della comunità’. (PaoloVI, Discorso alle caritas Diocesane, 1972)
‘Educarci alla Carità’ potrebbe essere il motto onnipresente in ogni nostro operare con la convinzione che accogliere il prossimo, specie quello in difficoltà, è rinnovare continuamente la nostra alleanza con Dio, che ci ha accolti nel segno della dignità e della gratuità totale.
2. Il Centro: tappa del cammino della Chiesa locale.
E’ ormai consolidata nella nostra diocesi la presenza delle varie comunità ecclesiali (parrocchiali o associative) nel difficile compito di condivisione con quanti trovano difficoltà nell’esercizio dei loro elementari diritti sociali e civili. E’ arduo tentare di sintetizzare in poche righe quello che è scaturito dal lavoro nascosto di quanti si sono impegnati nel volontariato e nelle opere di carità in questi anni, sia per la scarsa conoscenza che si ha a livello diocesano delle iniziative fin qui attuate e sia per la precarietà con la quale queste ultime sono state condotte per anni.
Ma crediamo che due fattori possano emergere con chiarezza dalla ancora nebulosa conoscenza dell’operato fin qui svolto:
1. la necessità di un collegamento tra le varie esperienze di volontariato e di privato-sociale;
2. l’esigenza di creare all’interno della nostra diocesi una struttura che permetta di accogliere l’altro offrendo a quest’ultimo la possibilità di sperimentare concretamente la cordialità dell’amicizia.
Per questo il Centro di Solidarietà Caritas sarà punto di riferimento per gruppi e singoli che vogliono interrogarsi sempre più sul valore e sulle finalità del volontariato inteso come testimonianza di una convivialità diversa e alternativa a livello locale, e sarà risposta alle varie Caritas parrocchiali e cittadine, e ai diversi gruppi di volontariato che nel loro quotidiano operare hanno bisogno di un centro-casa per l’accoglienza che possa tamponare le diverse emergenze che si presentano
3.Il Centro: accoglienza come stile di vita.
Diventa necessario in questo momento interrogarci sul valore dell’accoglienza, per mettere in relazione il nostro operare quotidiano con il nostro stile di vita.
Non si può accogliere una persona che è portatrice di diverse domande a livello sociale senza sperimentare in ogni nostro gesto quotidiano l’Eucarestia della Carità e la celebrazione della giustizia: essere tolleranti, rispettare ed accogliere idee che non condividiamo, subordinare la tranquillità familiare al frastuono dell’accoglienza, sono passi importanti per evitare la contraddizione fra il nostro vivere quotidiano e la nostra disponibilità ad ascoltare l’altro.
L’Eucarestia e lo spezzare il pane possono dare al nostro camminare nella carità un ritmo particolare: indicano un itinerario di fraternità ecclesiale ed un orizzonte di fraternità universale.
‘Si potrà così far crescere la coscienza della responsabilità comune di tutti membri della Chiesa, contribuendo a superare l’antievangelica pratica di delegare l’esercizio della carità a persone o a gruppi che la dovrebbero esercitare a nome di tutti.’ (Il servizio della carità nella Chiesa, CEI).
Se l’accoglienza è stile di vita, accogliere l’altro significa evitare di pensare di essere portori di una verità. Non spetta a nessuno di noi giudicare l’operato dell’altro. Accogliere significa invece proporre sempre nuove occasioni di vita, inventare strade ed itinerari di ascolto sempre nuovi e diversi, mantenendo salda la convinzione che ciò che faticosamente facciamo è poca cosa dinanzi alla marea dei bisogni e all’ingiustizia di una società anche violenta.
3.1 La persona é un valore.
Ogni persona è un valore incondizionato, vale di per sé e non per le cose che possiede o meno, o per le situazioni che vive o per gli atteggiamenti che assume. I gesti dì accoglienza che nascono da questa profonda convinzione sono gli unici veramente significativi perché sono liberi dall’esaltazione paternalistica e protettiva e dalla freddezza dell’assistenzialismo. Solo se si è convinti che ogni persona vale, si riuscirà a mettersi in contatto con l’altro sentendosi delle persone di fronte a delle persone. né più nè meno.
3.2 Accogliere bene aiuta a crescere.
Si può accogliere in modi diversi. Si può fare accoglienza parcheggio che nasce da/la convinzione che l’ospite abbia semplicemente bisogno di un posto dove mangiare e dormire in attesa di essere sistemato altrove, per cui l’importante è essere ben organizzati e precisi.
Si può fare però accoglienza terapeutica che nasce della convinzione che l’ospite abbia sì bisogno dì un posto per mangiare e dormire, ma soprattutto di un luogo e di persone che lo aiutino a fare chiarezza nelle sue situazioni per poter tornare ad essere protagonista della propria vita.
Egli ha la necessità di sperimentare rapporti umani sinceri, paritari che gli diano la calda sensazione di essere una persona che vale. L’importante in questo secondo tipo di accoglienza non è tanto la capacità di organizzarsi nell’assistenza, quanto la capacità di aprirsi all’altro.
L’accoglienza-parcheggio SI PUÒ fare senza coinvolgersi personalmente, l’accoglienza-terapeutica al contrario presuppone un coinvolgimento personale di chi darà vita al Centro. Solo il secondo stile di accoglienza può essere efficace per stimolare la crescita delle persone ( sia di chi ospita, sia di chi viene ospitato ) perché le impegna in un contatto umano significativo.
In questo incontro ognuno dei due entra nella vita dell’altro. Più si è disponibili ad incontrare l’altro, più l’incontro è significativo. L’incontro tra due persone diviene contatto umano quando chi accoglie è disposto ad incontrare l’altro manifestandogli stima incondizionata e calore umano (‘tu vali ‘), disponibilità a comprendere la vicenda dell’altro guardandola con i suoi occhi e dal suo angolo visuale, volontà di essere trasparente, lontano cioè dalla tentazione di fingere, ma disposto ad essere se stesso, una persona.
Accogliere l’altro come persona non è un gesto staccato da tutto il resto della propria vita e da quello che si è, anzi è così strettamente collegato al proprio modo di vivere e di essere da metterlo alla prova. L’accoglienza dell’altro presume un impegno personale a crescere.