Luce e Vita - editoriale

Ai Cristiani ortodossi e cattolici e alla popolazione tutta della Russia: Chiedete pace!

3 aprile 2022

Oltre un mese di guerra. Sì, di guerra, non di operazione militare.
Vani finora i tentativi diplomatici. Voce che grida nel deserto sembra essere quella di Papa Francesco che in tutti i modi sta definendo la vergogna della guerra: pazzia, sacrilega, ripugnante, bestiale, barbara…
Anche le manifestazioni per la pace non riscuotono risultati se non per chi le fa.
Unanime, o quasi, il grido del mondo perché cessi la guerra. Ma dall’altra parte sembra siano sordi. Gravi le conseguenze umanitarie, le morti, le lacerazioni famigliari, le distruzioni, i danni sociali, economici e morali. Nessuno intende fare qualche passo indietro, almeno finora.
A chi rivolgersi, allora? Alla Madonna. E lo abbiamo fatto: “… rinnovare a lei la consacrazione della Chiesa e dell’umanità intera e consacrare a lei, in modo particolare, il popolo ucraino e il popolo russo, che con affetto filiale la venerano come Madre. Non si tratta di una formula magica, no, non è questo; ma si tratta di un atto spirituale. È il gesto del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele e questa guerra insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre…” (Papa Francesco).
Non siamo diplomatici, non strateghi, non politici… ma cittadini. Per giunta credenti. Allora proprio ai cittadini di Mosca e di tutta la Russia, fratelli nella fede cristiana, vogliamo rivolgere un appello perché levino il loro grido di pace verso i governanti, responsabili di questa guerra. Verso chi decide e verso chi obbedisce. Facciano sentire con forza il loro No nonviolento, affrontando con coraggio e testimonianza il pericolo del dissenso.
Ai Cattolici russi, prelati e fedeli. Agli Ortodossi, patriarchi, pòpe e fedeli: non è possibile assistere silenti a questa tragedia. Lo sguardo sulla bella Mosca, intatta, attraente per la sua storia, l’architettura, la peculiarità artistica, non può non impallidire di vergogna pensando al volto trasfigurato di Mariupol, Odessa, Kiev, Leopoli…
Serve un movimento di popolo, dal basso, corale, per chiedere, a chi decide, di fermarsi. Se anche ci fosse stata una ragione a giustificare questa “operazione militare”, adesso ve ne sono infinite per fermarla e questo può avvenire solo se il popolo chiede con forza a chi li rappresenta di dare ascolto alla sua istanza di pace. Non si può indugiare.
“Ci consacriamo a Maria per entrare in questo piano, per metterci a piena disposizione dei progetti di Dio – abbiamo pregato col Papa -. La Madre di Dio, dopo aver detto il suo sì, affrontò un lungo viaggio in salita verso una regione montuosa per visitare la cugina incinta (cfr Lc 1,39). È andata di fretta. A me piace pensare la Madonna di fretta, sempre così, la Madonna che si affretta per aiutarci, per custodirci. Prenda oggi per mano il nostro cammino: lo guidi attraverso i sentieri ripidi e faticosi della fraternità e del dialogo, lo guidi sulla via della pace”.
Con quella stessa fretta occorre camminare sulla via della pace, in Russia, a Mosca, come anche a casa nostra. è in salita, ma è un cammino da fare.
Per parte nostra si intensifica l’accoglienza alle donne e bambini profughi. Sono ormai decine le presenze in Diocesi, accolte da parte dei Comuni o dei canali della Chiesa. La Caritas rinnova l’appello al coordinamento, a convocare tavoli di concertazione tra istituzioni e associazioni coinvolte nelle operazioni di accoglienza e integrazione. Diverse le parrocchie mobilitate, ma altre ne serviranno ancora. Peccato che la stessa disponibilità non si sia evidenziata con altri profughi, ma questo è il momento di esserci. Coralmente e non in ordine sparso.
“L’intenzione – dicono dalla Caritas diocesana – è quella di riprendere anche percorsi culturali sull’accoglienza. Dopo le operazioni sanitarie e di sistemazione dignitosa, si sta procedendo all’inserimento nelle scuole per i bambini e a possibilità di inserimento lavorativo per le donne” grazie anche alla presenza di mediatori culturali.
C’è l’esigenza di provvedere a contenitori sociali in cui far incontrare la comunità ucraina, sempre più numerosa, lasciar interagire bambini italiani e bambini ucraini, con l’ausilio di animatrici di comunità. Tutto questo richiede coordinamento.
Nella consapevolezza che l’obiettivo sarà il rientro nella terra di origine, ma non si sa quando.
Speriamo presto.