Crac Casa Divina Provvidenza

Antonio Maria Mira (Avvenire)

Tra le misure richieste ai domiciliari c'è anche quella per il senatore Antonio Azzollini (Ncd), già sindaco di Molfetta, sulla quale ora dovrà esprimersi il Parlamento. Le manette sono scattate per ex responsabili e consulenti esterni della struttura: in carcere Dario Rizzi, Antonio Battiante, Rocco di Terlizzi; ai domiciliari la madre superiora Marcella Cesa e suor Assunta Puzzello, Antonio Damascelli, Adrijana Vasiljevic, Angelo Belsito, Augusto Toscani) accusati di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta. Molti gli indagati tra i quali il deputato Raffaele Di Gioia (Psi-Gruppo misto). Sequestrato un immobile, destinato a clinica privata, nel Comune di Guidonia, vicino a Roma. 

Le indagini sono partite parallelamente alla richiesta di fallimento avanzata dalla stessa Procura di Trani nel giugno 2012, a fronte di debiti per 500 milioni di euro accumulati dall'ente nei confronti di vari creditori tra i quali l'Inps e l'Agenzia delle entrate. L'ente, che gestisce anche ospedali a Foggia e Potenza, è stato ammesso all'amministrazione straordinaria alla fine del 2013, ma già nell'ottobre dello stesso anno le autorità ecclesiastiche avevano commissariato la Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza che gestiva gli ospedali e nominato alla guida monsignor Luigi Martella, vescovo di Molfetta.

La procura ricorda che l'ente è stato fondato nel 1922 da don Pasquale Uva con «finalità di culto e religione privilegiando le aree di particolare necessità e di abbandono “per farsi voce di chi non ha voce”», ma denuncia come «i nobili princìpi ispiratori della venerabile missione del Padre Fondatore ormai non sono altro che un lontano ricordo».

Così «negli ultimi decenni si è assistito a un lento e incessante processo di secolarizzazione della Congregazione, divenuta facile e ghiotta preda di poteri forti e di trame politiche». I magistrati parlano di «una gestione totalmente svincolata dai criteri di una corretta amministrazione aziendale», di «una inesauribile serie di appropriazioni, sperperi, dissipazioni», di «assunzioni clientelari in momenti di crisi, allorché contemporaneamente si procedeva a consistenti riduzioni di personale». 

In tale situazione, accusa la Procura, «l'istituto fondato da don Uva, defraudato della più nobile delle missioni alla base della sua costituzione, è divenuto nel tempo preda di interessi illeciti ed è stato preso d'assalto dal malaffare». Sono così nati «tre enti paralleli, tutti con le casse colme di denaro distolto dalla Congregazione». E poi ancora «mega compensi per inutili consulenze», «doppioni di incarichi professionali», «stipendi pagati a peso d'oro» (anche 15mila euro al mese).

da “Avvenire.it, del 10 giungo 2015