Infatti, dopo il trentennale episcopato molfettese di Gennaro Antonucci (t 1804), la sede era rimasta vacante per tutto il periodo del governo francese fino al 1818, quando fu trasferito il vescovo di Giovinazzo e Terlizzi Antonio Cimaglia (1818-1819). Gli successe l’oratoriano Filippo Giudice Caracciolo (poi cardinale arcivescovo di Napoli). Durante il suo episcopato (1820-1833) s’accrebbe la fama del Seminario Vescovile – erede del prestigio del collegio gesuitico e dello studio filosofico-teologico dei Domenicani – per la qualità degli studi, per il valore dei suoi insegnanti e per il costante aggiornamento della biblioteca e dei gabinetti scientifici. Dopo il trasferimento di Giudice Caracciolo a Napoli, Gregorio XVI ricostituì le diocesi di Giovinazzo e di Terlizzi (bolla Aeterni Patris del 4 marzo 1836) e le unì aeque principaliter a Molfetta, mentre rimase confermata l’immediata soggezione alla Sede Apostolica. Tuttavia, l’assenza del vescovo e la vacanza della sede si rinnovarono nella metà dell’Ottocento per le vicende politiche che coinvolsero le provincie napoletane nel lungo processo di unificazione nazionale. Giovanni Costantini (1837-1852) fu costretto ad allontanarsi da Molfetta in seguito ai moti del ’48, mentre Nicola Maria Guida (1852-1862), come gran parte dei vescovi di Puglia, dovette lasciare la residenza e morì esule a Napoli. Trascorsi cinque anni, gli succedette un altro vescovo pugliese, il barese Gaetano Rossini (1867-1890), anch’egli costretto in precedenza ad abbandonare l’arcidiocesi di Acerenza e Matera. Con quest’ultimo la residenza dei vescovi in diocesi si stabilizzò definitivamente, mentre si rese possibile l’erezione di una nuova parrocchia (Immacolata, 1895), sita nel nuovo quartiere a sud-ovest di Molfetta. Nello stesso tempo cresceva la rinomanza del seminario vescovile, grazie soprattutto all’impegno del rettore Sergio de Judicibus, e sorgevano i primi albori del movimento cattolico che videro protagonisti il marchese Giulio de Luca di Melpignano, primo presidente del Comitato Cattolico, e don Matteo Allegretta, e poi don Nicola Panunzio, primo segretario politico del Partito Popolare. In questa epoca, figura di spicco del clero locale fu Vito Fornari (182 1-1900). In diocesi non mancarono esponenti di tendenze anticlericali, liberali, massoniche e socialiste, tuttavia fra gli ecclesiastici non si segnalarono casi di adesione al modernismo.
Nel frattempo ritornava ad affacciarsi la presenza delle religiose, dopo che nel 1828 Giudice Caracciolo aveva affidato il nuovo convento di Santa Maria dei Martiri ai Frati Minori. Infatti, le suore Ancelle del Santuario (fondate nel 1882 da mons. Giuseppe Sante Masnini de Cornati (1843-1902), con casa madre in Terlizzi) si insediarono presso il seminario vescovile, presso l’ex monastero benedettino di San Pietro e presso l’ospizio di mendicità di Santa Maria dei Martiri. Con il passare degli anni, altre congregazioni femminili prestarono il loro servizio nell’ospedale civile, nell’istituto per sordomuti Apicella, nell’orfanotrofio Gagliardi Gadaleta e dettero vita a numerosi asili per l’infanzia. In queste case religiose si svolgeva un’intensa attività catechistica e rappresentarono un punto di riferimento significativo per il coinvolgimento delle donne nella vita ecclesiale diocesana.
La vita di pietà delle popolazioni cittadine continuava ad attingere dalla serie ininterrotta di devozioni eucaristiche, mariane, dedicate alla passione di Cristo e alla venerazione dei santi, la quale per tutto l’anno animava le chiese e la preghiera privata, trovando espressione visiva in nuove forme di culto delle immagini. Nella prima metà dell’Ottocento giunsero a Molfetta quattro opere degli scultori napoletani Francesco e Giuseppe Verzella, di cui tre (l’Assunta, la Madonna del Buon Consiglio e S. Luigi Gonzaga, appartenenti alle rispettive confraternite) furono collocate nella parrocchia di San Gennaro, la quarta, raffigurante la Madonna dei Martiri, incominciò ad essere venerata nell’omonimo santuario con vasto concorso di fedeli. Grande diffusione ebbe pure la devozione al Cuore di Gesù, mentre assunsero una veste spettacolare le feste patronali cittadine, specialmente a Molfetta con la sagra a mare della Madonna dei Martiri, e a Terlizzi con il carro trionfale della Madonna di Sovereto. Durante il medesimo periodo non mancarono personalità distintesi per l’esemplarità della loro vita cristiana: il venerabile Emanuele Ribera (1811-1875) redentorista molfettese, p. Luigi Aiello (1815-1866), dei Frati Bigi, iniziatore a Molfetta della ‘Pia Casa per Sordo Muti’, poi ‘Istituto L. Apicella’, nonché il servo di Dio Vittorio Lojodice (1834-1916), missionario redentorista, alunno del seminario vescovile.
Tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento si susseguirono altri quattro vescovi meridionali, fra cui Pasquale Picone (1895-1917, fondatore della locale Banca Cattolica, 1902), il servo di Dio Giovanni Jacono (1818-1921) e il somasco Pasquale Gioia (1921-1935, sostenitore dell’Azione Cattolica e fondatore del settimanale diocesano Luce e Vita, 1925). Infine, il marchigiano Achille Salvucci (1935-1978), il quale prese parte al concilio Vaticano II. Durante il Novecento – nonostante il fenomeno dell’emigrazione e le gravi ripercussioni dei due conflitti mondiali – si registrò un forte incremento demografico (a Molfetta si contarono fino a 65.000 abitanti, mentre la diocesi raggiunse la popolazione di 110.000 anime) e la creazione di nuovi quartieri. Per il favore delle leggi successive al concordato del 1929, fu possibile aumentare il numero delle parrocchie (finora sedici a Molfetta, mentre a Giovinazzo sono diventate cinque e a Terlizzi sette), condizione che consentì lo sviluppo della dimensione parrocchiale dell’attività pastorale, il suo rinnovamento secondo lo spirito del Vaticano II e lo scambio del clero fra le diocesi unite. A Molfetta, dopo la seconda guerra mondiale, sorse il primo oratorio (San Filippo Neri) annesso ad una nuova parrocchia (Cuore Immacolato di Maria, 1954), per opera di don Cosmo Azzollini: i Salesiani di Don Bosco furono chiamati a curare l’erigenda parrocchia di San Giuseppe (1953) e i Frati Minori quella di Santa Maria dei Martiri (1959).
Fra Ottocento e Novecento, dunque, nelle tre città si assistette ad una metamorfosi della pluriforme polarità della vita religiosa della popolazione: i tradizionali punti di riferimento, costituiti da monasteri e conventi, furono progressivamente sostituiti dalle parrocchie, a cui continuavano ad affiancarsi specialmente le confraternite e i santuari locali. Una visita apostolica – ordinata da s. Pio X nel 1909 – constatò quanto la pratica della vita cristiana fosse diffusa fra le popolazioni cittadine, anche se non mancavano poche eccezioni, di cui nessuno si scandalizzava. Sacerdoti e chierici, talvolta, non erano d’esempio ai laici ed alcuni casi mostravano il basso profilo di una parte del clero locale.
Tuttavia non mancavano testimonianze di senso opposto. Infatti, la rinomata tradizione culturale del clero – rappresentata dal seminario vescovile di Molfetta, presso cui Picone aveva già chiesto alla Sede Apostolica di erigere una facoltà teologica – fu ulteriormente corroborata dal trasferimento in città (presso il seminario vescovile nel 1915) del Pontificio Seminario Regionale Pugliese, istituito a Lecce nel 1908. La nuova sede molfettese fu inaugurata nel 1926 e diventò il centro regionale della formazione del clero pugliese. Fra i rettori vanno ricordati il servo di Dio Raffaello Delle Nocche (1877-1960) e il card. Corrado Ursi (1909-2003), arcivescovo di Napoli, mentre fra i docenti e gli alunni (finora 2.161 sacerdoti, 59 vescovi e 4 cardinali) si contano numerosi servi di Dio: il francescano Agostino Castrillo (1904-1955), vescovo di San Marco Argentano e Bisignano, i sacerdoti barlettani Angelo Raffalele Dimiccoli (1887-1956) e Ruggero Caputo (1907-1980), Ambrogio Grittani (1907-1951), nonché Nicola Riezzo (1904-1998), arcivescovo di Otranto. Presso il Seminario Regionale, nel 1928, si svolse il concilio plenario Apulo – convocato per favorire la ricezione del Codice di Diritto Canonico (1917) – e tuttora esso è sede della Conferenza Episcopale Pugliese. Il progresso dell’insegnamento delle discipline teologiche all’interno del Seminario trasformò le sue scuole nell’Istituto Teologico Pugliese (1992), aggregato alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli, che dal 2005, insieme ad altri due centri di studi teologici presenti in Puglia, ha costituito la Facoltà Teologica Pugliese. Dal 1986 al 1990, il Seminario accolse anche l’Istituto Superiore di Scienze Religiose, in seguito trasferitosi nella sede di Bari.
Nel corso del secolo ebbero notevole sviluppo le associazioni laicali (specialmente l’Azione Cattolica e lo scoutismo; sorse pure il Centro di Studi Sociali ‘Leone XIII’, collegato al Movimento per un Mondo Migliore di p. Riccardo Lombardi), le quali riuscirono a superare, non senza difficoltà, la crisi dell’associazionismo cattolico successivo al Vaticano II, scoprendo nuove forme associative e indossando talvolta la veste dei movimenti. Si diffuse pure la presenza degli istituti secolari e nacquero nuove congregazioni religiose: le Missionarie dell’Oratorio (1936), le Oblate di S. Benedetto Giuseppe Labre (1945) – quest’ultima fondata dal servo di Dio Ambrogio Grittani – e la Fraternità Francescana di Betania (1982).
Luigi Michele de Palma