TESTIMONIANZA DI DON GIUSEPPE PISCHETTI A CONCLUSIONE DEL SUO SERVIZIO DI RESPONSABILITA’ ALLA COMUNITA’ CASA

Dopo cinque anni di appassionato lavoro come responsabile della comunità C.A.S.A. don Tonino Bello in Ruvo di Puglia, sono giunto al termine del mio mandato. È questo un momento di forte emozione, ma anche un momento in cui avverto intensamente il bisogno di raccontare la mia esperienza fatta nel difficile vissuto quotidiano di questa comunità di recupero, fortemente sognata e voluta da don Tonino, e sostenuta da don Donato e don Gino, affinchè in essa i giovani provati dallesperienza della droga, dellalcool e del gioco dazzardo possano imparare a ritrovare se stessi, a vivere e non a sopravvivere.
Questo mio raccontare quindi, non vuole essere solo una esternazione o condivisione di una mia emozione, riflessione o quantaltro, ma soprattutto un richiamare allattenzione di tutti lobiettivo principe della Comunità C.A.S.A. , che è restituire a quei brandelli di umanità (così amava chiamarli don Tonino) amore, dignità, rispetto e diritto alla vita buona e nello stesso tempo sollecitare tutti sia ad avere a cuore questa sfida, insostituibile realtà, a promuoverla e a sostenerla sempre, per non disattendere linvito pressante di don Tonino e il grido daiuto di tanta gioventù dolorante.
Molti sono i ragazzi che ho incontrato in questi cinque anni; ragazzi vulnerabili, rovinosamente caduti nella trappole della droga a causa di traumi, violenze, abbandoni infantili, privati dellaffetto e di una guida amorevole e sicura nellinfanzia e nelladolescenza, vissuti senza regole educative, ecc.! sono ragazzi lacerati nellanima e nel corpo, sicchè quando li conosci, li vivi ogni giorno, li guardi negli occhi, capisci che il tuo ruolo non è solo quello di accompagnarli con laiuto dei operatori, psicologi, educatori, e volontari lungo il percorso riabilitativo della Comunità, ma tu, Responsabile, devi vedere oltre. Mi viene in mente  questa affermazione del Cardinale Léger: ci sono tanti che annunciano rivoluzioni, ma non osano mettervi neppure un dito. È chi accetta di soffrire per salvare suo fratello che cambierà il mondo.
È da qui che si comincia: dal non avere pregiudizi verso i tossicodipendenti, dal non discriminarli, emarginarli, stigmatizzarli o trattarli come criminali ma come  persone deboli, sofferenti e perciò bisognosi di tante amorevoli cure. Mi piace citare Winnicott (1956) il quale ha colto limportanza delle buone relazioni primarie sullo sviluppo delle competenze percettive, cognitive, emotive e relazionali nellinfante. Egli sostiene, infatti, che un approvvigionamento ambientale adeguato nel periodo più precoce permette al bambino di cominciare a esistere, di avere esperienze, di costruire un Io personale, di controllare gli istinti e di affrontare tutte le difficoltà che la vita gli pone davanti.
I comportamenti tossicomani vengono compresi come carenze nella capacità di prendersi cura di sé e la scelta del sintomo può essere vista come incapacità da parte di questi soggetti a riconoscere ed identificare i propri stati affettivi interni (Ammaniti et al., 1997), e come una tendenza a ripetere esperienze dolorose sperimentate in fasi relazionali e affettive precoci (Lichtenberg, 1983). Tali carenze coinvolgono, di fatto, anche la costruzione del sistema regolativo dellattaccamento nella sua funzione di base sicura dalla quale esplorare il mondo circostante (Bowlby, 1973), proprio in virtù delle disfunzioni relazionali da cui sembrano generate nel percorso evolutivo individuale.
E così, come Bowlby diceva, mi sono ritrovato a provare ad essere la loro Base Sicura, il loro padre putativo, quello forte, quello con cui scontrarsi, quello capace di dire di NO, quello da cui imparare ad andare avanti anche quando ricomincio a sentire unemozione e ho paura.
Per alcuni ragazzi la Comunità Terapeutica dopo pochi mesi diventa stretta: essi riprendono le forze e iniziano a dire che il duro è fuori, è fuori che simpara a vivere, che quindi la Comunità Terapeutica è un posto inutile, con regole semplici; è fuori che bisogna lavorare duramente per guadagnarsi il pane e imparare a vivere!. Non ricordano che pochi mesi prima sono arrivati distrutti dal fuori, chiedendo aiuto per i problemi e danni avvolte irreparabili che hanno ancora. Sono stati emarginati e giudicati per comportamenti sleali e autodistruttivi; ora il fuori è sempre lì, ma per viverlo realmente devono essere pronti. La comunità è un posto che regala bellissime emozioni solo se ci si permette  di volerle vivere; a volte ci mette davanti emozioni forti e crudeli che ci colpiscono anche indirettamente, come la sofferenza di un compagno di viaggio che riceve una brutta e inaspettata notizia, ma con dignità va avanti, o di chi fa la valigia e torna fuori, e a volte non più rivisto!. La vita fuori della comunità attrae e spesso è un abbaglio per i ragazzi, se non hanno ancora conquistato la capacità di essere consci di dove sono, del motivo per cui ci sono e dellenorme lavoro che li attende. Per avere poi qualche possibilità di poter fare capolino fuori e rendersi conto che non possono più permettersi di sbagliare o di giocarsi ciò che è rimasto delle loro forze e dei loro affetti. Di sicuro la Comunità Terapeutica non è il mondo che li attenderà fuori, ma ancor più sicuro non è un luogo che fa magie;  la Comunità Terapeutica è uno spazio dedicato a loro, uno spazio condiviso con delle persone a cui hanno chiesto aiuto, hanno chiesto di guidarli verso una crescita interiore, anche se spesso arrivano e si sentono già uomini maturi che sanno fare scelte mature, che sanno gestire la propria vita, e quindi pensano di non aver bisogno dei nostri no, anzi si ribellano si adirano, si domandano perché sono venuti! Poi capiscono, però, che anche se sono tossici e alcolisti hanno il diritto e il dovere di imparare come tutti gli altri, di crescere avendo un punto di riferimento che insegni loro a diventare uomini con i propri difetti, pregi e limiti: uomini che non si faranno ingannare dalle emozioni ma anzi sapranno gestirle, uomini che saranno in grado di dire dei no a se stessi e dei no sensati alla propria compagna ed ai loro figli, accettando il dolore che ne deriva nel vedere il dolore costruttivo dato ai loro cari; e questi no fermi non traballeranno, loro non traballeranno più, la loro famiglia non traballerà, perché avranno capito il senso di quei no e saranno sicuri.
La Comunità C.A.S.A. rappresenta un insostituibile luogo di crescita per la persona, unesperienza dove è possibile ritrovare le energie e le motivazioni per la propria guarigione, riscoprire di essere capaci di azioni positive e quindi ritrovare la fiducia in se stessi in un contesto di partecipazione e solidarietà. È unesperienza di grande valore in quanto permette alla persona di andare alla radice del proprio malessere e delle ferite più profonde, attraverso un pro­cesso di narrazione.
La vita vissuta insieme agli altri nella casa, permette una conoscenza reciproca profonda: si creano così re­lazioni di intensa solidarietà e condivisione degli scopi e dei fini.
Lo scopo ultimo di un percorso in C.T. non è solo quello di fermare luso/abuso delle sostanze, ma creare condi­zioni per recuperare il piacere del vivere che attiene alla dimensione spirituale dellessere umano. La spiritualità delluomo è costituita da tutte le domande di senso: luomo ha bisogno di entrare nei significa­ti del proprio agire, tanto è vero che se lio non recupera il senso dellalzarsi al mattino, dellanda­re al lavoro, dellentrare in relazione con laltro, si am­mala, si deprime, non ha ragioni per vivere.
A mio avviso il cambiamento più significativo non è in relazione allinterpretazione del fenomeno né tanto meno alla struttura di personalità del tossicodipen­dente, bensì in relazione al cambiamento del rappor­to pubblico-privato. Da ciò si evince come gli Enti, la Regione, la Provincia, i Comuni e tutti quanti noi siamo moralmente responsabili e perciò chiamati a rimboccarci le maniche per sostenere, in maniera concreta questa Comunità, promuovendo nuovi impulsi per aiutare e valorizzare questi giovani confidando nella loro potenzialità, creatività ed impegno.
Tutti e soprattutto le istituzioni si attivino sempre più per offrire un ancora di salvezza, unala di speranza, un lavoro, una vita vera a questi giovani, perché possano fiorire come uomini forti e veri! Sono nostri figli e fratelli!

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