Cristina, Katia, Francesca e i dieci ragazzi dell’Istituto Casoria non avevano i pass per stare nelle prime file accanto alle Autorità, ma si erano assiepati appena dietro una curva, sperando di incrociare lo sguardo e il sorriso del Papa in quel giorno della sua storica visita ad Assisi.
Via via che la papamobile avanzava e il batticuore saliva per l’attesa, eccolo sbucare, sorridere – tra l’incredulità di tanti – fermarsi, scendere dall’auto per baciare uno a uno quei piccoli ospiti pluriminorati, vittime della ‘cultura dello scarto’, ma considerati un’ostia vivente da suor Rosa e suor Gabriella che amorevolmente li stringevano a se.
L’inaspettato fuori programma è capitato sotto i nostri occhi e ci ha dato subito la cifra dello stile rivoluzionario di Bergoglio. «È un grande!». È stata la nostra prima parola. Di fatto, oggi, il chinarsi e baciare quei piccoli è sicuramente l’icona che meglio ci può aiutare a descrivere il primo anno di pontificato di un papa, eletto uomo dell’anno da molti media mondiali.
Francesco è il papa delle sorprese e delle novità. Non solo perché primo papa non europeo, primo papa gesuita, primo papa a scegliere il nome di Francesco, primo a coesistere con il suo predecessore, ma soprattutto per il suo stile capace di avvolgere, coinvolgere e sconvolgere.
Ad Assisi, quando tutto era stabilito e i ritmi della giornata cronometrati, Francesco impone alla gendarmeria di fermare la sua macchina e sceglie di curvarsi su quel pezzo di cielo, su quei ragazzi fragili, segno della bellezza e dell’amore di Dio. I politici, le passerelle, i concerti in suo onore possono attendere perché non si sente un principe rinascimentale e non si assoggetta a usi e protocolli.
Francesco è il papa della misericordia e della tenerezza. È il prete «callejero», di strada che, come il buon samaritano, non passa oltre, non si allontana dall’uomo attraverso il giudizio, ma si avvicina con un cuore di carne che ama, che soffre, che sa gioire, che ha tenerezza per i povericristi relegati alle periferie geografiche ed esistenziali. Egli non indugia a pettinare e coccolare le pecore rimaste nel recinto, ma avverte l’urgenza di raggiungere tutte le altre che sono fuori ed esorta i suoi confratelli a essere ‘pastori con l’odore delle pecore’.
Francesco è il papa delle parole inedite e delle decisioni coraggiose, dei gesti forti necessari per custodire ogni persona, con amore. Non si limita a baciare i bambini e a stringere le mani, ma Bergoglio parla, agisce, mette il dito nelle contraddizioni della nostra società, propone soluzioni con un linguaggio dretto, puro, semplice, umano, fuori dai codici formali dell’ecclesialese. Non teme di affondare il bisturi nella piaga della mondanità spirituale che avvelena la nostra società e la stessa Chiesa quando cerca di conciliare la fede in Gesù Cristo con lo spirito del mondo, quando confonde l’essenza cristiana con una buona etica. Tenerezza, cuore materno, intuizione, ascolto, cura, coraggio, gioia, missione. Sono tante le parole che si rincorrono percorrendo il primo anno di pontificato di Papa Bergoglio, ma quel gesto di scendere improvvisamente dalla papa mobile e di chinarsi sugli ospiti dell’Istituto Casoria è certamente molto più eloquente ed efficace delle parole. È stigma del suo insegnamento. È la strada per farci essere cristiani autentici e non mummie da museo!
Grazie, Francesco.