Partecipi delle sofferenze di Cristo

di Domenico Amato

La sofferenza che attraversa il quotidiano esistere ha da sempre interrogato l’uomo. A un certo punto alla domanda sul perché della sofferenza si è saldata l’altra domanda circa la potenza di Dio contro il male. Soprattutto il secolo che è appena alle nostre spalle, attraversato da immani tragedie, ha posto la domanda: ‘Dov’era Dio ad Auschwitz?’. La risposta dei filosofi si risolve in un grande scetticismo sull’operato di Dio, affermando che o Lui è indifferente al dolore dell’uomo oppure è impotente e perciò sconfitto.

Eppure se la ragione non riesce ad andare più in là, è solo nell’esperienza della prossimità al dolore che possiamo comprendere l’agire di Dio. Egli non si pone come uno spettatore di fronte al dolore dell’uomo, ma entra con tutto se stesso nella dinamica della sofferenza. Egli si fa prossimo a noi condividendo il nostro limite e patendo come noi l’odiosità del male.

La settimana che ci apprestiamo a vivere vede al centro il mistero del dolore di Dio espresso nella Croce di Cristo. Con una espressione pregnante nella Salvifici Doloris Giovanni Paolo II scrive che «Nella Croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta» (19).

Ciò significa che la nostra sofferenza in Cristo e nella sua croce ritrova il suo senso: quello del nostro essere limitati e non onnipotenti, e come tali dobbiamo riconsiderare in umiltà il nostro rapporto con le forze scatenanti della natura, con le forze maligne della malattia, e con le forze subdole del peccato. Dalla croce, però, impariamo la prossimità del dolore e nella stessa solidarietà di Cristo col dolore dell’uomo ci facciamo partecipi delle sofferenze del mondo.