Ricorre oggi, 23 maggio, il ventinovesimo anniversario della strage di Capaci, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Un episodio di efferata violenza che riuscì, forse per la prima volta, a risvegliare dal torpore la coscienza civile di un’intera Nazione la quale, fino ad allora, non aveva compreso la grande opera di rinnovamento giuridico e morale con cui Falcone e tutto il pool antimafia stavano combattendo la loro battaglia contro la criminalità organizzata.
E sempre durante la cosiddetta fase stragista di Cosa Nostra si inserisce anche l’omicidio di un giovanissimo magistrato siciliano, Rosario Livatino, vittima di un agguato fuori dal Tribunale di Agrigento il 21 settembre del 1990. Aveva solo 38 anni. Eppure, con la sua breve ma intensa esistenza, ha rappresentato una figura illuminante di laico cristiano impegnato, supportato da una fede forte, riuscendo a conciliare la fedeltà al Vangelo con l’impegno giudiziario fino a sacrificare la sua stessa vita.
Ed è proprio per la dedizione ai valori costituzionali fondati su una fede incrollabile che lo scorso 9 maggio, nella Cattedrale di Agrigento, il “giudice ragazzino” è stato proclamato beato. Lo stesso Papa Francesco con un decreto del 22 dicembre 2020 ne aveva già riconosciuto il martirio “in odium fidei” ossia in odio alla fede da parte di coloro che ne disprezzavano il credo e l’integrità nell’esercizio della giustizia. Si tratta del primo caso di magistrato assassinato che sia stato beatificato dalla Chiesa. Anche la data scelta per la beatificazione non è casuale: risale, infatti, proprio al 9 maggio del 1993 l’indimenticabile discorso di Papa Wojtyla nella Valle dei Templi di Agrigento con cui condannò fermamente ogni violenza mafiosa e invitò i criminali a convertirsi.
In questi tempi che passano veloci, in cui tutto sembra effimero, ci viene offerto il monito di queste immense figure della giustizia e della fede affinché, come cittadini e cristiani, possiamo ancora essere Capaci di non dimenticare.
Francesco Patimo