Molfetta, 20 aprile 2018. Una data che resta scolpita nella memoria collettiva della nostra diocesi. Papa Francesco scelse di farsi pellegrino per rendere omaggio a don Tonino Bello nel 25° anniversario della sua morte. Un gesto carico di simboli, ma soprattutto un dono immenso per la chiesa locale: la sua presenza, le sue parole, la sua benedizione.
Al centro dell’omelia, pronunciata dall’altare allestito sul porto di Molfetta, due pilastri della vita cristiana: il Pane e la Parola. Ma non nella loro forma astratta. Il Papa li ha resi carne, con un linguaggio diretto e radicale. “Chi si nutre dell’Eucaristia – ha detto – assimila la stessa mentalità del Signore. Vive per Gesù e come Gesù, cioè per gli altri”. Poi l’affondo che ha fatto scuola: “Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri”. Un passaggio che molti, oggi, ricordano come il cuore di quella giornata e che è diventato visibile nelle nostre chiese parrocchiali.
Papa Francesco con la sua presenza e le sue parole ha rilanciato il sogno di don Tonino: una Chiesa “in piedi”, mai seduta sulla propria autoreferenzialità. Una comunità eucaristica che sa farsi pane condiviso, artigiana di pace, “cirenea della gioia”.
L’omelia fu un invito a lasciarsi scomodare dalla Parola, a “rischiare” la propria fede nel concreto della storia. “Il Signore ci dice: Alzati… va’… non rimanere chiuso nei tuoi spazi rassicuranti”, ha esortato. Il cristiano non può restare alla finestra. È chiamato a entrare nella città, a sporcarsi le mani, a spendersi, con umiltà e coraggio.
Oggi, a distanza di sette anni, rileggere quelle parole e rivedere le immagini di quel giorno storico significa misurarsi con una domanda scomoda e necessaria: abbiamo saputo accogliere l’eredità di quella visita? Siamo diventati, davvero, “gente di comunione”?
Quel “vivere per” resta il lascito più autentico. Una bussola per la nostra Chiesa, che cammina ancora accanto a don Tonino, nel segno di un Vangelo vissuto fino in fondo.