“Rapporto clero-laici e luoghi della corresponsabilità”. Questo il titolo del seminario tenutosi a Molfetta il 6 novembre, presso il Pontificio Seminario Regionale, in preparazione al Terzo Convegno Ecclesiale Regionale su “I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi” e che si svolgerà a San Giovanni Rotondo dal 28 aprile all’1 maggio 2011.
Si è trattato indubbiamente di un’occasione offerta alla Chiesa pugliese per riflettere e confrontarsi sul rapporto fra clero e laici e sui luoghi della corresponsabilità nella comunità ecclesiale con l’aiuto dei professori Vito Mignozzi (sacerdote) e Giuseppe Micunco (laico).
Quella che segue può considerarsi una sintesi ‘ fra le tante ‘ del filo rosso che ha costituito la trama degli interventi e delle considerazioni dell’evento: «Fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all’edificazione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno» (can. 208 Codice di Diritto Canonico; cfr. Rm 12, 4-5 e Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium 32).
Molti sono i passi compiuti nell’attualizzazione della visione del “Popolo di Dio” partorita dal Concilio Vaticano II ma molti rimangono ancora i nodi problematici. E, da parte loro, i laici non svolgono (e non possono svolgere) un ruolo di mera sostituzione e/o di supplenza (anche se ovviamente in chiave di aiuto) al presbitero bensì sono soggetti di una “teologia laicale” che riconosce loro un’identità specifica, un singolare protagonismo sulla linea più avanzata della vita della Chiesa. Anche grazie a loro la Chiesa è il principio vitale della società umana e di quel mondo che i medesimi laici ‘ per loro stessa vocazione ‘ devono illuminare, trattare e ordinare secondo Dio (cfr. Esortazione Apostolica post-sinodale, Christifideles laici 9; LG. 31). I laici, come tutti i fedeli, in virtù del Battesimo e della Confermazione, ricevono da Dio l’incarico dell’apostolato per cui essi hanno parte attiva nella vita e nell’azione della Chiesa. All’interno delle comunità ecclesiali la loro azione è talmente necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più ottenere il suo pieno effetto (cfr. Decreto sull’apostolato dei laici, Apostolicam Actuositatem, 10).
Orbene, acquisita la relatività delle identità, l’azione pastorale della Chiesa non si esaurisce nel ministero sacerdotale che si offre e deve spendersi in un orizzonte di pluriministerialità in favore della correlatività delle vocazioni, della corresponsabilità e del discernimento comunitario in stile sinodale.
Questi (brevemente) gli spunti dottrinali tracciati cui è seguita una lucida analisi dell’oggi che, partendo dalla frammentarietà, dalla solitudine, dagli egoismi sociali, ha consentito di prospettare la corresponsabilità come valido strumento per favorire quella coscienza sincronica dell’essere tutti un unico “Popolo di Dio”.
Una corresponsabilità che si sperimenta nell’autentica testimonianza presso gli ambiti della vita feriale; che, quale naturale espressione del Battesimo e della Confermazione, viene alimentata dall’Eucarestia per animare l’unica missione di tutto il Popolo di Dio, sia pure con carismi e ministeri diversi. Senza dimenticare che la volontà di Dio è quella di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro ma costituendoli, per l’appunto, in un unico popolo (cfr. LG 9).
In altri termini, tutto quanto precede esige un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli “collaboratori” del clero a riconoscerli realmente “corresponsabili” dell’essere e dell’agire della Chiesa favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato (cfr. Benedetto XVI, Discorso in apertura del Convegno Pastorale della Diocesi di Roma, 26.05.2009).
E allora, quali i luoghi della corresponsabilità? Certamente gli organismi di partecipazione dei laici già previsti e cristallizzati nei documenti (per tutti, il Consiglio pastorale ed il Consiglio per gli affari economici) ma anche i luoghi “esistenziali” della corresponsabilità, ossia tutti quei luoghi e quelle circostanze della vita ove, soprattutto per i laici, la Chiesa “non può diventare sale della terra se non per loro mezzo” (cfr. LG 33).
In conclusione, pur evidenziando la grazia di una giornata sicuramente arricchente per tutti coloro che vi hanno preso parte (clero e laici), rimane la constatazione (emersa anche in taluni laboratori di studio svoltisi nel pomeriggio) che le conseguenze ed i frutti del Concilio Vaticano II non sempre e né dappertutto sono stati abbondanti e ciò non certo per incapacità del Concilio stesso bensì perchè in taluni casi «ad un periodo di fervore e di iniziativa, è succeduto un tempo di affievolimento dell’impegno, una situazione di stanchezza, talvolta quasi di stallo, anche di resistenza e di contraddizione tra la dottrina conciliare e diversi concetti formulati in nome del Concilio, ma in realtà opposti al suo spirito ed alla sua lettera» (cfr. Benedetto XVI, Discorso cit.).
Ecco dunque per clero e laici la consegna e la strada da percorrere con rinnovato slancio: tradurre operativamente la grande riscoperta che il Concilio Vaticano II ha operato del “Popolo di Dio” per dire la verità della Chiesa e della sua missione per il mondo.