«Una storia da raccontare, forse una delle più belle» tra quelle transitate per la comunità Oasi2, come la definisce il suo presidente Gianpietro Losapio.
La storia è quella di Camarà Bakary Cantè, giovane senegalese giunto nel nostro Paese sei anni fa, nel 2014, tra i primi a essere ospitati nel centro di accoglienza Villa San Giuseppe a Bisceglie. «Era il 20 novembre – ricorda come se fosse ieri -. È stato un viaggio lungo e difficile, durante il quale ho attraversato il Mali, il Burkina Faso, il Niger e infine la Libia, dove sono rimasto 8 mesi prima di arrivare in Italia».
«Sono sbarcato a Taranto e da lì la Polizia mi ha portato prima a Bari, poi a Bisceglie». Ed è qui – dove rimane per tre anni – che la vita di Camarà incrocia quella della Comunità Oasi2 San Francesco onlus e inizia il suo percorso d’integrazione.
«La prima cosa che mi sono preoccupato di fare è stato il corso di italiano, perché imparare la lingua è importante». Ma non si ferma a quello, Camarà. Si iscrive alla scuola serale, prende la licenza media, inizia a collaborare attivamente con la cooperativa, si affaccia al mondo dell’associazionismo locale, infine frequenta il corso per diventare operatore socio-sanitario e ne supera brillantemente l’esame. «Io volevo continuare a studiare e un amico mi ha detto che potevo partecipare a questo concorso, aperto anche agli stranieri. Ho cercato su Google chi è l’OSS e ho letto che è una persona che aiuta gli altri, allora ho pensato che poteva essere proprio il lavoro per me, che quando sono arrivato in Italia sono stato tanto aiutato. Non è stato facile, ma con coraggio e determinazione ognuno può raggiungere i propri obiettivi».
Convinzione non scontata, quando più d’uno ti dice che “non ne vale la pena, tanto non ti prenderà nessuno”. A loro Camarà risponde non con le parole, ma coi fatti, perché «bisogna sempre provarci; quello che guardano alla fine è il diploma, non il colore della pelle. E questo è un lavoro rispettato di cui molti hanno bisogno». E il tempo gli ha dato ragione. Dopo numerose offerte ricevute da tutta Italia, un paio di settimane fa ha firmato un regolare contratto per lavorare in una Rsa per anziani in Piemonte. Ha trovato casa, si è sistemato ed è felice e soddisfatto di sé in questa sua seconda tappa del percorso migratorio.
Nonostante tutte le difficoltà e i timori legati a un permesso di soggiorno arrivato solo nel 2018, Camarà ricorda gli ultimi anni come un periodo «bellissimo», per il quale oggi ci tiene a esprimere la sua gratitudine nei confronti di «tutte le brave persone che mi hanno accompagnato nel percorso, mi hanno aiutato e mi hanno dato la possibilità di lavorare. Non dimentico e non dimenticherò mai di ringraziare di cuore la comunità Oasi2, a partire dal presidente», tutti coloro che chiama «le mie famiglie italiane, le persone che mi vogliono bene, ma anche la città che mi ha accolto e mi ha dato molto, Bisceglie».
E ai ragazzi come lui, magari impauriti da una strada che sembra tutta in salita, Camarà dice: «Dobbiamo dimostrare che emigrare non vuol dire essere inferiori. Non esistono persone di serie A e di serie B. Siamo tutti uguali, quello che fa la differenza è solo la determinazione. E noi siamo giovani e abbiamo tante qualità. Possiamo superare ogni barriera».